In base agli attuali impegni presi dai Paesi del mondo per contenere l’innalzamento della temperatura globale, i bambini nati nel 2020 saranno esposti alle ondate di calore eccessivo in media sette volte di più rispetto ai loro nonni, con punte di 18 volte in più se si considera ad esempio il solo Afghanistan. Ma i neonati di oggi saranno colpiti anche 2,6 volte in più dalla siccità, 2,8 volte in più dalle inondazioni dei fiumi, quasi 3 volte in più dalla perdita dei raccolti agricoli, con punte di 10 volte in più come in Mali, e dal doppio degli incendi devastanti. Questo l’allarme lanciato da Save the Children, nel rapporto “Nati in crisi climatica: Perché dobbiamo agire subito per proteggere i diritti dei bambini”, pubblicato nel giorno di apertura del meeting internazionale Youth4Climate: Driving Ambition a Milano e che sarà seguito dalla PRE-COP26, in preparazione del Summit Onu sulla crisi climatica COP26 che si terrà in Scozia il prossimo novembre. L’indagine, realizzata in collaborazione con un team internazionale di ricercatori sul clima guidati dalla Vrije Universiteit Brussel (VUB), e rilanciato dalla prestigiosa rivista Science, mette in evidenza l’aumento netto dell’esposizione a una serie di eventi estremi legati al clima dei bambini nati nel 2020 rispetto a quelli nati nel 1960. “La crisi climatica è di fatto una crisi dei diritti dei bambini – ha dichiarato Inger Ashing, ceo di Save the Children International – e l’azione sul cambiamento climatico non è solo un obbligo morale, ma anche un obbligo legale per i governi di agire nel migliore interesse dei bambini”.
CHI PAGHERÀ IL CAMBIAMENTO CLIMATICO – Come sottolinea il rapporto, anche se l’86% delle emissioni globali di CO2 è responsabilità dei paesi più ricchi, i bambini che vivono in quelli a basso e medio reddito e nelle comunità più svantaggiate saranno colpiti prima e più pesantemente, perché sono già i più esposti alle malattie trasmesse dall’acqua, alla fame e alla malnutrizione, e vivono in alcuni casi in abitazioni precarie o più fragili e vulnerabili in caso di inondazioni, cicloni e altri eventi climatici estremi. “Per i bambini più vulnerabili – scrivono gli autori – gli impatti del cambiamento climatico possono interrompere l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione, come nel caso delle bambine penalizzate dalle disuguaglianze di genere, delle popolazioni sfollate o rifugiate, dei bambini disabili e delle popolazioni indigene”. In Pakistan, ad esempio, dopo le inondazioni del 2010 aggravate dal cambiamento climatico, il 24% delle bambine al sesto anno di studi ha abbandonato la scuola rispetto al 6% dei bambini. “E se è improbabile che i bambini del Nord America e dell’Europa Occidentale soffrano di un aumento nella perdita dei raccolti – racconta il report – quelli dell’Africa subsahariana dovranno affrontare 2,6 volte più perdite nei raccolti rispetto ai loro coetanei, e i bambini del Medio Oriente e del Nord Africa fino a 4,4 volte di più. Alcuni di loro corrono il rischio di subire questi disastri simultaneamente o in rapida successione, con l’effetto indiretto di rimanere intrappolati in un circuito di povertà a lungo termine e di annullare decenni di progressi nella lotta contro la fame e contro le sue conseguenze come l’arresto della crescita che compromette la loro salute”.
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A boy looks out at the flooded street.
GLI IMPEGNI INSUFFICIENTI – Il rapporto diffuso oggi da Save the Children, sviluppato con la partecipazione e le testimonianze di un gruppo di bambini tra i 12 e i 17 anni provenienti da Albania, Bangladesh, Cile, El Salvador, Guatemala, Kosovo, Norvegia, Somalia, Sri Lanka, Stati Uniti e Zambia, delinea le proporzioni devastanti dell’impatto della crisi climatica sui bambini se non ci sarà un’azione immediata. L’Organizzazione sottolinea infatti che gli impegni presi finora per la riduzione delle emissioni nel quadro dell’Accordo di Parigi determinerebbero un aumento della temperatura globale da 2,6 a 3,1 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali, con un impatto inaccettabile sui bambini. Come evidenziato nel rapporto, però, è ancora possibile invertire questo andamento. Se si riuscirà invece a limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi come sancito dall’obbiettivo dell’Accordo di Parigi, l’esposizione aggiuntiva dei neonati attuali alle ondate di calore eccessivo diminuirà del 45%, del 39% per la siccità, del 38% per le inondazioni dei fiumi, del 28% per la perdita dei raccolti e del 10% per la devastazione degli incendi.
NESSUN LUOGO È SICURO – “Le recenti ondate di calore negli Stati Uniti e in Canada, gli incendi in Australia, le inondazioni in Europa e in Cina, le molteplici siccità che stanno causando crisi alimentari in luoghi come l’Afghanistan, il Madagascar e la Somalia, hanno chiaramente dimostrato che nessun luogo è sicuro” ha spiegato Inger Ashing, secondo cui “senza un’azione immediata, consegneremo un futuro mortale ai nostri figli. Dobbiamo eliminare la nostra dipendenza dai combustibili fossili, creare reti di sicurezza finanziaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici e sostenere le comunità più colpite”.