Un pezzo di storia dell’antimafia, con i suo risvolti complessi tra colpi di scena, verità e bugie, è diventata una docuserie per Netflix. S’intitola Vendetta: guerra nell’antimafia il progetto in sei episodi, disponibili dal 24 settembre in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo, debuttando proprio nelle ore in cui è arrivata la sentenza dei giudici di Palermo nel processo sulla “trattativa Stato-mafia”. La docu-serie si concentra in particolare sulle vicende umane e processuali e sullo scontro tra Pino Maniaci e Silvana Saguto, per molti anni due personalità di spicco dell’antimafia seppur con ruoli molto diversi. Le storie s’incrociano quando i due diventano protagonisti di vicende controverse, e finiscono accusati di reati per i quali sono stati processati (con esiti diversi). Ma com’è nato il progetto e com’è stato pensato e scritto, anche per appassionare il pubblico straniero al racconto di una vicenda “arcitaliana”? Lo raccontano gli autori a FQMagazine.
Vendetta: guerra nell’antimafia, chi sono Pino Maniaci e Silvana Saguto – È cominciato nel 2005 il lavoro di Ruggero di Maggio e Davide Gambino (Mon Amour Films) ideatori e produttori di Vendetta: guerra nell’antimafia, autori della docu-serie con Nicola Moody, Jane Root e David Herman (Nutopia). “Tornai dalla Francia e, quasi per caso, vidi su Rai3 un programma che raccontava la storia di Pino Maniaci. Non lo conoscevo minimamente ma rimasi così colpito dal suo stile e dal suo approccio al video che decisi di andare a Partinico per incontrarlo”, racconta a FqMagazine Ruggero di Maggio, che per anni filmò con continuità la vita di Maniaci, il giornalista e conduttore che da oltre vent’anni anni con la sua emittente tv, Telejato, dà spazio alla lotta alla criminalità organizzata. L’altro volto di Vendetta è invece Silvana Saguto, per molti anni uno dei giudici in prima linea nella lotta alla mafia in Sicilia. Diventata presidente della sezione Misure di Prevenzione, è finita sotto inchiesta per la gestione dei beni confiscati alla mafia ed è stata radiata dalla magistratura.
Come s’intrecciano le storie dei due protagonisti della serie Netflix – Ma quando e come s’intrecciano le storie dei due protagonisti? Nel 2013 Maniaci inizia a condurre una serie di inchieste su gravi episodi di corruzione a carico di alcuni rappresentanti della magistratura siciliana, focalizzandosi proprio sulla Saguto. Maniaci accusa l’allora magistrato di aver sequestrato indebitamente dei beni, addebitando compensi eccessivi per la loro amministrazione, e di aver portato diverse imprese in bancarotta con la complicità del marito e di alcuni collaboratori. La Saguto a sua volta accusò Pino Maniaci di favorire la mafia e nel 2016 la procura di Palermo indaga il giornalista per diffamazione ed estorsione, ipotizzando l’utilizzo del cosiddetto “metodo a tenaglia” per denigrare o esaltare attraverso i suoi servizi tv mafiosi e politici locali in cambio di pagamenti in denaro. Nello stesso anno anche la Saguto viene indagata: a suo carico ci sono 39 capi d’accusa tra cui corruzione, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. Entrambi si proclamano innocenti e vittime di una vendetta ed entrambi credono che l’altro sia colpevole. Vendetta: guerra nell’antimafia si conclude con i verdetti di primo grado di Pino Maniaci e Silvana Saguto. Nell’aprile 2021 il primo viene assolto in primo grado dalla condanna di estorsione e condannato solo per la diffamazione ad 1 anno e 5 mesi. La Saguto è stata invece riconosciuta colpevole di corruzione e condannata in primo grado a 8 anni e 6 mesi.
Com’è nata la docuserie (e com’è strutturata) – Ha dunque radici lontane Vendetta: guerra nell’antimafia e la realtà ha preso così tanto il sopravvento da sembrare una sceneggiatura. “Penso ad esempio all’arresto di Maniaci, un twist decisivo della storia. Lui è un personaggio unico anche per noi che siamo cresciuti nella Palermo post stragi, assediata esercito: abbiamo seguito la traiettoria antimafia e Maniaci è un personaggio sui generis che ci ha permesso di raccontare la realtà uscendo dal cliché di santi ed eroi, per quanto di eroi veri ce ne siano stati per fortuna molti”, osserva Davide Gambino. L’accesso alle fonti, l’incredibile archivio di TeleJato (che si somma alle Teche Rai e filmati della tv francese), le interviste e il desiderio dei protagonisti di chiarire la loro verità, s’impastano dando vita ad un racconto unico. “Abbiamo cercato, avendo tempo a disposizione, di esporre i loro punti di vista che sono ovviamente opposti e divergenti. Noi invece ci siamo posti come osservatori neutri: offriamo spunti e ipotesi ma sta allo spettatore comprendere attraverso il conflitto dove può stare la verità“, spiega di Maggio, figlio di una giudice che nella sua carriera si è occupata anche di mafia, infliggendo ergastoli pesanti.
La reazione di Maniaci e Saguto dopo l’uscita della serie – Ma qual è stata la reazione di Pino Maniaci e Silvana Saguto dopo l’uscita della serie Netflix? “Non hanno avuto modo di vedere la serie in anteprima dunque non abbiamo feedback da parte loro. Non sappiamo quale sia il loro punto di vista”, spiegano i registi e produttori a Fq Magazine. “Noi pensiamo di essere stati oggettivi, di non esserci fatti influenzare e di aver raccontato con un punto di vista “laico” le loro vicende umane e professionali: non ci interessava assolvere o affossare i protagonisti ma solo raccontare una storia e permettere alla realtà di disvelarsi. Il nostro punto di vista resta sottotraccia – anche se esplicitiamo la nostra idea, che l’antimafia vada curata più che sacralizzata – poi è lo spettatore a dover trarre le sue conclusioni“. E come reagirà il pubblico internazionale di fronte a quella che appare come una storia profondamente italiana e come tale locale? “È vero, è una storia apparentemente locale, una storia che nasce a Partinico, ma ragiona su temi universali e proprio per questo non interesserà solo al pubblico italiano. Questo è ciò che speriamo e intanto osserviamo la realtà e l’evolversi delle storie di Maniaci e Saguto e pensiamo a una seconda stagione di Vendetta”.