Una barca a vela speciale: non solo per affrontare una competizione chiamata “l’Everest del mare“, ma anche per raccogliere dati scientifici con un sistema a sensori innovativo. È la classe Imoca di Prysmian Group su cui salperà Giancarlo Pedote per affrontare il Vendée Globe 2024, il giro del mondo in regata solitaria, senza scali e senza assistenza, che si tiene ogni quattro anni. Si parte dalla località francese Les Sables-d’Olonne, in Vandea (Vendée), si percorre l’Atlantico verso Sud per poi circumnavigare l’Antartide e ritornare nel porto di partenza. Pedote – arrivato ottavo alla scorsa edizione, nel 2020 – ha scelto di farsi ambasciatore della causa ambientale: “In collaborazione con un progetto Unesco, abbiamo dotato la barca di sensori per studiare l’oceano e fornire ai ricercatori in tempo reale informazioni preziose sul suo stato di salute“, spiega l’atleta a ilfattoquotidiano.it. “D’altronde – prosegue – percorrere per mesi tratte inesplorate in mare aperto, come quelle intorno all’Antartide, è un’occasione unica per reperire dati scientifici”. Gli apparecchi utilizzati si basano sulla tecnologia Pry-Cam di Prysmian Group: “Di solito li usiamo per controllare cavi elettrici terrestri e sottomarini, ma siamo orgogliosi di metterli al servizio della salvaguardia del pianeta rilevando parametri fisici di temperatura, salinità e anidride carbonica del mare”, dice il Ceo Roberto Candela.
Fiorentino, laureato in filosofia, Pedote si è trasferito da alcuni anni con moglie e figli a Lorient, in Bretagna, la capitale della vela oceanica. È lì che si allena fino alle otto di sera, in mare e in palestra, per poi dedicarsi alla famiglia. “Ben vengano le iniziative di raccolta dei rifiuti in mare, ma il problema è a monte”, spiega. “Dobbiamo educare a uno stile di navigazione corretto: ad esempio, gli imballaggi in plastica come piatti e bicchieri non si devono portare in barca. Per questo ho intenzione di scrivere un libro dedicato ai più giovani su questo tema”. La vela, sostiene, deve cambiare anche dal punto di vista dell’abbigliamento: “Per il Vendée Globe indosserò una cerata Helly Hansen realizzata utilizzando più del 50% di materiali riciclati, soprattutto plastica cosiddetta “ocean bound”, cioè raccolta nella fascia di cinquanta chilometri chilometri a ridosso dell’oceano. Anche l’impermeabilizzazione del tessuto viene ottenuta con un trattamento idrorepellente senza perfluorocarburi (Pfc), polimeri a catena lunga pericolosi per l’ambiente e per la salute.”
“Tutti – prosegue – dobbiamo impegnarci nelle scelte quotidiane, che vanno dal preferire, quando si può, la bici alla macchina fino al ridurre al massimo l’uso di plastica”. Ma senza dimenticare la posta in gioco a livello globale: “Siamo in un’era di transizione, la sfida tecnologica è trovare definitivamente l’alternativa ai combustibili fossili“. Eppure, anche la scorsa estate, le barche a motore hanno continuato a scorrazzare nelle aree marine più fragili. “Spesso preferiamo il motoscafo alla vela perché ci interessa raggiungere un posto nel minor tempo possibile per cominciare a divertirci, mentre la vela ribalta questo concetto: il piacere è dato dalla traversata, non solo dall’arrivo. Occorre un cambio di mentalità, smetterla di volere tutto subito“.
È difficile non collegare l’impegno ecologista all’esperienza estrema del Vendée Globe: ottanta giorni da solo in alto mare, senza potersi permettere uno spreco, tra acqua desalinizzata e scorte di cibo dosate per calorie: “Ti cambia fisicamente e mentalmente”, conferma Pedote. “Quando riprendi la tua vita a terra, ti basta poco per essere felice. Una coperta non umida, riuscire a usare un cucchiaio senza che il cibo salti dappertutto, una doccia calda, un tavolo che non traballa”. Ma aggiunge: “L’uomo dimentica in fretta, per questo non vedo l’ora di ripartire, sono già proiettato al 2024“. Il ricordo che porta nel cuore? L’incontro con gli albatros del grande Sud: “Un’emozione visiva e olfattiva, l’incontro di un insieme di elementi: il vento del Sud che porta quell’odore di ghiaccio umido, il luogo deserto che sprigiona un senso di solitudine, il volo magnifico degli albatros. Ricordo che li vedevo sul mio libro di scuola delle elementari, non capivo manco come fossero fatti, ma tanto non pensavo che li avrei mai visti un giorno. E invece…”.