A tre giorni dal rilascio dei dati della sperimentazione del vaccino Pfizer-Biontech per i bambini nella fascia di età 5-11 anni si discute di tempi, modalità e anche opportunità. E il dibattito è diventato (solo apparentemente) anche scientifico. La premessa obbligatoria è che quasi tutti gli esperti – immunologi e virologi in primis – ritengono la vaccinazione di massa l’unico strumento per arginare e magari un giorno eradicare il Covid. Ma allo stesso tempo si sottolinea l’importanza di ampliare la casistica presentata da Pfizer per valutare l’efficacia del composto che, con un dosaggio inferiore, sarà destinato ai più piccoli. Bisognerà comunque attendere i dati clinici. Perché se è vero che la casa farmaceutica statunitense ha prodotto dati sulla non tossicità e sulla immunogenicità (ovvero la capacità di indurre una risposta immunitaraia) di Comirnaty (appunto il vaccino Pfizer-Biontech), allo stesso tempo non sono ancora disponibili dati sulla efficacia che sono necessari per l’immissione in commercio e la relativa autorizzazione. Complessivamente, fino a 4.500 bambini tra sei mesi e 11 anni, sono stati arruolati negli studi delle due aziende negli Stati Uniti, in Finlandia, in Polonia e in Spagna, ma sono 2268 quelli a cui il composto è stato somministrato nella fascia 5-11 anni. Comunque prima che un bambino under 12 possa essere vaccinato in Europa o negli Stati Uniti, passeranno mesi.
L’unico paese al mondo che ha già iniziato con i piccoli sopra i 2 anni è stato Cuba, mentre Israele valuta (quando il vaccino sarà disponibile) anche l’immunizzazione dei neonati. In altri paesi come Germania e Regno Unito le commissioni indipendenti sui vaccini non hanno espressamente raccomandato il vaccino agli adolescenti e ancora non si sono espressi sui bambini. Ilfattoquotidiano.it ha interpellato tre esperti per comprendere qual è la loro opinione sulla vaccinazione pediatrica anti Covid in questo momento e in presenza di questi dati. Intanto 2 milioni e mezzo di over 50 in Italia, per cui il vaccino è approvato perché efficace, non hanno ancora ricevuto la prima dose. “Questa la prima necessità” dice Massimo Clementi, professore ordinario e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
“Fa sorridere il fatto che si corra dietro al primo comunicato di una azienda farmaceutica. I dati di Pzfier – spiega Clementi – non possono essere sull’efficacia perché per quella valutazione bisogna che ci sia malattia e ospedalizzazione e per fortuna sui bambini c’è una ricaduta minimale. Condivido quindi il richiamo alla prudenza. La mia opinione è che vaccinare i bambini di quella fascia non sia la prima necessità medica. Abbiamo 2,5 milioni di over 50 non vaccinati ed è quella la necessità. Per quanto riguarda gli over 12 la vaccinazione è invece importante, non tanto per il rischio di patologia, ma per contenere la circolazione del virus. In questo periodo circolano notizie di party per contagiarsi come quelli che si facevano quando non c’era vaccino per il morbillo. Vorrei ricordare che è sempre un’infezione e anche se i bambini hanno una immunità residua forte non è una buona idea”.
Allo stato gli under 18 morti per Covid sono stati 28. Nella popolazione tra 0 e 19 anni tra il 30 agosto e il 12 settembre sono stati registrati 17.312 nuovi casi di Covid, 190 persone sono state ospedalizzate, due ricoverate in terapia intensiva e non sono stati registrati decessi. Nella stessa fascia di età, tra il 16 e il 29 agosto, dunque quando le scuole non erano iniziate, i nuovi casi erano stati 22.843 con 297 ospedalizzazioni, quattro ricoverati in terapia intensiva. I dati, una anteprima del report Gimbe, evidenziano che scendono i contagi soprattutto nella fascia 12-19 anni mentre sono aumentate le ospedalizzazioni dei bambini al di sotto dei 3 anni. “Parliamo di vaccinazione pediatrica quando ci sarà una sperimentazione adeguata, i numeri allo stato sono pochi. La valutazione deve essere molto più dettagliata e valutata nel tempo dal punto di vista immunologico. Sono gli over 50 al momento la reale necessità e – aggiunge Clementi – se vacciniamo gli adulti anche i bambini sono protetti. Quindi procediamo con la terza dose ai più fragili e a tutti gli altri con il tempo, ma aspetterei sui bambini. Devo dire che pur stimando moltissimo Fauci (che si è espresso a favore dell’obbligo vaccinale per gli under 12, ndr) ho trovato fuori luogo la sua dichiarazione avendo gli Stati Uniti un terzo della popolazione adulta ancora non vaccinata. Ripeto, ci deve essere una base medica per la necessità della vaccinazione pediatrica. Stiamo vincendo una battaglia, non siamo in difficoltà in questo momento, la battaglia va completata vaccinando prima gli adulti, poi penseremo ai bambini”.
