Schierati in 4-4-2, i bianconeri vanno a segno con Federico Chiesa nella ripresa, in casa a Torino. La squadra allenata da Thomas Tuchel raggiunge il 70% di possesso palla (soprattutto nel primo tempo), ma non trova spazio
La miglior Juventus della stagione. Forse non sul piano del gioco, perché le idee sono quelle di 40 anni fa, catenaccio puro e contropiede, novanta minuti in casa come l’ultima delle provinciali, baricentro basso, tutti dietro la linea della palla e due linee da quattro, magari anche da cinque a proteggere la porta. Però se batte i campioni d’Europa senza Morata e Dybala ed è primo nel girone a punteggio pieno, ha comunque ragione Allegri. E la Juve lo fa. A Torino, vince 1-0 contro il Chelsea grazie al gol del solito Chiesa, la sua stella, l’unica che le è rimasta ma che unita a una dose massiccia di sana difesa all’italiana e del vecchio spirito juventino basta per una piccola impresa, viste le premesse.
Allegri del resto doveva inventarsi qualcosa senza l’intero attacco titolare a disposizione e allora fa quello che gli riesce meglio: difende, imbriglia gli avversari. Lascia inizialmente in panchina anche l’unica punta che gli rimane, Kean, schierando come uomini offensivi Chiesa, Cuadrado e Bernardeschi. Sembra un tridente leggerissimo ma in realtà non è nemmeno quello, la Juve continua a vestire l’abito un po’ impiegatizio del 4-4-2 di questo inizio stagione, senza disdegnare a tratti proprio la difesa a 5.
Non è questione di modulo, né di uomini ma di atteggiamento. L’avvio dei bianconeri è quasi imbarazzato: 15 minuti nella propria trequarti, ad assorbire gli attacchi del Chelsea, quasi per timore reverenziale nei confronti dei campioni in carica. Un unico proposito: aspettare bassi, chiudere le linee di passaggio, ripartire a tutta velocità se e quando si può. Sembra troppo poco ma il piano funzionerà: il Chelsea sfiorerà picchi anche del 70% di possesso palla (soprattutto nel primo tempo, meno nella ripresa), ma in tutta la gara non troverà uno spazio, nemmeno uno spiraglio.
Dopo l’avvio fin troppo rinunciatario, tutta quella vischiosità in mezzo al campo sembra impantanare la manovra inglese. La Juventus invece prende coraggio, o almeno fiducia, determinazione. Quella della vecchia Juve, che mancava da mesi e si rivede finalmente stasera. Si procura anche un paio di occasioni, le uniche vere del primo tempo. Rabiot vanifica un ottimo contropiede sbagliando l’ultimo passaggio in campo aperto. Fa meglio Chiesa, che sfiora il gol. È il segnale che il match sta prendendo la giusta direzione, quella pianificata da Allegri.
Il vantaggio arriva nella ripresa: neanche il tempo di farla iniziare, una manciata di secondi bastano al solito Chiesa per inserirsi sull’assist di Bernardeschi e bruciare tutti. L’1-0, tutto sommato meritato se guardiamo almeno alle occasioni, manda ulteriormente in tilt la già confusionaria squadra di Tuchel. Ancora in contropiede, e come altrimenti, Bernardeschi ha la palla del raddoppio, ma non serve nemmeno per chiudere la gara: la difesa della Juve guidata da Bonucci la controlla tranquillamente.
La partita del Chelsea invece è un po’ tutta nella partita di Lukaku. Nulla, quasi inesistente. L’unica palla buona che gli capita, praticamente al 90’, se la divora spedendo alto sopra la traversa da buona posizione. A dimostrazione che, quando marcato a uomo da grandi difensori, come già in Serie A con l’Inter contro la Juve, o come agli Europei col Belgio contro l’Italia, non è l’inarrestabile macchina da gol di tutte le altre partite. Ma anche che il gioco del Chelsea, tutto tocchi in orizzontale, che lo coinvolge così poco, non è forse il più adatto alle sue caratteristiche. O viceversa lui magari non è il miglior centravanti possibile per Tuchel, questione di punti di vista. Sta di fatto che il Chelsea campione d’Europa a Torino fa una magra figura. La Juventus certo non incanta, però vince. Il doppio scontro con lo Zenit che doveva valere la qualificazione adesso fa meno paura. E persino il primo posto è possibile. Allegri sorride, col suo sorriso sornione. È la prima volta da quando è tornato a casa.
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