“Il centro è vicino, ci puoi andare a piedi, ma da un punto di vista politico e istituzionale sembra distante chilometri”. Vincenzo Torraco ha un banco di frutta e verdura al mercato di piazza “Cerignola”, il cuore di Barriera di Milano, quartiere della periferia nord di Torino. Qui nel Dopoguerra sono arrivati migliaia di pugliesi per lavorare in fabbrica. Ma con il nuovo Millennio, il flusso è cambiato e il quartiere è diventato la casa di tante famiglie provenienti dall’estero. Oggi è diventato un crocevia delle migrazioni dove il tarallificio pugliese convive con la macelleria halal. Una zona che per la sindaca uscente Chiara Appendino rappresenta un “grande rimpianto”: “Se avessimo avuto più risorse saremmo intervenuti maggiormente in quel quartiere – ha spiegato lei stessa di pochi giorni fa – purtroppo non c’erano le condizioni per farlo”.

Barriera di Milano è uno dei quartieri più giovani di Torino. Qui il 35% degli abitanti ha meno di 20 anni. Tra di loro c’è anche Don Ali, di origine marocchina. È arrivato in Italia quando aveva tre anni e Barriera è diventata la sua casa. Nel 2018 ha iniziato a pubblicare storie su Instagram delle sue “scorribande” arrivando fino a 180mila follower prima di essere bloccato per i contenuti “troppo spinti”. Vive in una casa popolare e quando un giorno è andata via l’acqua e la corrente ha preso una vasca, l’ha portata in mezzo alla strada e si è fatto il bagno in mezzo alle auto. “Ho usato la mia popolarità per far arrivare il nostro problema a qualcuno – spiega lui mentre passeggia per il suo quartiere – perché se no a chi cazzo gliene frega di noi?”. E quando gli si chiede quali siano i problemi non ha dubbi: il lavoro. “Ho fatto il cameriere qualche volta. Ho lavorato tredici ore e mi hanno dato cinquanta euro. Così non va perché i ragazzi quando vedono che ti spacchi il culo e ti danno 50 euro, dicono ma perché non vado a smazzare un chilo d’erba che guadagno di più stando seduto. Così crescono i ragazzini qui”.

Poco più in là ci sono i giardini Alimonda. “Qui dove siamo seduti una volta c’erano gli spacciatori” spiega l’82enne Vitto Taus. È arrivato in Barriera di Milano a 16 anni dalle Marche con un materasso sulle spalle “perché nella casa dove andavamo ad abitare non c’erano nemmeno i letti”. Qui c’erano le fabbriche e c’era il lavoro. “Questa è la grande differenza rispetto a oggi – ricorda – oggi per i ragazzi è molto più difficile realizzare i sogni anche se hanno costanza”. Ama il suo quartiere e insieme ad alcuni coetanei ha iniziato a prendersi cura di questi giardini al confine tra i quartieri di Barriera e Aurora: “Anche se una volta era tutto Barriera dl’Emme” racconta Taus. Hanno iniziato a pulire i giardini e a montare una rete di pallavolo nei giardini dove regnava lo spaccio. È venuta pure la sindaca a giocare. “Abbiamo iniziato a dare fastidio” organizzando carnevali con oltre settecento bambini. Sempre per combattere il degrado. Ma la vera emergenza qui è quella del lavoro: “Chi amministrerà la città dovrà impegnarsi a usare manodopera del quartiere per i grandi progetti che dovrebbero interessare quest’area. Solo così si può pensare di far ripartire la zona”.

La disoccupazione rappresenta uno dei problemi principali da affrontare non solo nel quartiere, ma in tutta la città. A Torino, il 4% della popolazione dell’area metropolitana percepisce il reddito di cittadinanza. Il doppio rispetto a Milano (2,5%) e Bologna (1,9%). Tra questi c’è Umberto che aveva un banco al mercato di via Porpora, ma ha dovuto abbandonarlo e oggi sopravvive grazie al reddito di cittadinanza: “Senza quello non sapremmo come tirare avanti”. Vive insieme a sua moglie Zenobia e ai suoi quattro figli in una casa popolare di 43 metri quadri. “Ci arrangiamo come possiamo, io dormo sul divano e nell’altra stanza mia moglie insieme ai figli” spiega mentre prepara un caffè. Dal 2015 chiede all’agenzia per la casa di poter avere un’abitazione più spaziosa: “Ma continuo a non ricevere risposte”. Il suo caso non è isolato come spiega il sindacato Asia Usb che segue la sua vicenda. Dal nuovo sindaco vorrebbe le risposte che non ha mai avuto in questi anni: “A noi che viviamo qui non ci interessano i grandi progetti o i grandi eventi come gli Atp Finals, ma vorremmo avere una casa e un lavoro”.

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