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Denise Pipitone, l’accusa dei pm di Marsala: “Rischio di inquinamento indagini indotto dal racconto di numerose trasmissioni tv”

Nella richiesta di archiviazione per quattro indagati - due per false informazioni e due per sequestro di persona - le critiche della procura alla "modalità con le quali, ormai in modo martellante e quasi asfissiante, numerose trasmissioni televisive, social permanentemente attivi, siti internet dedicati, si occupano della scomparsa della piccola Denise"

di F. Q.

L’intricato e complesso caso di Denise Pipitone, la bimba scomparsa nel nulla il 1 settembre del 2004 da Mazara del Vallo, vede aggiungersi un nuovo capitolo giudiziario. Una richiesta di archiviazione della procura di Marsala per quattro indagati – Antonella Allegrini, Anna Corona, Giuseppe Della Chiave e Paolo Erba – che però in 56 pagine mette sotto accusa il circo mediatico (e l’espressione benché logora non può essere che più adatta) che da anni spinge sulla pista ogni genere di personaggi, fa intravedere ipotesi, sollecita percorsi investigativi alternativi, contando su un pubblico da sempre partecipe all’ignoto destino della piccola. E la valutazione durissima ricade anche sul comportamento dello storico legale di parte civile, l’avvocato Giacomo Frazzitta.

Per gli inquirenti c’è un “altissimo rischio di inquinamento delle indagini … indotto dalle modalità con le quali, ormai in modo martellante e quasi asfissiante, numerose trasmissioni televisive, social permanentemente attivi, siti internet dedicati, si occupano della scomparsa della piccola Denise”. E in considerazione del consistente numero di programmi tv che si sono occupati del caso, l’accusa può considerarsi quasi trasversale. I pm parlano anche di “insano rapporto indissolubile tra le parti processuali e i giornalisti” e di “cortocircuito mediatico-giudiziario potenzialmente. idoneo a ingenerare false piste e inutili speranze“. La gara a evitare “il buco”, ad anticipare notizie ancora in fieri, ha rischiato di danneggiare le indagini.

La scomparsa di Denise “è stata oggetto di un’attenzione mediatica che ciclicamente l’ha riportata alla ribalta nell’opinione pubblica, nonostante gli anni ormai trascorsi dall’evento. Sono stati tali prosceni, soprattutto televisivi, a indurre nel tempo – si legge nell’atto – ed in più occasioni a riaprire indagini finalizzate a far luce su quanto accaduto…”. E proprio l’ultima vicenda quella di Oleysa Rostova, una ragazza russa che cercava la sua famiglia e aveva una somiglianza fisica con la mamma di Denise Piera Maggio, ha arricchito questo fascicolo già aperto e destinato al giudice per l’archiviazione degli indagati. Dopo la scoperta che la 20enne russa non era Denis, l’attenzione sul caso invece di spegnersi si è ampliata. Ipotesi, racconti suggestivi o addirittura inventati di testimoni coinvolti emotivamente dal martellamento costante.

GLI INDAGATI E LE INVENZIONI DEI MITOMANI– Ad Allegrini ed Erba, marito e moglie, si contesta il reato di false dichiarazioni al pubblico ministero. Lei ha raccontato di aver raccontato di aver visto Denise nell’hotel in cui lavorava Corona, ex moglie del padre naturale di Denise, di aver sentito piangere la bimba e di averla intravista. Smascherati dagli inquirenti – che hanno accertato come non potessero essere fisicamente in Sicilia – hanno confessato di essersi inventati tutto. Per quelle dichiarazioni Corona, la cui posizione in passato era stata già archiviata, è finita iscritta nel registro degli indagati per sequestro di persona. Stesso reato contestato a Giuseppe Della Chiave, nipote di un teste sordomuto, Battista Della Chiave (morto nel 2015), che in una ricostruzione televisiva, aveva mimato il rapimento della bambina, sostenendo che l’autore fosse il nipote che poi avrebbe affidato la vittima a un gruppo di nomadi.

Prima di essere sentita dai pm Allegrini aveva contattato Frazzitta raccontandogli di fatto una favola. La donna aveva dichiarato e confermato anche di aver sentito la frase: “Perché l’hai portata qui?”. Gli accertamenti bancari hanno provato che i due mentivano, non erano a Mazara del Vallo ma a Roma. Eppure quel racconto, condito anche dalla fisionomia di Anna Corona, poteva essere credibile. “La vicenda” di Denise, scrivono i pm, “è descritta così in dettaglio che chiunque potrebbe avere il ruolo di testimone. Navigatore del web o spettatore di talk show sarebbe in grado di raccontare tutti i dettagli. Mitomani di ogni sorta e personaggi in cerca d’autore purtroppo si inseriscono indebitamente in questa vicenda ed è forte il rischio che persone innocenti vengano consegnate all’opinione pubblica come mostri da sbattere in galera“.

