È morto a 80 anni il “re del genocidio” del Rwanda che da qualche giorno era ricoverato in un ospedale di Bamako, in Mali, per problemi cardiaci, lo ha annunciato il figlio Achille alla Bbc. Il colonnello Théoneste Bagosora era stato una figura di spicco dell’esercito durante le atrocità del 1994. Poi, condannato per crimini contro l’umanità, stava scontando la sua pena in un carcere del Paese africano.
Tra i gerarchi del ministero della Difesa ruandese, il generale canadese Romeo Dallaire, capo della forza di pace delle Nazioni Unite, lo ha definito il “perno” dietro le 800mila uccisioni – prevalentemente di persone di etnia tutsi – durante i cento giorni del genocidio. L’ex colonnello – racconta – ha anche minacciato di ucciderlo. Nel 2008 il Tribunale penale internazionale per il Rwanda aveva condannato Bagasora all’ergastolo: era colpevole di crimini contro l’umanità e di aver orchestrato l’omicidio di diverse figure politiche, tra cui il primo ministro Agathe Uwilingiyimana. Successivamente la pena era stata ridotta a 35 anni, avrebbe quindi dovuto finire di scontarla a 89 anni. All’inizio gli era stata persino negata la richiesta di rilascio anticipato, fino a quando le sue condizioni di salute non sono peggiorate.
La sua vicenda si intreccia di nuovo – almeno per coincidenza temporale – con quella dell’eroe del genocidio, Paul Rusesabagina. Lo Schindler africano, che ha salvato oltre mille persone dal genocidio e ha ispirato il film Hotel Rwanda, è stato condannato pochi giorni fa a 25 anni di prigione. Tra le accuse quella di “finanziamento al terrorismo” nel tentativo di rovesciare il presidente Paul Kagame e l’attuale governo autoritario, composto proprio da una maggioranza tutsi. Sophie Wilmes, la ministra degli Esteri del Belgio – Stato di cui l’uomo ha la cittadinanza – avrebbe dovuto incontrare le autorità ruandesi presso la sede dell’Onu. Ma dopo le critiche arrivate sul merito al processo nella capitale Kigali, il colloquio è stato annullato. “Rusesabagina non ha beneficiato di un processo corretto ed equo, in particolare riguardo ai diritti della difesa – aveva infatti affermato la politica di Bruxelles, preoccupata già all’epoca dell’arresto 7 mesi fa – Non è stata rispettata nemmeno la presunzione di innocenza. Questi elementi di fatto mettono in discussione la sentenza“. La risposta del Ruanda non si è fatta attendere: in una nota ha parlato di “disprezzo mostrato dal governo del Regno del Belgio nei confronti del nostro sistema giudiziario, nonostante il contributo significativo delle loro istituzioni competenti nell’indagine di questo caso”.