Il quesito propone di espropriare 220mila unità immobiliari ai giganti del real estate, quelli che controllano almeno 3mila alloggi in città, per frenare la speculazione. Si tratta di un voto consultivo, che per tradursi in legge avrà bisogno di una deliberazione del Senato: il primo grande scoglio politico per Franziska Giffey, la 43enne socialista appena eletta come prima donna sindaco della capitale, che sull'iniziativa si è sempre dichiarata scettica
“Deutsche Wohnen und Co. enteignen, Spekulation bekämpfen!“, “Espropriare Deutsche Wohnen e company, combattere la speculazione!”. Il nome scelto dal comitato promotore era una specie di proclama di guerra, tanto che in molti gli davano minime chance di successo. E invece gli abitanti di Berlino hanno votato “sì” in massa al referendum popolare, tenuto insieme alle elezioni politiche, che propone di espropriare 220mila unità immobiliari ai colossi del real estate, quelli che controllano almeno 3mila alloggi in città (primo tra tutti Deutsche Wohnung, che ne possiede quasi 115mila) per porre un freno al caro-affitti, che ha visto i canoni quasi raddoppiati (+85%) tra il 2007 e il 2019. A esprimersi a favore sono stati oltre un milione di elettori, il 56% del totale (per l’esattezza 1.034.709), contrari in 715mila, il 38%. Si tratta di un voto consultivo, che per tradursi in legge avrà bisogno di una deliberazione del Senato della città-Stato berlinese. E sarà il primo grande scoglio politico per Franziska Giffey, la 43enne socialista appena eletta come prima donna sindaco della capitale, che sull’iniziativa si è sempre dichiarata scettica in linea con il proprio partito, l’Spd (la cui organizzazione giovanile, però, si è schierata a favore).
All’indomani del voto, Giffey ha chiarito che rispetterà il risultato: “Bisognerà approvare una legge, ma bisognerà anche assicurare che sia costituzionale“, ha dichiarato. In realtà il quesito referendario si appoggiava proprio sull’articolo 14 della Costituzione tedesca, che recita: “La proprietà impone degli obblighi. Il suo uso deve al tempo stesso servire al bene comune. L’espropriazione è ammissibile soltanto per il bene della collettività. Essa può avvenire solo per legge o in base ad una legge che regoli il modo e la misura dell’indennizzo“. Il tema degli affitti e degli alloggi è di gran lunga il più sentito dai berlinesi: in un sondaggio del 22 settembre scorso il 32% degli elettori lo definiva “decisivo” ai fini della scelta nelle urne. Gli unici partiti a essersi spesi in favore del referendum sono la Linke (sinistra radicale) e i Verdi, oltre alle associazioni degli inquilini e ai principali sindacati, mentre la Cdu, i liberali dell’Fdp e l’estrema destra dell’AfD hanno fatto campagna per il no. C’è inoltre un problema finanziario: le autorità di Berlino stimano fra i 29 e i 36 miliardi di euro di costi per gli espropri, anche se i sostenitori del referendum ritengono che basterebbero fra i 7,3 e i 13,7 miliardi di euro.