Derek Chauvin, l’ex agente della polizia di Minneapolis condannato in primo grado per l’omicidio di George Floyd, ha annunciato che ricorrerà in appello. L’uomo è stato condannato in primo grado a 22 anni e 6 mesi di carcere, una sentenza simbolo contro le violenze delle forze dell’ordine nei confronti della comunità afroamericana. Ma secondo Reuters intende contestare al Tribunale del Minnesota ben 14 irregolarità relative al suo processo dello scorso giugno: tra queste alcune violazioni connesse al potere discrezionale del giudice, la negazione da parte del tribunale di cambiare sede e altri errori in punti chiave del caso.
Chauvin era stato giudicato colpevole da una giuria di omicidio preterintenzionale di secondo grado, omicidio di terzo grado e omicidio colposo di secondo grado nella morte di Floyd, avvenuta il 25 maggio 2020. Inizialmente per lui erano stati chiesti 30 anni. L’ex agente era anche accusato a livello federale per la violazione dei diritti civili di Floyd: un video lo mostrava premere il suo ginocchio sul collo della vittima – inerme e che chiedeva di poter respirare – per nove minuti e mezzo. Proprio da quelle immagini era scaturita l’indignazione collettiva, che aveva poi condotto alle proteste del movimento Black Lives Matter.
Ora Chauvin vuole impugnare il verdetto accusando lo Stato di cattiva condotta giudiziaria. Tra le contestazioni – presentate in un documento – compaiono “condotta pregiudizievole dell’accusa”, la mancanza di “prove riguardo l’uso della forza” visionate in aula e della trascrizione di colloqui privati, l’aggiunta dell’accusa di omicidio di terzo grado, oltre a numerose decisioni del giudice, Peter Cahill, sul processo: ha infatti negato lo spostamento del caso dalla contea Hennepin – a causa della sua natura pubblica – prima dell’inizio delle udienze, per poi rinviarlo e chiederne uno nuovo, e non aver preso le misure necessarie per l’isolamento della giuria. L’ex poliziotto ha presentato anche una mozione per sospendere l’appello finché la Corte suprema del Minnesota non gli fornirà un difensore d’ufficio. L’obbligo legale di farlo è infatti caduto con la sentenza di condanna. Dal momento che non potrà più usufruire del fondo di difesa legale del Minneapolis Peace and Police Officers Association, Chauvin non potrà infatti permettersi un avvocato: non ha altre entrate – a quanto dichiara – oltre al salario nominale della prigione.