I tre sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Brescia. Gli arrestati hanno dimostrato una "efficienza criminale e una freddezza non comune"
Da tempo gli inquirenti pensavano che la scomparsa di Laura Ziliani, l’ex vigilessa 55enne di Temù (Brescia), scomparsa l’8 maggio non fosse avvenuta per un incidente. E da tempo due delle sue figlie e il fidanzato di una di esse erano indagati. I carabinieri giorno dopo giorno hanno aggiunto nuovi tasselli a questa storia e oggi è arrivata la prima conclusione delle indagini preliminari. All’alba di venerdì i militari dell’Arma di di Brescia hanno arrestato due delle tre figlie della donna, Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni, e Mirto Milani, il fidanzato di Silvia, residente in provincia di Bergamo.
I tre, indagati da fine giugno, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla gip del Tribunale di Brescia Alessandra Sabatucci. Sono accusati, in concorso tra loro, di omicidio volontario – aggravato dalla relazione di parentela con la vittima – e occultamento di cadavere. Il cadavere della donna era stato trovato abbandonato in un torrente due mesi dopo l’inspiegabile sparizion, l’8 agosto. Per la magistrata gli arrestati hanno dimostrato una “efficienza criminale e una freddezza non comune”. L’omicidio sarebbe stato frutto di “una lunga premeditazione” finalizzata ad acquisire il patrimonio. Dopo la scomparsa della donna, proprietaria di terreni e fabbricati, pensavano che con i soldi avrebbero potuto comprarsi un’auto e andare in vacanza.
Erano state proprio Silvia e Paola a chiamare il 112 a mezzogiorno dell’8 maggio segnalando la scomparsa della madre, uscita di casa intorno alle 7 per una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno. La donna sarebbe dovuta rientrare verso le ore 10, per poi recarsi con loro in discarica a disfarsi di vecchi materassi. Le indagini, però, hanno da subito evidenziato numerose anomalie nel racconto, inducendo i carabinieri e la Procura maturare perplessità sulla tenuta logica della ricostruzione dei fatti data dalle ragazze, che sostenevano la possibilità di un infortunio o di un malore in montagna. Secondo le indagini la vittima fu uccisa la sera prima in casa dopo averle offerto una tisana “avvelenata”. E le due sorelle si “congratularono” per i soldi che avrebbero intascato.
Ma non solo: gli indagati avrebbero già tentato di eliminare la donna ad aprile. “La richiesta cautelare dedica un paragrafo al malore che Laura Ziliani ha avuto dopo una passeggiata molto impegnativa in Presena, occorsa alla metà di aprile, cui era seguita una cena a Temù durante la quale, secondo l’ipotesi accusatoria, la stessa era stata avvelenata dagli odierni indagati con una tisana”. “A sostegno di tale conclusione sono state richiamate le dichiarazioni del compagno Riccardo Lorenzi e del vicino di casa Giuseppe Ruscelli circa le condizioni del tutto anomale nelle quali versava la Ziliani a distanza di due giorni dalla cena in questione” che “dimostrano come l’episodio in questione altro non fosse che il prodromo dell’omicidio, consumatosi nella notte dell’8 maggio 2021” si legge nell’ordinanza.
“Ciò dimostra, altresì, come il proposito omicidiario sia stato il frutto di una lunga premeditazione che ha permesso ai tre indagati di organizzare un piano criminoso che ha permesso loro di celare per lungo tempo la morte della donna e di depistare le indagini a loro carico” scrive il giudice.
A destare sospetti su due delle tre figlie della vittima negli investigatori erano sia l’allarme, dato troppo in fretta dalle due figlie, sia il rinvenimento del telefono cellulare – da cui la donna non era solita separarsi – trovato sotto una panca in cantina. Ad aggravare il quadro, nella tarda mattinata del 23 maggio, il ritrovamento della scarpa che la donna – a dire delle due figlie – indossava la mattina presto, quando sarebbe uscita di casa per fare la passeggiata. La scarpa, infatti, è stata trovata nel torrente Fumeclo, in un punto incompatibile con la direzione verso monte che secondo il racconto delle ragazze aveva seguito Ziliani. “I capi di abbigliamento rinvenuti sul corpo di Laura Ziliani smentiscono puntualmente il narrato delle sorelle Zani e di Mirto Milani circa gli accadimenti della mattina dell’8 maggio, offrendo un indiretto riscontro alle conclusioni già sopra esaminate circa il doloso collocamento da parte di costoro delle scarpe e dei jeans della donna morta in luoghi tra loro disparati” scrive il giudice.
Durissima la ricostruzione del gip nell’ordinanza di arresto: “Il proposito omicidiario – si legge – è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini”. Secondo gli inquirenti il movente è di natura economica: “I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici”. Mirto, stando a una intercettazione, avrebbe fatto ricerche su come uccidere e sui crimini perfetti. Dalla sparizione di Laura Ziliani era stato lui a gestire l’attività.