Come ho descritto su questo blog e raccolto nel mio libro I miei cento passi nelle Terre dei Fuochi, dal 2014 la dinamica della patogenesi tossica delle Terre dei Fuochi è cambiata.
Tutto nasce da due fenomeni concomitanti. Il primo: il continuo incremento, soprattutto al nord, della produzione di rifiuti industriali, sia legali che soprattutto prodotti da tutte le attività manifatturiere in regime di evasione fiscale, per controllare le quali lo Stato italiano sceglie di non fare nulla da decenni. In Lombardia, questo fenomeno ha raggiunto la drammatica cifra di circa 15 kg di rifiuti al giorno [dati Ispra 2021], da gestire sul territorio regionale per ogni cittadino lombardo, a sua completa insaputa.
In Campania sono non più di 8 kg; tutti continuiamo a perdere tempo a discutere del solo 1,2 kg di rifiuto urbano. A questi (circa 10% del totale) si aggiungono infatti i rifiuti industriali legali (+60%), cui si aggiungono i rifiuti industriali prodotti in regime di evasione fiscale (non meno del +20%), cui si aggiungono oggi anche i rifiuti industriali legalmente importati, circa 9 milioni di tonnellate l’anno per la sola Lombardia (circa il +10% complessivo = 100% reale composizione dei rifiuti totali).
La assoluta e permanente mancanza di tracciabilità certificata comporta la continua infiltrazione, tramite la ormai vetusta ma sempre efficace “truffa del giro bolla”, di rifiuti persino radioattivi all’interno dei flussi dei rifiuti industriali sia italiani che di importazione senza adeguato controllo preventivo.
La presenza di leggi penali che sanciscono una pena sino a 5 anni di galera per chi brucia rifiuti abbandonati, ha determinato – a partire dal 2014 – l’accumulo e la sovrapposizione di rifiuti industriali “a nero” ai rifiuti “legali” e, quando si pensa di verificarne le caratteristiche, “a posteriori”, come pare sia accaduto per l’azienda lombarda coinvolta nel maxi rogo del 25 settembre 2021, su ovvia richiesta della magistratura milanese inquirente, si provvede a incendiare direttamente tutto l’impianto con danni assolutamente terrificanti per la salute pubblica.
Questa è la Terra dei fuochi lombarda a partire dal 2014; cresce per la costante assenza di tracciabilità certificata ed informatica dei rifiuti industriali ed esplode per la somma micidiale assolutamente spropositata di circa 50 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti sul territorio regionale.
Soluzione: procedere alla immediata concretizzazione dei nuovi strumenti di controllo certificato dei rifiuti (es. RENTRI), purtroppo ancora in fase di sperimentazione. Non si tratta di semplificare in via informatica le procedure di tracciabilità cartacee oggi obsolete per “snellire” le attività amministrative delle aziende che trattano i rifiuti, ma innanzitutto del principale strumento a tutela della salute pubblica in Italia.
A questo si deve aggiungere, immediatamente, il pieno recupero del “potere di polizia giudiziaria” della Agenzie di controllo ambientale del territorio (Arpa). Sono loro che devono procedere per tempo e con azioni preventive ai controlli delle attività delle aziende di smaltimento e del materiale in corso di accumulo nei loro capannoni.
Non è un caso che le Terre dei Fuochi principali, e con maggiore danno alla salute pubblica (Lombardia e Campania) siano entrambe caratterizzate da agenzie prive per statuto di tale potere di controllo preventivo. La regione in cui il fenomeno tossico delle Terre dei Fuochi è minore resta la Toscana, la cui Arpa ha mantenuto da sempre il potere di polizia giudiziaria e di controllo preventivo delle aziende manifatturiere ereditato dalle Asl.
In Terra dei Fuochi campana invece, non registriamo più da anni importazioni di rifiuti dal nord a causa della nostra totale assenza di impianti di smaltimento legali su tutto il territorio regionale e di maggiori controlli anche coi droni. “Terra dei Fuochi” in Campania si è trasformata, dopo le leggi penali del 2014, in “Terra delle puzze”.
Oggi registriamo la notizia che ben dieci sindaci di Terra dei Fuochi campana (Caivano, Cardito, Giugliano, Frattaminore, Frattamaggiore, Casalnuovo, Qualiano, Quarto, Calvizzano, Crispano) tutti confinanti tra loro, hanno presentato le proprie dimissioni per le continue e costanti puzze che stanno massacrando i propri cittadini e di cui Arpa Campania non sta riuscendo ad individuare le cause, facendo infuriare l’assessore regionale Bonavitacola.
In questi comuni, in cui l’Atlante di mortalità campano registra un incremento di mortalità per tutte la cause sino all’80% in più della media nazionale, dal 2014 si procede ad accumuli occulti di rifiuti all’interno di vari aziende e/o attività manifatturiere anche non dichiarate (in Campania sino al 47%), quindi difficili da censire ed impossibili da controllare. Per evitare la repressione e il controllo anche coi droni, si ricorre allo smaltimento illegale riducendo al massimo la produzione di fuochi e fumo con spandimenti eccezionali di liquidi e composti antifumo e antifiamma, come ad esempio i pericolosissimi e altamente tossici polibromodifenileteri (PBDE) che, sin dallo studio Sebiorec del 2008, sono stati ritrovati presenti nel sangue dei cittadini campani.
In conclusione, nella perdurante assenza di tracciabilità certificata dei rifiuti – che ancora non esiste – e nella perdurante assenza di continui e costanti controlli preventivi delle agenzia Arpa, che non hanno il potere di polizia giudiziaria per procedere a controlli preventivi delle aziende, Terra dei Fuochi lombarda è dal 2014 “Terra del rogo degli impianti” mentre Terra dei Fuochi campana è diventata “Terra delle puzze assassine e tossiche”. Non più dei roghi tossici, per la gioia dei Prefetti che si vantano della consistente riduzione degli incendi, mentre i cittadini muoiono anche di più per le puzze da tossici “ritardanti di fiamma” come i PBDE.
La perdurante assenza di tutti gli strumenti utili ad una tracciabilità certificata ed informatica dei flussi dei rifiuti industriali e tossici – e la voluta assenza dei controlli preventivi delle Arpe – continua a permettere che in Lombardia e in Campania si continui a morire sempre di più.