Acoltati in commissione Giustizia alla Camera, il presidente e il segretario del sindacato delle toghe ribadiscono le preoccupazioni sullo schema di decreto legislativo approvato ad agosto: "È un irrigidimento eccessivo riferirsi solo a un comunicato ufficiale. La procedura delineata potrebbe attivare una serie di sub procedimenti con istanze, provvedimenti, opposizioni in camera di consiglio che rallenterebbero la macchina della giustizia"
Limitare la comunicazione di pm e forze dell’ordine alle conferenze stampa e solo in casi di “rilevante interesse pubblico”, è un'”ingessatura eccessiva“, una “formalizzazione che può essere lesiva del bisogno di una corretta informazione“. Ma non solo. Significa “rallentare la macchina della giustizia in un momento in cui è più che mai avvertito l’impegno a velocizzarla”. Lo ha ribadito l’Associazione nazionale magistrati, con il presidente, Giuseppe Santalucia, eil segretario, Salvatore Casciaro, ascoltati in commissione Giustizia alla Camera nel corso dell’esame dello schema di decreto legislativo che vorrebbe recepire le disposizioni della direttiva Ue 343/2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza“, varato dal Consiglio dei ministri all’inizio di agosto. Un provvedimento che proibisce agli inquirenti di fornire notizie sui procedimenti in corso al di fuori di cornici formali quali, appunto, conferenze e comunicati stampa, e solo in casi eccezionali. Di più: si impone a chi comunica di non “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata”, una norma assai vaga la cui violazione essere impugnata in giudizio, portando a pubbliche rettifiche o richieste di risarcimento danni.
“Ferma l’esigenza di effettività del principio della presunzione di innocenza nel processo penale, la procedura delineata potrebbe attivare una serie di sub procedimenti con istanze, provvedimenti, opposizioni in camera di consiglio che rallenterebbero la macchina della giustizia in un momento in cui è più che mai avvertito l’impegno a velocizzarla”, ha osservato Casciaro, evidenziando che “forse basterebbe, nel civile come nel penale, la previsione di uno strumento di rettifica mutuato dalla procedura di correzione dell’errore materiale, più agile e snella”. Per Santalucia “si è voluto irrigidire, attraverso l’esclusivo riferimento ai comunicati ufficiali e alle conferenze stampa, il rapporto tra procuratori e stampa. In questo ambito bisogna tenere presente l’esercizio dell’alta prerogativa di informazione che la stampa esercita anche sul procedimento, nei limiti consentiti. È un irrigidimento eccessivo riferirsi solo a un comunicato ufficiale, impedendo che un procuratore possa rendere dichiarazioni a un giornalista fuori da una conferenza stampa preventivamente organizzata. E mi chiedo perché questo riguarda solo i pm e non anche i giudici“, aggiunge. “Mi rendo conto della necessità di richiamare l’attenzione soprattutto della magistratura inquirente alla sobrietà nei rapporti con la stampa, ma – avverte – il rischio è che un’eccessiva formalizzazione dei canali informativi possa rivelarsi lesiva di una corretta informazione”.
“Nelle comunicazioni con la stampa – ricorda ancora il capo dell’Anm – si veicolano contenuti di atti che non siano segreti, mi pare dunque che il decreto legislativo si muova non in armonia con il testo del codice, perché l’esigenza di pubblicabilità risponde a un’esigenza di trasparenza. Ferma restando la necessità di tutelare i diritti delle persone”, aggiunge, “bisogna evitare che questa forma di indebita segretazione non vada a detrimento del bisogno di una corretta informazione”. Quanto poi alla possibilità dei procuratori di convocare conferenze stampa solo in casi di rilevanza pubblica, “si tratta di scelte demandate alla loro decisione e non ci sono forme di controllo“, evidenzia. Per quanto riguarda le sanzioni all’indicazione anticipata di colpevolezza, Santalucia suggerisce “invocare la correzione dell’errore materiale dell’atto senza la previsione di un meccanismo di accertamento camerale, un procedimento molto pesante. Sarebbe uno strumento eccessivo rispetto al fine: non è economico mettere in campo un meccanismo procedimentale così pesante”.