Nel cascinale di Belfiore le ore che hanno con ogni probabilità messo fine alla carriera di Luca Morisi nella Lega sono quelle che corrono tra il 13 e il 14 agosto. Lo spin doctor di Matteo Salvini – che adesso attacca la stampa che mette “il mostro in prima pagina” – è nella sua mansarda, sembra in compagnia di un 50enne. Lo raggiungono due ragazzi: sono di nazionalità romena, hanno circa 20 anni e vivono fuori dalla provincia di Verona, secondo le indiscrezioni convergenti di diversi quotidiani. I quattro restano in casa per almeno dodici ore. Un festino, probabilmente. Almeno a mettere insieme i racconti dei vicini che hanno riferito di “rumori per tutta la notte”.

Quando i due giovani vanno via vengono fermati dai carabinieri per un “controllo di routine”, come ha evidenziato per tutta la giornata di lunedì la procuratrice di Verona, Angela Barbaglio. Nella loro auto viene ritrovato un flacone: i due ammettono subito di fronte ai militari dell’Arma. “È Ghb”, la cosiddetta “droga dello stupro” usata anche per amplificare l’effetto della cocaina e spesso utilizzata durante rapporti consenzienti. Come riporta La Repubblica, i due riferiscono anche di averla “gratuitamente” da Luca Morisi, ora indagato per cessione di stupefacenti in attesa che i riscontri di laboratorio sulla sostanza – i risultati arriveranno almeno ad ottobre – confermino o meno quanto dichiarato dai giovani.

A quel punto, scatta la perquisizione nel cascinale. Dentro l’abitazione di Morisi vengono ritrovati circa 2 grammi di cocaina, non occultati. Il guru dei social leghisti viene segnalato in Prefettura, il possesso di quella modica quantità è un semplice illecito amministrativo. Però il racconto dei due romeni fa partire l’inchiesta della procura di Verona e, dopo 40 giorni in cui la vicenda è rimasta avvolta dal silenzio, viene a galla il vero motivo dell’addio di Morisi alla “Bestia”, avvenuto già agli inizi di settembre. Ai magistrati spetterà ricostruire non solo gli aspetti legati alla cessione da Morisi ai due giovani, ma anche ricostruire chi sia stato il fornitore delle due sostanze stupefacenti.

Ma la difesa dell’ex social media manager – dimessosi il primo settembre scorso dal suo ruolo – punta già a chiarire un aspetto fondamentale: “Quel flacone con del liquido non era di Luca Morisi, il quale – evidentemente – non può averlo ceduto a terzi”. L’avvocato Fabio Pinelli, difensore di Luca Morisi, in una nota, fornisce ulteriori chiarimenti, smentendo la presenza di un quarto uomo (il 50enne presente nella mansarda di Morisi) e annunciando che c’è un altro indagato nell’inchiesta. “Nel corso della perquisizione a casa di Luca Morisi non è stato sequestrato materiale informatico: né smartphone né pc. Risulta indagata anche un’altra persona di nazionalità rumena, che era in compagnia di un connazionale al momento sconosciuto”. Tre persone quindi, sostiene il legale, e “nessun quarto uomo” nell’alloggio dell’ex spin doctor di Salvini.

Nel frattempo la questione è politica. Innanzitutto perché la vicenda sconfessa diverse battaglie leghiste, ad iniziare da quella sull’uso delle droghe. E l’indagine piove sulla testa di Salvini, già alle prese con la bagarre tutta interna al Carroccio. Il leader si schiera accanto al suo “amico”, promette che lo aiuterà a “rialzarsi”. Dopo passa all’attacco della stampa, dicendosi “spiaciuto” della “schifezza mediatica” che “condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo”. Un paradosso dopo anni di campagne social su vicende giudiziarie in itinere legate ai temi degli stupefacenti. “Non conosco la vicenda, sono vicende personali”, ha aggiunto ripetendo che “Luca è una gran brava persona, un amico”. Ci sono giornalisti che sbattono “il mostro in prima pagina”. In un “Paese civile prima di condannare qualcuno, prima di sputtanare qualcuno – ha proseguito il segretario del Carroccio – si aspetta che sia la giustizia a fare il suo corso”.

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