Hanno cercato entrambi di imitare Angela Merkel, con l’obiettivo comune di raccoglierne l’eredità. Armin Laschet (Cdu) e Olaf Scholz (Spd) sono i due candidati a diventare il nuovo cancelliere della Germania. Annalena Baerbock (Verdi) aveva a lungo sperato di poter ambire lei a quel ruolo, ma gli ultimi sondaggi certificano che servirebbe una rimonta incredibile. Il partito ambientalista, però, si prepara a giocare un ruolo da protagonista (insieme ai liberali) nelle trattative per la formazione del prossimo governo. Domenica 26 settembre 60,4 milioni di elettori tedeschi sono chiamati alle urne per rinnovare il Bundestag. Con il primo voto, ‘Erststimme‘, scelgono il candidato che vorrebbe veder rappresentare il proprio collegio elettorale. Viene eletto il candidato più votato di ciascun collegio. Con il secondo voto, ‘Zweitstimme‘, scelgono un partito politico e determinano la suddivisione percentuale dei seggi tra i vari partiti. È pertanto determinante rispetto alla formazione di possibili maggioranze di governo. Ecco chi sono i candidati che sperano di guidare il prossimo esecutivo a Berlino:

LASCHET (Cdu)
Premier del Nord-Reno Vestfalia, lo stato più popoloso della Germania e cuore industriale del paese, Armin Laschet veniva considerato come il ‘candidato naturale’ alla successione alla cancelleria dopo essere stato eletto il 16 gennaio scorso alla guida di un partito – la Cdu – forte dei consensi testimoniati dai sondaggi. Figlio di un supervisore minerario e di una casalinga, cresciuto in una famiglia cattolica nel distretto di Aquisgrana, Laschet aveva già indicato di voler raccogliere l’eredità di Angela Merkel e portare avanti il lavoro compiuto dalla cancelliera nei suoi – “16 buoni anni” – seguendo con decisione un percorso politico di centro. Ma da allora Cdu e la gemella bavarese Csu hanno perso potenziali elettori, subendo quello che alla fine è stato un crollo, tra le difficoltà legate al prolungato blocco per il coronavirus e una serie di scandali politici e gaffe elettorali. Il 60enne Laschet gode del forte sostegno della leadership del suo partito, che lo ha eletto candidato per l’Unione ad aprile, ma soffre di un problema di popolarità tra gli elettori. E la corsa per la candidatura, combattuta contro il popolarissimo Markus Soeder, ha evidenziato questo aspetto.

Gli sono costate – in termini di popolarità – anche le gaffe, tra cui l’essere ripreso dalle telecamere mentre rideva per una battuta mentre il presidente Frank-Walter Steinmeier teneva un discorso nella città di Erftstadt colpita dall’alluvione a luglio. “È stato stupido e non sarebbe dovuto accadere e me ne pento“, ha detto all’emittente pubblica Zdf. “Mi dispiace, non posso dire molto di più”, si è scusato più volte. Dal punto di vista delle alleanze post-elettorali, Laschet preferirebbe una coalizione con i Liberali della Fdp, sul modello di quella che guida nel suo stato. Ma non escluderebbe neanche la possibilità di entrare in un governo con i Verdi, un partito con cui ha contribuito ad avviare una relazione fin dal suo ingresso nel Bundestag nel 1994. Una delle opzioni sul tavolo potrebbe dunque essere per lui quella di formare un governo con i Verdi e i Liberali. Senza escludere la possibilità di continuare a collaborare con la Spd nella Grosse Koalition.

Laschet tende a presentarsi come un politico radicato nella cultura della sua regione, fan del carnevale annuale e sostenitore della squadra di calcio locale. Ex membro del parlamento tedesco ed europeo, ha ricoperto diversi incarichi ministeriali nel Nord-Reno Vestfalia prima di guidare la CDU alla vittoria nelle elezioni del 2017. Uno dei principali argomenti a suo favore è la sua vasta esperienza politica a livello statale, ma non nazionale. Europeista convinto, è visto nella Cdu come un politico più incline a costruire un consenso che ad andare al confronto. Più di recente è stato preso di mira per la sua gestione della crisi del coronavirus. A volte ha dato l’impressione secondo gli analisti locali di faticare ad avere una mano ferma durante la crisi, anche a fronte di una serie di gravi focolai di contagi scoppiati nel suo stato e dei cambiamenti di posizione su come affrontare la pandemia.

SCHOLZ (Spd)
La sua nomina a candidato della Spd alla cancelleria, ad un anno dalle elezioni generali, aveva sorpreso tutti. Anche perché solo pochi mesi prima Olaf Scholz aveva perso la corsa interna al partito socialdemocratico per la leadership del movimento. Oggi Scholz corre per la successione ad Angela Merkel con un partito che si è reso protagonista negli ultimi mesi di un’inattesa rimonta. Il ministro delle Finanze e vicecancelliere – noto per la calma che è solito ostentare in ogni situazione – ha attraversato anche i mesi della crisi del Covid con quel misto di efficienza e sicurezza che lo caratterizzano e che ai tempi di Schroeder – quando aveva il compito di difendere le controverse riforme del suo cancelliere – un po’ per il linguaggio da tecnocrate di cui si serviva un po’ per l’atteggiamento ‘robotico’ che gli veniva attribuito – gli valse il soprannome di ‘Scholzomat‘, coniato per lui da Die Zeit unendo il suo cognome alla parola Automat, che indica un distributore automatico o una macchina.

