Alla Fondazione Catella con l'evento "Se non ora quando?" prende forma il progetto per far diventare i tifosi nerazzurri proprietari del club: l'orizzonte è la fine di novembre. Il presidente Cottarelli sottolinea i vantaggi di un modello già diffuso in Bundesliga e ipotizza tre livelli di soci, tra cui anche grandi investitori istituzionali, come al Bayern Monaco. È il passaggio su cui ancora pende il vero punto interrogativo: "Se anche ci fossero, non potrei certo dirlo", risponde a ilfattoquotidiano.it. Ma l'obiettivo può essere anche il controllo della società: "Non escludo nulla"
Fondazione Catella, all’ombra del Bosco verticale, uno dei simboli della Milano del cambiamento: Interspac lancia il suo progetto di rivoluzione nerazzurra. L’obiettivo è l’azionariato popolare, l’Inter in mano ai tifosi: un’idea che Carlo Cottarelli ha presentato ormai diverso tempo fa, ma che oggi si svela al mondo del pallone. I contorni sono ancora sfumati, le difficoltà tante, l’ambizione chiara: entrare nel capitale del club nerazzurro, puntare – perché no – anche al controllo della società. “Non escludo nulla“, dice il presidente di Interspac. “Se non ora quando?”, è il titolo del seminario sull’azionariato popolare nel calcio. Anche il pallone sta cambiando, la pandemia ne ha messo a nudo le profonde debolezze e il bisogno di un rinnovamento, che sta scatenando gli appetiti da un lato degli investitori americani, dall’altro dei ricchi arabi. In questo contesto, spiega Cottarelli a ilfattoquotidiano.it, l’azionariato popolare significa certezza, “significa che i tifosi diventano proprietari, creando una maggiore stabilità“. È il momento per accelerare: “Siamo in procinto di scegliere un consulente finanziario per lavorare con noi sul business plan e su una proposta dettagliata di governance. Spero che nel giro di due mesi si possa presentare una proposta concreta agli attuali proprietari dell’Inter”, la famiglia Zhang.
La fine di novembre come orizzonte, il modello di governance come punto cruciale da risolvere. È uno degli argomenti al centro del seminario a cui hanno partecipato figure istituzionali, esperti e tifosi eccellenti. Roberto Zaccaria, vicepresidente di Interspac e moderatore dell’evento, prova a ricordare che “l’azionariato popolare non riguarda solo l’Inter, è un modello esportabile”. È una verità, ma nella platea presente alla Fondazione Catella si respira soprattutto “interismo“: si discute certo di debiti e modelli di business, ma a tenere banco è pur sempre il calcio. Il dolore ancora vivo per l’addio di Lukaku, i ricordi del Triplete e della Grande Inter degli anni 60, l’ottimismo per le prime impressioni che ha dato la squadra guidata da Simone Inzaghi. Quando Cottarelli prende la parola sul palco, sottolinea che proprio questo spirito è il motore dell’azionariato popolare: “Sono diventato tifoso dell’Inter a 9 anni, la squadra del cuore è parte della propria vita, questa è la motivazione principale”. Poi però, aggiunge, bisogna farsi una domanda: “È un modello possibile?“.
L’evento comincia con il videomessaggio di Giovanni Malagò e il presidente del Coni dà il suo benestare: “La crisi finanziaria è sotto gli occhi di tutti, in più c’è stata la pandemia”. Per questo oggi “bisogna fare qualcosa di diverso e una delle possibili risposte è l’azionariato popolare”. Il modello, sottolinea Malagò, è quello della Bundesliga, in Germania ci sono le “best practices”: i tedeschi, insomma, sono quelli “da cercare di copiare”. In un momento storico in cui quasi mezza Serie A – ultimo caso il Genoa – è in mano a investitori stranieri, il tema del modello tedesco e il riferimento al Bayern Monaco è un mantra del seminario. “Questi fondi arrivano, stanno qui qualche anno, poi rivendono. Sono ispirati puramente da una logica di profitto, mentre credo il calcio debba essere qualcosa in più”, spiega Cottarelli a ilfattoquotidiano.it. “L’evidenza empirica, prendendo ad esempio la Germania, è che le squadre tedesche hanno un volume di entrate molto elevato rispetto al numero di tifosi. Questo si crea con l’azionariato popolare: un legame molto più stretto fra i tifosi e la società”.
