Se i parlamentari del suo partito, la Lega, fossero riusciti a far approvare la loro proposta di legge, per Luca Morisi sarebbe andata peggio. Dopo le dichiarazioni rese da tre giovani, che hanno detto di aver acquistato droga da lui, l’ex social media manager di Matteo Salvini è indagato per aver violato l’articolo 73 del testo unico sulle sostanze stupefacenti e psicotrope, che punisce lo spaccio e la detenzione ai fini di spaccio. Si tratta della stessa legge che il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari (nella foto accanto a Salvini, ndr), vorrebbe riformare insieme all’articolo 380 del codice di procedura penale sull’arresto in flagranza, introducendo l’arresto obbligatorio nei casi in cui una persona sia trovata in possesso di lievi quantitativi di droga, non importa se leggera o pesante, e aggravando le pene previste. “Non esiste modica quantità. Ti becco a spacciare, vai in carcere con le misure cautelari – aveva detto il 4 marzo 2019 il segretario del Carroccio, all’epoca ministro dell’Interno, presentando la proposta “Droga zero” -. A me interessa togliere dalle strade chi spaccia: poi quello che fa ognuno non mi interessa. I venditori di morte li voglio veder scomparire dalla faccia della terra”.

“La presente proposta di legge reca disposizioni sul trattamento sanzionatorio delle fattispecie di reato di lieve entità relative alla produzione, al traffico e alla detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope – si legge nell’introduzione alla proposta di legge -. Tali reati, infatti, stanno assumendo dimensioni e caratteristiche sempre più preoccupanti ed endemiche nel nostro Paese. Per quanto concerne l’attività repressiva, una percentuale superiore alla metà dei casi è fatta rientrare nell’ambito delle condotte lievi relative alla fattispecie incriminatrice ordinaria prevista dall’articolo 73 del testo unico”. Molinari e gli altri deputati del Carroccio avevano presentato la loro proposta che “intende porre un freno al dilagare di tali reati prevedendo, da un lato, che sia possibile procedere all’arresto in flagranza e, da un altro lato, che siano aumentate le pene edittali e non sia previsto un trattamento di favore qualora i reati in oggetto siano commessi da una persona tossicodipendente”.

Nel merito, la proposta vuole eliminare sia il comma 5 dell’articolo 73, una “clausola di salvezza” stabilita per chi possiede “lievi quantità”. Inoltre intende aumentare le pene previste: se ora il reato è punito con un minimo di sei mesi fino a un massimo di quattro anni, con la legge targata Lega verrebbe punito con un minimo di tre anni e un massimo di sei, un aumento che andrebbe a incidere anche sull’applicazione delle misure cautelari.

Se la proposta fosse diventata legge, Morisi avrebbe potuto rischiare l’arresto (anche se oggi la procura di Verona ha parlato di modiche quantità e di illecito amministrativo, ndr) e di certo avrebbe rischiato una condanna più pesante rispetto a quella stabilita in questo momento dal testo unico sulle droghe. Tuttavia la discussione della norma si è fermata in commissione giustizia della Camera dei deputati, davanti alla quale molti esperti hanno sollevato dubbi sia sulla correttezza della norma (che, paradossalmente, rischia di punire più pesantemente chi ha modiche quantità di droga leggero rispetto chi detiene quantitativi maggiori), sia sugli effetti negativi al sistema carcerario. La stessa commissione invece ha approvato un testo base che depenalizza la coltivazione personale fino a quattro piantine ‘femmine’ di cannabis in casa ed esclude dai fatti di “lieve entità” (per cui diminuiscono le sanzioni) lo spaccio ai minorenni e in prossimità delle scuole.

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