E’ considerato un membro dell’ala conservatrice del partito, ma è anche difficile da definire attraverso categorie politiche. Come vice leader dell’organizzazione giovanile Spd, Jusos, molte delle sue opinioni erano socialmente radicali e molto critiche nei confronti del capitalismo. Ma è passato molto tempo da quando Scholz è entrato a far parte della Spd come studente delle superiori nel 1975 e dalla sua elezione al Bundestag nel 1998. Durante quegli anni, Scholz ha gestito il proprio studio legale ad Amburgo, specializzato in diritto commerciale, dove ha imparato molto su come funzionano l’economia e il mondo delle imprese. E questo ha lasciato il segno.Ci è voluto molto tempo perché riconoscesse che la politica richiede capacità di far arrivare il proprio messaggio politico. Nei mesi successivi alla sua nomina a candidato alla cancelleria ha evitato di fare gaffe. Ad agosto i suoi indici di popolarità hanno cominciato a salire. Si è presentato come un faro di stabilità ed a lui è stato attribuito il merito dell’inaspettato ed evidente aumento di popolarità nei sondaggi di opinione per la Spd.

Da ministro delle Finanze, Scholz è stato negli ultimi mesi il volto della risposta alla crisi del coronavirus, l’uomo incaricato di fornire i mezzi per superare la crisi e permettere ai suoi concittadini di uscire dalla tempesta: “Stiamo mettendo tutte le armi di cui disponiamo sul tavolo per dimostrare che siamo abbastanza forti per superare qualunque sfida economica che questo problema potrebbe generare”. All’interno della Spd, non pochi hanno avuto difficoltà ad entusiasmarsi per il suo stile pragmatico e piuttosto introverso, restio a dire più di quanto assolutamente necessario. Ma Scholz è andato avanti ricoprendo diversi incarichi: è stato segretario generale della SPD, sindaco di Amburgo, ed è attualmente ministro delle finanze tedesco e vice cancelliere. Ora punta alla poltrona che negli ultimi 16 anni è stata di Angela Merkel.

BAERBOCK (Verdi)
Dopo che Annalena Baerbock è stata nominata ad aprile prima candidata alla cancelliera del partito dei Verdi, a lei è stato attribuito il balzo in avanti nei sondaggi di cui si sono resi protagonisti gli ambientalisti, con il sorpasso su Cdu/Csu. Ma da allora la co-leader ha subito una raffica di attacchi personali, anche per una serie di gaffe, che l’hanno messa sulla difensiva, perché l’hanno presa di mira nella sua credibilità personale. Baerbock, che non ha mai ricoperto una carica governativa, è stata accusata di inesattezze nel suo curriculum ufficiale, di un ritardo nel pagamento delle tasse su un considerevole bonus natalizio, del plagio di parti del suo nuovo libro, e poi di aver citato un insulto razzista in un’intervista. Ogni volta si è affrettata a scusarsi. Ma i suoi tassi di approvazione sono scesi.

Nei dibattiti televisivi in diretta con i suoi due concorrenti per la cancelleria – Armin Laschet e Olaf Scholz – Baerbock ha attaccato l’attuale governo di coalizione Cdu-Spd per il suo triste primato in materia di protezione del clima. “Manchiamo i nostri obiettivi climatici, con conseguenze drammatiche, ed entrambi avete chiarito che non siete orientati alla ricerca di soluzioni, ma vi siete semplicemente incolpati a vicenda su chi stava ostacolando cosa”, ha detto. Quanto alle possibilità di entrare in coalizioni di governo future, sia Baerbock sia il co-presidente del partito Robert Habeck hanno poche inibizioni nel parlare con membri di altri movimenti, per cercare un possibile terreno comune. Inizialmente, si era ventilata la possibilità di una coalizione Unione-Verdi ma con la crescita della Spd nei sondaggi, Baerbock ha indicato in una coalizione di centrosinistra la sua preferenza. Qualsiasi alleanza richiederebbe molto probabilmente la partecipazione di un terzo partito per raggiungere la maggioranza, con i liberali della Fdp in prima linea.

La Germania ha bisogno di un nuovo inizio, ha argomentato la 40enne Baerbock nel dibattito con i suoi due concorrenti. “Questo può verificarsi solo con i Verdi in un ruolo di primo piano“, ha aggiunto, sottolineando che tutti i partiti democratici dovrebbero dialogare tra loro, non esclusa dunque la sinistra Die Linke che non va equiparata – ha messo in guardia – con l’estrema destra populista Alternativa per la Germania (AfD), l’altro partito in gioco per entrare al Bundestag.

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