Due anni di carcere e due anni di arresti domiciliari conclusi nel maggio scorso hanno preceduto la sentenza nei confronti di Aniello e Raffaele Cesaro, i fratelli imprenditori del senatore di Forza Italia, Luigi Cesaro. Ed è una sentenza clamorosa: il Tribunale di Napoli Nord – presidente Francesco Chiaromonte, giudici a latere Marina Napolitano e Luca Rossetti – li ha assolti dalle accuse di concorso esterno in associazione camorristica, di aver stretto un’intesa con il clan Polverino intorno ai 40 milioni di euro di investimenti per il piano di insediamento produttivo di Marano, città in provincia di Napoli. “Perché il fatto non sussiste”, si legge in cima a un articolato dispositivo che stabilisce condanne e prescrizioni per altre ipotesi di reato. Aniello Cesaro è stato infatti condannato a sei anni per ipotesi di falso. Dieci e sette anni, rispettivamente, le condanne per gli imprenditori Oliviero Giannella e Antonio Di Guida, indagati in relazione a operazioni immobiliari tra i Colli Aminei e San Giovanni a Teduccio, due quartieri di Napoli. Il pm aveva chiesto per Aniello Cesaro la condanna a 12 anni e per Raffaele la condanna a 8.
Il processo contestava una sfilza di reati: concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio, la minaccia e falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale. Tutti aggravati dalle finalità mafiose. Secondo gli inquirenti era stato “documentato il patto tra il clan camorristico e i fratelli imprenditori di Cesaro funzionale all’aggiudicazione dell’appalto attraverso intimidazioni mafiose e reimpiego delle ingenti risorse economiche provenienti dai traffici illeciti del clan”. In un contesto di opere realizzate, secondo i pm della Dda di Napoli e i carabinieri del Ros, con materiali scadenti e ultimate con collaudi fasulli. E nell’inchiesta erano finiti i verbali di un pentito, Ferdinando Puca, che tirava in ballo Luigi Cesaro, sostenendo di aver ricevuto da lui nel 2011 un malloppetto di 10mila euro per manipolare la campagna elettorale di Sant’Antimo e comprare voti.
Con gli arresti del 2017, i carabinieri avevano eseguito un decreto di sequestro di beni immobili, partecipazioni societarie e rapporti finanziari per un valore di 70 milioni di euro. Con la sentenza odierna, il Tribunale ha disposto la restituzione ai fratelli Cesaro dei capannoni sequestrati. “Dopo quattro anni di custodia cautelare, di cui due in carcere, viene certificata l’innocenza di Aniello e Raffaele Cesaro rispetto alla infamante imputazione di essere venuti a patti con il clan Polverino. Dobbiamo dare atto al Tribunale di non essersi lasciato condizionare dal clima pesante e diffuso di pregiudizio che, anche grazie a una martellante campagna mediatica, si era venuto a determinare nei confronti degli miei assistiti. Resta l’amarezza di un processo caratterizzato da un regime cautelare di inusitata durata e che ha prodotto ai miei assistiti livelli indicibili di sofferenza fisica e psicologica e che ha arrecato danni enormi alle loro attività economico-imprenditoriali”, ha dichiarato il professor Vincenzo Maiello, difensore dei fratelli Cesaro insieme all’avvocato Michele Sanseverino.