Ecco che, partendo da quello che fanno a Monaco di Baviera, prende forma anche il progetto di Interspac. Il presidente Cottarelli immagina tre livelli di soci. Una base di piccoli investitori: dal sondaggio effettuato in estate si è arrivati a una stima di circa 100mila, “ma potrebbero essere anche il doppio”, specifica. La loro ‘quota’ si immagina tra i 500 e i 1000 euro in media. Poi degli investitori intermedi: un centinaio circa di “imprenditori, manager, professionisti”, che in poche parole mettano molti più soldi. Per chiudere il cerchio, però, servono gli investitori istituzionali pronti a immettere grossi capitali. Quelli che nel Bayern sono rappresentati dalle cosiddette tre A: Audi, Allianz, Adidas. È il passaggio su cui ancora pende il vero punto interrogativo. Le prossime tappe invece sono chiare: la scelta di “un consulente che ci permetterà di preparare il piano economico e di governance. Contiamo di presentare la proposta dettagliata entro fine novembre“, spiega Cottarelli. “Se a quel punto ci dovesse essere interesse da parte del club, allora passeremmo alla raccolta fondi da parte dei tifosi e di altre entità. Incontro già tifosi mi chiedono dove mettere i soldi… Ma non è questo il momento”.
L’obiettivo ultimo, chiarisce il presidente di Interspac, “è rafforzare l’Inter”. Ci sono le difficoltà, ma il seminario serve anche a presentare le potenzialità dell’azionariato popolare. Innanzitutto la stabilità finanziaria: “Il capitale dei tifosi non richiede rendimento. Si sostituisce debito con equity“. Inoltre, ancora una volta l’esempio Bundesliga dimostra che “con l’azionariato popolare cresce l’appartenenza e salgono anche le entrate commerciali“. Infine, questa un’altra novità presentata dal presidente di Interspac, c’è l’ipotesi di chiedere ai soci ogni anno “il 5% dell’investimento iniziale (50 euro se ne sono stati messi inizialmente 1000, ndr) per un po’ di anni”. Perché “quello che fa un miliardario straniero non lo possono fare centinaia di migliaia di tifosi?”, è la domanda posta da Cottarelli alla platea.
È il fine ultimo dell’incontro, far capire che è possibile. Dalla Figc arriva anche il parere di Gabriele Gravina, che apre le porte all’azionariato popolare: “È una via da studiare per capire se sia in grado di frenare il grande indebitamento. Dopo anni, è tempo di valutare al meglio se e come si può integrare nel sistema calcio italiano che deve essere sempre più stabile e sostenibile”. Mentre l’intervento dell’amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo, è quello più prudente: “Manca un sistema di norme chiaro, il mio invito è di approfondire i meccanismi. La Lega di A continuerà a dare il proprio supporto in termini di analisi”. L’evento tocca anche il tema legislativo – in Germania l’azionariato popolare è previsto per legge dalla cosiddetta regola del 50+1 – e ne parla Mario Morelli (consigliere giuridico della Sottosegretaria di Stato con delega allo Sport, Valentina Vezzali). Ma vengono affrontati anche gli altri temi cruciali del calcio moderno: Antonio Boccia (ECM senior advisor, Bestinver) analizza le differenze tra Serie A e Bundesliga, Fabio Lalli (fondatore e partner di IQUII – Gruppo Be) sottolinea le possibilità – spesso ancora inesplorate – del digitale, Michele Grazioli (presidente Vedrai) racconta le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale. Il momento finale è il ritorno al cuore dell'”interismo”, con la tavola rotonda e gli interventi di Marco Civoli, Gianfelice Facchetti, Peter Gomez, Gad Lerner, Enrico Mentana, Micaela Palmieri, Pietro Senaldi, Beppe Severgnini e Marco Tarquinio. Nel corso del dibattito la curiosità torna sempre alle “tre A“, al punto interrogativo riguardo ai grandi investitori che potrebbero sostenere l’Inter insieme ai semplici tifosi. “Se anche ci fossero, non potrei certo dirlo“, risponde Cottarelli a ilfattoquotidiano.it.