Molti programmi hanno continuato a seguire il caso. “Il forte impatto mediatico ottenuto (dopo il caso Rostova, ndr), però, non si affievoliva, poiché diverse testate giornalistiche televisive, partendo da quella vicenda, reinserivano la scomparsa della piccola Denise Pipitone nella programmazione quotidiana dei loro palinsesti come fatto di cronaca di primario rilievo. La rinnovata curiosità, spesso concretizzata nella ridondante diffusione mediatica di immagini del processo già concluso – rilevano gli inquirenti – con la sentenza passata in giudicato … o nella pretesa di una diversa e nuova interpretazione di dati processuali pure abbondantemente vagliati da Giudici si concentrava inevitabilmente sui soggetti già attinti da indagini: Anna Corona, e la figlia Alice Pulizzi, o, addirittura su persone già assolte definitivamente, come nel caso di Jessica Pulizzi“, la sorellastra di Denise assolta dalla Cassazione.

IL CASO DELL’EX PM CHE INDAGO’ SULLA SCOMPARSA – “In particolare, veniva dato nuovo e rinvigorito risalto alle dichiarazioni rese (giusto per usare un eufemismo) da un soggetto sordomuto nel 2013 dinanzi l’allora difensore della persona offesa (e poi in qualche modo ripetute al pubblico ministero), attraverso le quali – oltre a tornare sempre su Corona Anna e sulle sue figlie … si adombrava la presunta complicità nel sequestro di Denise di Giuseppe Della Chiave e della (oggi) moglie Loredana Genna”. In questo contesto si sono inserite anche le dichiarazioni dell’ex pm del caso Maria Angioni che “dopo una prolungata serie di apparizioni televisive in tutte le numerose trasmissioni dedicate appunto alla vicenda de qua, diventava destinataria di una serie di mail” e finita a sua volta imputata per false informazioni al pm per il quale dovrà comparire dinanzi il Giudice monocratico di Marsala il 23 dicembre prossimo.

Senza contare che la procura sottolinea come alcune intercettazioni siano state riascoltate proprio dopo che diverse trasmissioni avevano dato risalto a una equivoca interpretazione delle conversazione captate all’epoca: “Nessuna ulteriore frase, in ipotesi utile alle indagini in corso, veniva evidenziata con il nuovo lavoro eseguito servendosi delle migliori tecnologie oggi in dotazione alle più qualificate forze dell’ordine”. Nessuna delle ipotizzate frasi su Denise sono risultate esistenti. Anche le ispezioni di un garage e di un pozzo indicate da un altro personaggio come possibili nascondigli non hanno dato riscontri. Gli investigatori sono stati impegnati per mesi a verificare fandonie.

“Come era prevedibile, la riapertura delle indagini e il clamore mediatico che ne conseguiva provocavano il sopraggiungere di ulteriori segnalazioni (oltre a quelle già menzionate, che ne avevano determinato la riapertura), le più suggestive delle quali mediate dal legale difensore di Piera Maggio il quale – in più di una occasione – trasmetteva in Procura esposti da lui personalmente ricevuti da persone asseritamente in grado di fornire informazioni sul sequestro della bambina”. Come nel caso di una cittadina di origini marocchine che sentita poi aveva dato una ricostruzione diversa di presunte confidenze di Anna Corona, e come quella decisamente clamorosa di Allegrini ed Erba.

Cosa aveva raccontato la cittadina straniera? Che essendo volontaria di una associazione animalista aveva conosciuto Anna Corona per il caso di un gattino che aveva deciso di tenere. L’aveva invitata a casa per vedere l’animale senza sapere chi fosse. Ad un certo punto le aveva chiesto, avendo saputo chi era, che fine avesse fatto quella bambina di cui avevano parlato e la Corona “improvvisamente, cambiando l’espressione del viso e divenendo con occhi cattivi, si alzava in piedi e poggiando i gomiti sul tavolo si avvicinava al volto della donna profferendo le seguenti parole. A picciridda morse picchi io a Piera Maggio ci mangio u core“. La bimba stando a questo racconto sarebbe stata custodita in un magazzino, una dichiarazione che la Corona avrebbe fatto il giorno dopo. Un racconto fatto all’avvocato che poi aveva trasmesso alla procura, che a sua volta nel giro di un paio di giorni aveva raccolto la testimonianza in aprile. Un racconto reso “in considerazione degli appelli fatti in tv in cui si invitava a dare notizie utili su Denise”. Sentita dagli inquirenti la donna aveva specificato che la Corona non aveva parlato del magazzino ma lo aveva ipotizzato e che lei lo aveva spiegato bene al legale.

