La ragazza squillo Vivian Ward, dall’animo segretamente romantico ma abbastanza delusa dalla vita per credere ancora alle fiabe, si accorda con il ricco e affascinante uomo d’affari Edward Lewis, per una notte insieme a pagamento. Sarà per via della sua spontaneità, della sua fierezza o del suo modo di essere, ma l’uomo in questione ne rimane fortemente attratto e la ingaggia per tutta la settimana. Patti chiari. È solo lavoro: per 3.000 dollari sarà la sua compagnia anche in situazioni di società. Certo, con abiti adatti e lezioni di galateo.
Siamo a Beverly Hills e questa è la storia di “Pretty Woman”, il film con Richard Gere e Julia Roberts che ha fatto sognare dal 1990 anche gli spettatori più cinici. Almeno per due ore. Ora questa favola moderna è diventata un musical internazionale. Dopo Broadway, Amburgo e Londra, arriva anche a Milano “Pretty Woman il musical”, dal 28 settembre all’8 gennaio al Teatro Nazionale CheBanca!. Scritto dal regista del film Garry Marshall in coppia con lo sceneggiatore originale Jonathan F. Lawton, lo spettacolo ha una colonna sonora nuova di zecca eseguita dal vivo. I brani, in stile pop-rock e romantici anni ’80 sono di Bryan Adams e Jim Vallance, tranne “Oh, Pretty Woman”, che è un classico di Roy Orbison.
Quali sono le curiosità dell’adattamento teatrale? Che cosa cambia rispetto al film?
Un nuovo personaggio: Happy Man
L’adattamento teatrale mantiene l’impianto narrativo del successo cinematografico e ne ripercorre fedelmente i momenti chiave. Ma introduce un personaggio nuovo: Happy Man. Nella versione italiana interpretato da Cristian Ruiz, Happy Man è ispirato al ragazzo di colore che nel film, per strada, saluta con un: “Benvenuti a Hollywood!”. Rappresenta il sogno. È una sorta di burattinaio, un meta-personaggio che incarna il destino e tesse i fili della storia. A volte parla direttamente al pubblico, altre volte entra nella vicenda. È lui che consegna ai protagonisti, gli attori Beatrice Baldaccini nei panni di Vivian Ward e Thomas Santu nei panni di Edward Lewis, la mappa delle stelle. Le Star di Hollywood? No, le stelle del destino, punti luminosi a cui indirizzare lo sguardo per non perdersi lungo le strade della città, per andare dritti alla scelta di se stessi.
La regia del musical e il team creativo sono al femminile
“Sono così stanca di lasciare che tutti, tranne me, definiscano il valore di una donna”, afferma Vivian. La regista del musical Carline Brouwer parte proprio da questa considerazione della protagonista per tracciare la sua identità nel musical. Vivian è una ragazza che, nata nel posto sbagliato, è determinata a prendere in mano la sua vita per cambiarla. “Questa è la storia di una giovane donna che osa – spiega – che trova la forza in se stessa per scegliere ciò in cui crede”. E aggiunge, rivolgendosi agli spettatori: “Sogniamo che lei possa cambiare un po’ la tua vita e che quando tornerai a casa farai quel passo che avresti sempre voluto ma che non hai mai osato fare”. Oltre a lei, tutto il team creativo dello spettacolo è femminile. Pretty Woman diventa così la donna simbolo del superamento dei pregiudizi. Ha avuto una giovinezza dura e con poche possibilità, è cresciuta in un quartiere povero e squallido ma ha una vita interiore ricca. E’ orgogliosa e fiera di sé.
Il pugno in faccia
Il pugno in faccia che Stuckey (l’attore Gabriele Foschi), l’avvocato di Edward, sferra a Vivian nel film non c’è nell’adattamento teatrale. Al contrario, è Vivian, offesa e arrabbiata per l’atteggiamento violento dell’uomo nei suoi confronti, a sferrare un calcio a lui. La scelta di rovesciare la situazione serve a sottolineare quanto Vivian sia consapevole del suo valore e della sua dignità di persona. Un cambiamento radicale rispetto alla sceneggiatura originale del film, in linea con la sensibilizzazione contro la violenza di genere che dagli anni ’90 a oggi si è fatta strada. Il fatto che sia lei a ribellarsi cambia la prospettiva per il pubblico.
