La giovane è stata uccisa in un parco di Londra, mentre stava tornando a casa. Il suo è il 77esimo femminicidio in Gran Bretagna dall'inizio dell'anno. Mentre le istituzioni manifestano il loro cordoglio, le attiviste organizzano marce per rivendicare il loro diritto alla sicurezza
Un uomo di 38 anni è stato arrestato per l’omicidio di Sabina Nessa, la giovane insegnante delle elementari uccisa in un parco di Londra lo scorso 17 settembre. Lo riferisce la Bbc secondo cui la polizia lo ha fermato ieri, alle 3 del mattino, nell’East Sussex. A incriminarlo le immagini – diramate ai cittadini dagli inquirenti con una richiesta di aiuto – delle telecamere di sorveglianza di Pegler Square, la piazza dove era diretta la vittima, nel sud est della città: un video di 12 secondi lo mostra infatti mentre cerca di nascondere nella manica un oggetto di colore rosso. Ora è sotto custodia e in attesa di interrogatorio.
“La famiglia di Sabina è stata informata di questo importante sviluppo – ha detto il capo ispettore di Scotland Yard, Neil John – e continuano ad essere aiutati dai nostri funzionari specializzati”. Nei giorni scorsi la polizia aveva arrestato altri due uomini – di 38 e 40 anni – ma sono poi stati rilasciati, anche se ancora sotto inchiesta. Nemmeno l’autopsia era riuscita a rivelare ulteriori dettagli sulla dinamica dell’assassinio. Probabilmente Sabina era uscita da un pub e si stava dirigendo verso casa – un viaggio breve, di circa 5 minuti -, quando alle 20:30 ha incontrato il suo aggressore. Il corpo della 28enne è stato trovato da un passante, il giorno successivo alla morte, al Cator Park di Kidbrooke, nel distretto di Greenwich. Nello stesso parco venerdì scorso ha si sono radunate più di 500 persone per una veglia in sua memoria. Questo nuovo femminicidio riaccende la preoccupazione e il dibattito sulla sicurezza delle donne nel Regno Unito, a sei mesi di distanza dalle proteste per Sarah Everard, anche lei uccisa, mentre stava tornando a casa, da un poliziotto. Il parco quella volta era quello di Clapham, a sud-ovest di Londra, a sole 8 miglia di distanza.
“Non ci aspettavamo che qualcosa del genere ci sarebbe mai successo – ha dichiarato la sorella di Sabina, Jebina Yasmin Islam, dopo la commemorazione nella moschea di Kidbrooke – Esorto tutte a camminare su strade affollate, quando tornate a casa dal lavoro, da scuola o da casa di un amico. Tenetevi al sicuro“. La polizia di Londra ha garantito il suo massimo impegno sul caso. “Non possiamo vivere in una società in cui una donna ha paura di uscire da sola la sera – ha invece ribadito il sindaco Sadiq Khan – Ogni donna ha il diritto di sentirsi al sicuro”. Più che le parole però servono i fatti: “Serve un cambiamento radicale” ha commentato Jamie Klinger, cofondatrice del gruppo Reclaim These Streets (Rivendichiamo le strade). Anche la 29enne Rebecca Broad, vicina di casa della giovane insegnante, ha deciso di agire per reclamare il diritto delle donne alla sicurezza. Per il prossimo 1 ottobre sta organizzando una marcia nel vicino Sutcliffe Park: “Vogliamo fare questa passeggiata per far crescere la nostra fiducia e avere rassicurazione nella comunità: ma anche per stare insieme, riflettere ed esserci”.
Tenere alta l’attenzione sul tema è fondamentale: venerdì, proprio il giorno in cui Sabina veniva uccisa, un rapporto della polizia di Inghilterra e Galles sottolineava come la violenza sulle donne non fosse tra le priorità per l’ordine pubblico. Eppure i dati parlano chiaro: nell’ultimo anno sono stati 77 i femminicidi in Gran Bretagna e in media c’è un caso ogni tre giorni. “Noi donne sappiamo benissimo che quando denunciamo un reato non siamo prese sul serio – scrive Klinger sul Telegraph – Sappiamo che sono pochissimi gli stupri che vengono perseguiti con successo in tribunale, sappiamo che ci sono multe più salate per chi getta rifiuti per strada che per chi dà fastidio a una donna. Quanto vale la nostra vita? Quanto vale la nostra sicurezza?”. Rincara l’avvocata Deeba Syed, definendo il fenomeno come “una pandemia che si muove nell’ombra”, soprattutto per le appartenenti a minoranze etniche. Infatti se per Sarah e per Sabina sono intervenute le parole di sgomento del primo ministro Boris Johnson e di varie altre autorità nazionali – oltre alle prime pagine dei giornali – tante altre vittime rimangono ignorate. Così come i loro assassini.