Per il professor Carlo Federico Perno, responsabile del dipartimento di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, bisogna convincere gli over 50 mancanti all’appello fornendo “comunicazioni non contraddittorie, facendoli ragionare con gli esperti per aiutarli a cogliere l’importanza della vaccinazione”. Importanza che è intatta per lo scienziato anche rispetto ai più piccoli: “Il vaccino è uno strumento irrinunciabile. Al netto di questa importante priorità per gli adulti, va sottolineato che anche i bambini si ammalano, anche gravemente e (per fortuna raramente) possono morire. La premessa è che il vaccino, che ci ha cambiato la vita con il Covid, è lo strumento fondamentale e direi irrinunciabile per ritornare a una vita normale. Senza la vaccinazione il virus resterà tra di noi. È fondamentale”. Alla domanda se è opportuno e utile vaccinare i bambini tra i 5 e gli 11 anni Perno è netto: “Indiscutibilmente sì, i bambini si infettano esattamente come gli adulti. Anzi in questo momento con il calo dei contagi degli adulti, grazie alla vaccinazione, sembra che ci sia un aumento delle infezioni tra i bambini. Ricordiamo che i bambini non portano la mascherina o la portano in determinati momenti della giornata e quindi non hanno quel sistema di protezione aggiuntivo. Sono quindi più soggetti a infettarsi e poi possono infettare le persone intorno a loro: adulti, anziani e altri bambini immunocompromessi che possono essere uccisi dal virus. Come detto, non è vero che i bambini non muoiono di Covid, i bambini si ammalano per fortuna meno degli adulti, ma i bambini possono morire di Covid. Pertanto, mentre aumentiamo le quote di adulti vaccinati, ricordiamo che la vaccinazione è una protezione per i bambini, è una protezione per chi sta loro attorno e per la società”.
Alla domanda se la sperimentazione è adeguata nei numeri la riflessione è questa: “I dati di Pfizer che sono stati rilasciati recentissimamente riguardano la tossicità, che sembra estremamente limitata, e l’immunogenità che è ottima. Non abbiamo però – precisa lo scienziato – ancora i dati clinici e sono quelli che giustificano l’immissione in commercio e quindi l’utilizzo in larga scala. Quindi aspettiamo i dati clinici che presumibilmente saranno positivi per iniziare poi le vaccinazioni Al momento ci mancano proprio questi dati per poter entrare nella vaccinazione di massa”. Ma 2268 bambini vaccinati è un numero sufficiente per partire? “Se vogliamo misurare la tossicità è ragionevole, se vogliamo misurare l’efficacia servono numeri più grandi. Infatti i dati di efficacia non sono stati ancora rilasciati e presumibilmente il numero sarà più grande”. Non ci sono solo Pfizer-Biontech alla prese con la sperimentazione del composto a Rna messaggero sviluppato per prevenire l’infezione dal virus Sars Cov 2. Anche l’altra società statunitense, Moderna, ha in corso una sperimentazione sui piccoli tra i 6 mesi e i 12 anni, avviata a marzo. In virtù della circolazione del virus bisognerà aspettare probabilmente qualche mese: “Questa è la mia impressione perché grazie alla vaccinazione è diminuita la circolazione del virus e per raggiungere un numero significativo di persone vaccinate e valutare l’efficacia clinica probabilmente servirà un po’ di tempo in più”.
Anche Fabrizio Pregliasco, docente all’Università Statale di Milano, ricorda che non c’è un “automatismo” tra il rilascio dei dati e l’approvazione, ma che la vaccinazione quando la “casistica sarà ampliata, magari raddoppiata” è auspicabile. “Siamo in una fase potenziale per nuove ondate e abbiamo già visto come la variante Delta, rispetto al virus originale, abbia una capacità maggiore di infettare i giovani. Purtroppo abbiamo visto che l’1% dei bambini ha conseguenze non piacevoli, senza contare i morti e le conseguenze del Long Covid”. Comunque le dosi per i più piccoli non sono certo dietro l’angolo. “Dopo la presentazione dei dati e la richiesta di autorizzazione ci deve essere un ente regolatore che autorizza. Concordo sul fatto che debba essere ampliata la casistica, ci sono altri dati in arrivo. In una sperimentazione sono importanti anche i contesti diversi, gli studi devono essere multicentrici. Un raddoppio della casistica mi sembra opportuno, è giusto per la trasparenza, anche se i risultati di Pfizer erano attesi. La risposta immunitaria nei bambini – aggiunge – come sappiamo è migliore che negli adulti e infatti basta una dose di un terzo il numero dei testati è basso anche perché hanno appunto dovuto sperimentare il dosaggio. Comunque non è che si inizia domani”. Dovrà essere l’Agenzia europea del farmaco (Ema) a dare il via libera, la valutazione dopo la presentazione di tutti i dati prenderà almeno 3-4 settimane.