In attesa di leggere le motivazioni della sentenza di secondo grado del processo sulla trattativa Stato-mafia e di dire la nostra sulla sconcertante proposta di attribuire a Mario Mori la carica di senatore a vita, vorrei utilizzare lo spazio che mi è concesso per pubblicare una lettera aperta di alcuni familiari di vittime di mafia. L’oggetto, come leggerete, sarà il processo per associazione mafiosa a carico di Rosario Pio Cattafi, che dovrebbe andare a sentenza mercoledì. E’ un processo per noi tutti molto importante e ritengo lo sia anche per i cittadini. A voi la lettura.

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Per l’ennesima volta, dopo una serie incredibile di rinvii delle udienze che sta quasi trasformando un processo in un teatro dell’assurdo (quando invece dovrebbe essere trattato – vista la caratura dell’imputato – con la più grande cura), torniamo a scrivere su queste pagine per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla prossima sentenza a carico di Rosario Pio Cattafi, imputato del reato di associazione mafiosa.

L’udienza con la quale si rinnoverà parzialmente l’istruttoria e nella quale si sarebbe dovuto ascoltare il collaboratore di giustizia barcellonese Carmelo D’Amico, fissata per il 22 settembre scorso innanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria, è stata rinviata nuovamente (!), per un impedimento dell’avvocato difensore dell’imputato. Mercoledì prossimo, 29 settembre, si spera sarà la volta buona.

E’ la quarta volta che denunciamo questa incresciosa situazione e, sinceramente, abbiamo finito le parole. Non possiamo fare altro, quindi, che riprendere quelle che avevamo espresso su questo sito il 21 giugno scorso, nella speranza – che si sta lentamente trasformando in utopia – che un imputato per mafia, già ritenuto colpevole del reato fino al 1993 da un “giudicato interno” della Cassazione, non la faccia franca con la tanto odiosa (almeno per noi familiari delle vittime) formula “per intervenuta prescrizione”.

Ricordiamo, quindi, che il nome di Rosario Cattafi è entrato nelle indagini sull’omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia, sull’omicidio del medico Attilio Manca, sull’autoparco di Via Salomone a Milano (una delle basi operative di un “consorzio” mafioso di cui faceva parte anche la “famiglia” che ordinò l’uccisione dell’integerrimo educatore carcerario Umberto Mormile) e nell’indagine della Procura di Palermo sui cosiddetti “Sistemi Criminali”, che avevano ritenuto necessaria – e non prorogabile – la strage di Via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti di scorta.

Cattafi è già pluripregiudicato per i reati di lesioni, porto e detenzione abusivi di arma da fuoco e di calunnia, e plurindagato per altri innumerevoli reati (come sequestro di persona, omicidio, traffico di stupefacenti, traffico internazionale di armamenti, strage, associazione con finalità di terrorismo o di eversione – indagini da cui Cattafi è sempre uscito indenne, o perché archiviate, o perché prosciolto o assolto). Sono quarant’anni che questo personaggio entra ed esce da inchieste per mafia. Nel 2013, grazie al lavoro dei Pubblici ministeri di Messina Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, è arrivata la condanna in primo grado per associazione mafiosa. Dopo la conferma della condanna in appello, la Corte di Cassazione, il 1 marzo del 2017, ha ritenuto Rosario Cattafi partecipe all’associazione mafiosa della cosca di Barcellona Pozzo di Gotto fino al 1993, rinviando alla Corte d’Appello di Reggio Calabria il giudizio per gli anni compresi tra il 1993 e il 2000 e assolvendolo per gli anni tra il 2000 e il 2012.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, però, ha impiegato più di due anni per fissare la prima udienza del processo a carico di Cattafi, nonostante il reato (di associazione mafiosa!) fosse a rischio di prescrizione. Ma, come se non bastasse, la prima udienza, che si sarebbe dovuta tenere il 17 aprile 2019, è stata rinviata per ben sette volte, tra difetti di notifica, impedimenti degli avvocati dell’imputato, assenza di un giudice, ecc., fino ad arrivare all’udienza del 23 giugno 2021. Due anni per fissare in calendario la prima udienza dal rinvio della Cassazione, altri due anni per celebrarla. Nel frattempo, il Procuratore generale di Reggio Calabria, Giuseppe Adornato (ex assessore all’urbanistica proprio del Comune di Reggio Calabria, dal 2002 al 2007, quando la giunta reggina era guidata dal sindaco Giuseppe Scopelliti), ha chiesto alla Corte di Appello di far decadere il reato di associazione mafiosa per intervenuta prescrizione. Per poi rettificare e chiedere anche l’assoluzione per gli anni compresi tra il 1993 e il 2000, nonostante la Corte avesse già ordinato la rinnovazione istruttoria.

Se, dopo l’audizione di D’Amico, la prescrizione fosse confermata dalla Corte, cadrebbe anche il cosiddetto “giudicato interno” della Cassazione, che aveva riconosciuto Rosario Pio Cattafi intraneo all’associazione mafiosa fino al 1993. Esattamente come fu per Giulio Andreotti, quindi, il reato sarebbe accertato ma prescritto. Con buona pace di tutte le innumerevoli vittime e dei loro familiari.

Salvatore Borsellino
Paola Caccia
Angela Gentile Manca
Stefano Mormile

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