Addebitava indebitamente piccole cifre – 9 centesimi per ogni pagina web aperta – in modo da rendere poco percepibile il prelievo in bolletta. Così, secondo la Procura di Milano, l’operatore telefonico WindTre ha perpetrato una truffa ai danni degli utenti procurandosi profitti su larga scala. Una scoperta effettuata nell’ambito del più ampio filone d’inchiesta sulla telefonia che è costato lunedì 27 settembre il sequestro preventivo di 313mila euro sui conti di due società operanti come provider per il gruppo di telecomunicazioni. A gennaio, un sequestro da 21 milioni di euro aveva invece riguardato somme derivanti dalle percentuali sui servizi attivati con modalità fraudolente ad opera di altri fornitori.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, durante le indagini si è scoperto che un costo di nove centesimi di euro veniva subito registrato in fattura ogniqualvolta i consumatori “atterravano” su certe pagine Internet. Il tutto, però, senza mai superare il tetto complessivo di un euro al mese, di modo che il singolo cliente non si insospettisse. Per gli investigatori, sono coinvolte altre due società: Accenture, che tra febbraio e giugno 2020 ha fornito a WindTre la piattaforma tecnologica, e Vetrya, che dal 27 dicembre 2019 contrattualizza i produttori di contenuti del colosso delle telecomunicazioni. Non a caso, è sui loro depositi bancari che è avvenuto il sequestro: per somme pari rispettivamente a 204mila e 109mila euro. Oltre a questo, l’amministratore delegato di Vetrya Luca Tomassini e gli allora direttori amministrativo e operativo Alessandro Prili e Simone Polverini sono indagati per l’ipotesi di frode informatica. Vetrya proprio ieri ha siglato con Open Fiber un accordo per la connettività ultraveloce.
Per gli inquirenti, come riferisce il quotidiano di via Solferino, l’incarico nasceva su un conflitto di interessi di Vetrya, che in quel momento avrebbe finito con il ricoprire tutti i ruoli della filiera: dal commerciale alla produzione di contenuti fino alla loro aggregazione e alla gestione dei call center del settore. Attività, questa, non consentita dalla delibera n.108 del 2019 dell’Agcom-Autorità Garante delle Comunicazioni. “La società non è indagata e ribadisce la propria estraneità ai fatti pur avendo ricevuto un decreto di sequestro per 109.254 euro”, recita il comunicato diffuso in giornata dall’azienda di Orvieto. Che aggiunge: “Confidiamo nel poter dimostrare a breve di non aver mai avuto alcun coinvolgimento diretto nella presunta truffa contestata ribadendo di aver svolto semplicemente un ruolo di aggregatore commerciale che non ha mai interagito con il processo di erogazione dei servizi”. “Ribadiamo la totale fiducia nell’operato degli inquirenti, a cui garantiremo la massima collaborazione e il totale supporto al fine di fare piena luce sui fatti nel più breve tempo possibile”, ha concluso la ditta.
Già prima di questo nuovo filone gli inquirenti avevano ravvisato un altro schema fraudolento basato sull’attivazione a sorpresa di servizi aggiuntivi (giochini, suonerie, meteo, oroscopi, gossip) sulle schede Sim di utenti ignari, che venivano convinti da banner pubblicitari ingannevoli. In questa attività erano coinvolte società di contenuti quali Bright Moby e Yoom tramite l’hub tecnologico Pure Bros. Proprio a quest’ultimo erano subentrate allo scattare delle indagini Accenture e Vetrya, che stando all’inchiesta si trova anche al centro di un conflitto di interessi in quanto all’epoca dei fatti aveva finito per ricoprire tutti i ruoli della filiera: hub commerciale per WindTre, content creator, aggregatore di produttori di contenuti per Tim e perfino gestore del call center del settore, in contrasto con la delibera n.108 del 2019 dell’Autorità garante delle comunicazioni.
Intanto, secondo i dati forniti da WindTre ad AgCom, le attivazioni sono crollate da quando, in conseguenza dell’indagine, le regole sono state cambiate e l’utente che voglia un servizio aggiuntivo deve chiedere di rimuovere il preimpostato blocco: come riporta il Corriere, su 8 milioni e 278mila clienti dell’azienda che avevano ricevuto l’attivazione del barring, hanno manifestato la volontà di disattivarlo in 390.