L’AVVOCATO FRAZZITTA E I GIUDICI “PUERILI” – Diverso il caso di Antonella Allegrini. Dopo essere stata convocata dalla procura la donna, spaventata, chiama Frazzitta. Le loro conversazioni vengono intercettate. “Ed invero, l’avvocato, anziché assumere un atteggiamento neutro e di prudenziale attesa, non potendo naturalmente essere a conoscenza della eventuale falsità delle dichiarazioni della donna reagiva – si legge nel documento – a tale notizia con immotivata rabbia, esprimendo giudizi pesanti sui magistrati inquirenti: ‘ … sono puerili.. Perché i magistrati fanno schifo cara signora! I magistrati fanno schifo in Italia lo dobbiamo dire e sta succedendo anche nel caso Denise se ne stanno andando ad indagare la collega (la dott.ssa Angioni, ndr) … qual è l’urgenza di andare ad indagare la collega in questo momento”. E ancora, rispondendo alla donna che gli esprimeva dubbi sulla reale volontà degli inquirenti di arrivare alla verità aggiungeva: “Anche io ho incominciato a pensare questo. Anche io ho incominciato a pensare questo e sono contento che anche lei me lo sta dicendo anche io ho incominciato a pensare questo perché facendo in questa maniera, vista che la dottoressa Angioni era quella che aveva inquisito tutti e vista che sono tutti reticenti. Evidentemente in questa maniera si potenzia la reticenza. Non ci hanno pensato perché loro pensano a loro, perché loro pensano al fatto che la Angioni ha fatto l’esposto al Csm loro devono fare di più della Angioni ha capito qual è la questione? Ed in tutta questa storia chi ne subisce le conseguenze sono i cittadini”.

La donna ha una vacanza in programma e non vuole andare a testimoniare. L’avvocato le suggerisce questo: “Lei la cosa della vacanza non ce la deve dire, per favore, non gliela dica la prego, ascolti quello che le dice un fratello. Lei deve dire che avete impegni importanti”. Che prosegue riferendosi ai pm: “Hanno un’arroganza che sono capaci di arrestarmi, loro sono i padroni del mondo”. Una volta indagata per false informazioni ai pm la donna richiama il legale. Che dice: “Sono impazziti, sono scioccato. Dobbiamo trovare in tutte le maniere un elemento che la porti a Mazara del Vallo”. Per i pm la condotta di Frazzitta pur non essendo penalmente rilevante “ha contribuito ad accrescere l’intensità del dolo della donna“.

Riascoltata dai magistrati la donna finalmente ammette: “… Mi sono inventata tutto, ma non riesco a trovare una motivazione per cui ho fatto tutto questo; sarò stata suggestionata, non volevo fare del male a nessuno. Era una cosa da dire: era utile per accertare la verità. In realtà la televisione mi ha suggestionata molto. Ho maturato un grosso dispiacere per il sequestro di una bambina e ne ho fatto un caso personale. Sono stata martellata da trasmissioni televisive che non fanno altro che parlare del sequestro della bambina e ho ritenuto che fosse giusto fare quello che ho fatto. Ho dato seguito all’appello televisivo senza una ragione particolare. Non so per quali ragioni mi sono inventata una storia che non sta in piedi… Sono dispiaciuta per quello che è successo e andrò da uno psicologo per verificare le cause di quanto accaduto“. E ritratta anche il marito.

LA VISCHIOSA COMMISTIONE CON I GIORNALISTI – Ed è a questo punto che riemerge ancora il ruolo dei programmi tv. “Le intercettazioni telefoniche e ambientali captate nel corso delle indagini (di questi presunti testimoni, ndr) danno conto di una vischiosa commistione tra protagonisti della vicenda, giornalisti e parti processuali in grado di fuorviare e compromettere la genuinità di delicati passaggi investigativi e in ultima analisi l’utile raggiungimento di un obbiettivo finale”. Il caso su cui puntano gli inquirenti è quello di Antonella Allegrini “se non per dire come – quasi volendo pensare all’esistenza di una regia occulta – l’esistenza di un testimone chiave proveniente da Roma che aveva alloggiato presso l’hotel Ruggero di Mazara del Vallo il giorno del sequestro della bambina era stato anticipato più volte da numerose testate giornalistiche televisive e non, prima ancora che esso prendesse effettivamente corpo. In più di una occasione il fulcro delle indagini veniva mediaticamente spostato qua e là da sapienti (nel senso debole del termine: che sapevano già) menti che preannunciavano percorsi investigativi poi effettivamente sviluppati in quanto dovuti a seguito di questo o di quel deposito di atti; di questo o di quel suggerimento circa la valorizzazione di un’intercettazione già agli atti”. “L’influenza dei media è a tale punto che essi non si limitano a raccontare gli eventi piuttosto, spesso, in una gara a chi arriva prima tra diverse testate giornalistiche, a provocarli. E tali eventi hanno pure una sgradevole referenza sulle indagini in corso”.

La procura ha quindi chiesto l’archiviazione il 4 settembre, firmata dai Calogero Roberto Piscitello e Giuliana Rana e dal procuratore capo Vincenzo Pantaleo, con questa motivazione: “Allo stato, tuttavia, non sembrano percorribili utili spazi investigativi oltre alla notevole mole degli accertamenti disposti da aprile ad oggi. Soltanto se e quando chi ha commesso l’inumana azione di privare della libertà e dell’affetto dei suoi cari una bambina di quattro anni ( ovvero chi di tale gesto è stato effettivo testimone) deciderà di rivolgersi alla Procura della Repubblica o ad una forza di Polizia, potrà questa vicenda trovare un colpevole che, allo stato, purtroppo, non è possibile individuare“.

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