“Stronze lumachine”
Nel film, alla famosa cena d’affari con Edwuard, Vivian non sa usare correttamente le posate e fa volare dal piatto una escargot, una ricetta tipica della cucina francese che fa molto chic. La lumaca viene presa al volo da un cameriere mentre lei esclama: “Stronze lumachine!”. Ecco, questo episodio è impossibile da realizzare nella trasposizione teatrale. Ci vorrebbe una lumaca grande come un vitello per farla notare al pubblico. Perciò la scena di gala al ristorante è resa in modo diverso. I protagonisti sono al Voltaire insieme a David Morse (qui figlio del costruttore di navi), ma il locale nel musical diventa anche sala da ballo.Perciò Vivian, oltre alle buone maniere, deve ricordare i passi di danza che le ha insegnato il direttore dell’albergo Mr. Thompson e non la posizione delle forchette sul tavolo, come nel film. La scena è resa comunque divertente dalla sua goffaggine: non sa come muoversi in quel luogo così poco consono a lei. Non si siede subito quando le si sposta la sedia, dà la mano come un uomo. L’introduzione della sala da ballo è un espediente per introdurre la parte coreografica, firmata da Denise Hollande Bethke e dare un tocco di leggerezza alla serata che aveva preso una piega pesante. Non c’è musical senza danza.
La vasca da bagno
Anche nella trasposizione teatrale non può mancare uno degli elementi clou del film, la vasca da bagno. Nel film, fra schiuma e relax, Vivian accarezza teneramente Edward e lui si lascia andare a un’intimità che non si aspetta. In teatro, che ci sia o non ci sia l’acqua, vedremo lei è in vasca dopo la prima notte insieme. E, come nel film, lui rimane benevolmente stupito nel sentirla cantare un po’ stonata mentre ascolta il walkman, in pieno rispetto della tecnologia anni ‘80. Ma la canzone non sarà Kiss di Prince. Canterà “I could get used to this” di Adams. Il titolo, “Potrei abituarmi a questo”, invita a chiedersi a che cosa Vivian si potrebbe abituare. Al lusso o all’amore.
Le scene di sesso
Il film lascia più intendere che vedere. Perché il sesso fra Vivien ed Edward è la conseguenza di un sentimento che nasce piano piano. Si immagina, si intuisce dal dialogo e dalla complicità. Ma non è ciò che ci si aspetterebbe da un rapporto occasionale fra un uomo ricco e una squillo. Anche il musical segue cronologicamente i momenti del film, inequivocabili ma non troppo forti. Lui a torso nudo, lei con la sottoveste dopo la prima notte insieme. Il bacio, considerato troppo intimo, arriverà anche sul palcoscenico come un elemento a sorpresa. La scena di sesso più esplicita? Quella in cui lei si slaccia l’accappatoio e si adagia sul pianoforte in una delle sale dell’albergo, come nel film. Anche in questo caso le luci si spengono.
Lo shopping
La scena dello shopping sul palco non prevede i numerosi cambi d’abito del film. Sarebbe diventato troppo lungo e noioso in teatro. Rimane la scena del pregiudizio delle commesse di un elegante negozio di Rodeo Drive. Le addette trattano con superiorità Vivian a causa dei suoi modi inadeguati al contesto. Sputa la cicca prima di entrare, si presenta con la pancia scoperta e adocchia uno dei capi più costosi. La rivalsa arriverà anche nel musical. Vivian farà shopping accompagnata da Edward in uno dei negozi più esclusivi e sarà il proprietario stesso a suggerirle i capi più adatti a valorizzare la sua bellezza. Uscirà vestita di bianco con un cappello a falde larghe, da vera up town girl.
La Lotus Esprit SE turbo
La mitica automobile che “curva come se fosse sulle rotaie” sulla scena non c’è. Per ovvi motivi di spazio e tecnica. Non si vede ma si sente potente la sua presenza roboante. Se ne parla, perché è uno status symbol che non può essere trascurato. Come nel film, lei dichiara di saper guidare anche un bolide di tale portata. Conosce tutto, sa come sono disposti i pedali: sono comodi anche per una donna. Ma non è il suo caso visto che porta il numero 40 e problemi a guidarla come un uomo non ne ha.
Il finale
Vivian torna a casa, nel suo squallido quartiere dove divide l’appartamento con la sua amica Kit De Luca, interpretata da Martina Ciabatti Mennell. Ha un gruzzolo importante per cambiare vita: vuole tornare a scuola, istruirsi, crearsi un nuovo futuro. Se nel film, per il gran finale Edward si presenta con la Limousine e si arrampica sulle scale antincendio, nel musical il suo ritorno da innamorato rimane un interrogativo. Potrebbe arrivare dall’alto come negli spettacoli di circo contemporaneo, spuntare da una botola del palco, usare la bicicletta, che oggi è un must per il rispetto dell’ambiente. Oppure arrivare trainato da una carrucola in compagnia di Happy Man, come il deux ex machina delle tragedie greche. La produzione non vuole spoilerare. Unico elemento di certezza, la scala. Che fa pensare ad ogni storia d’amore di umana memoria, al balcone di Romeo e Giulietta, alle trecce della principessa rinchiusa nella torre e del suo cavaliere impavido. Ma anche a un’anonima storia degli anni ‘80, una su migliaia in cui lei riesce ad affrancarsi da un destino dal finale scontato