La giornata di ieri, 26 settembre 2021, manda a dire molte cose alla nostra classe politica e alla società italiana. Riassumendo: il referendum in Svizzera ha decretato la vittoria schiacciante del sì a favore del matrimonio egualitario. A San Marino, sempre tramite referendum, si è legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza. In Germania, ancora, le elezioni politiche premiano i partiti europeisti e marginalizzano l’estrema destra.
Ed emerge un messaggio impietoso, di fronte a tali risultati: siamo e restiamo un Paese profondamente arretrato, ignorante e omofobo nonché incapace di scelte serie su certi temi. Non sono un fan dei referendum sui diritti civili. Certe decisioni andrebbero prese dai parlamenti e dai governi. Organi titolati, tramite il voto popolare, a legiferare su questioni quali matrimonio egualitario, eutanasia e fine vita, scelte procreative. Temi che dovrebbero essere nell’agenda dei partiti progressisti e liberali e che dovrebbero essere trattati nell’interesse collettivo e non inseguendo la pancia delle masse.
In Italia, invece, la scena politica è influenzata dalle forze di destra, conservatrici e/o sovraniste. A supporto di queste, movimenti cattolici integralisti, le femministe “gender critical” – ben lontane dal femminismo inclusivo (e guai a chiamarle “terf” o si offendono) – e elementi reazionari di ogni ordine e grado, anche a sinistra. Un quadro a tinte cupe, insomma. Di fronte al quale il messaggio che ci arriva è, appunto, impietoso. E si può leggere da diverse angolazioni.
In primis: lì, tra le Alpi, l’istituto referendario funziona. Così come deve aver funzionato la comunicazione politica. Sarebbe interessante capire come si comportano i media e se sono inadeguati come quelli italiani. Ma è evidente che la solita narrazione di destra per cui allargare l’istituto matrimoniale significava “aprire una breccia sociale e politica che elimina la definizione storica del matrimonio, inteso come unione duratura tra un uomo e una donna” non ha attecchito.
Anche in Svizzera si è agitato lo spettro dell’“utero in affitto”, cosa che la legge sul matrimonio non prevedeva. La società elvetica ha retto meglio il colpo, rispetto alle solite bufale che si tirano in ballo quando si tratta di legiferare sui diritti Lgbt+. Non è andata altrettanto bene in Italia, ai tempi delle unioni civili. Da noi la stepchild adoption non è passata perché qualcuno (destre e terf) ha messo in giro proprio quel tipo di fake news. E, cosa ancor più grave, la gente ci ha creduto.
Ma le criticità non si fermano a questo. Se guardiamo la mappa dei paesi in cui è stato approvato il matrimonio egualitario e ci fermiamo alla sola Europa, possiamo vedere che siamo in un ristretto club di stati incapaci di optare per la piena uguaglianza, insieme a qualche altro paese centro-orientale. Addirittura dietro la Grecia che ha sì le unioni civili, ma anche le adozioni. Noi, invece, ci collochiamo allo stesso livello dell’Ungheria di Orban. Dove si fanno leggi contro le persone transgender. E, non a caso, da noi la legge Zan rischia di naufragare proprio sulla tutela dell’identità di genere (sempre grazie all’alleanza di terf e destre, estreme e non).
Se poi volgiamo lo sguardo al resto del pianeta, scopriamo di essere stati superati da paesi di nuova democrazia come Sud Africa, Brasile, Uruguay, Colombia insieme a molti altri di “vecchia” democrazia. Insomma, la legge avanzata di cui ancora oggi si riempie la bocca Renzi, dopo appena cinque anni ci colloca agli ultimi posti nel mondo civile rispetto alla questione dei diritti civili.
E anche il sì all’interruzione volontaria di gravidanza, in un momento in cui nel mondo questo diritto è sotto attacco, ci fa vedere come la piccola società sanmarinese è molto più sensibile e attiva, rispetto a quanto accade da noi in Italia. Dove – al netto del luminoso risultato della raccolta firme per l’eutanasia e la cannabis legale – assistiamo quasi indifferenti all’abuso dell’obiezione di coscienza, senza reagire. E dove da certe frange di quel “femminismo” sempre reazionario e, guarda caso, nemico delle istanze Lgbt+ si arriva a dire che l’aborto non è un diritto.
Nel resto del mondo civile, invece, si racconta un’altra storia: no ai fascismi, anche se rivestiti con l’abito buono del parlamentarismo; sì all’autodeterminazione delle donne; sì ai diritti affettivi di tutti e tutte, persone Lgbt+ comprese. Una storia fatta di democrazia e uguaglianza. Di diritti e dignità delle persone. Questo il messaggio che arriva all’Italia, alla sua società civile e alla sua disastrosa classe politica.