Nell'aprile scorso la Corte costituzionale ha decretato l'incostituzionalità della legge che impedisce ai detenuti per reati di tipo mafioso e terrorismo di accedere alla libertà condizionata se non hanno collaborato, concedento al Parlamento un anno di tempo per riscriverla. In commissione Giustizia alla Camera audita l'Associazione nazionale magistrati e il procuratore nazionale antimafia
A sette mesi dalla sentenza della Consulta, il Parlamento comincia a occuparsi della legge sull’ergastolo ostativo. La commissione Giustizia della Camera ha iniziato le audizioni sulla norma che impedisce ai detenuti per reati di tipo mafioso e terrorismo di accedere alla libertà condizionata se non hanno collaborato. Nell’aprile scorso la Corte costituzionale ha decretato l’incostituzionalità di quella legge, concedento al Parlamento un anno di tempo per riscriverla. Se il legislatore non interverrà, modificando l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, pure i mafiosi stragisti che non hanno mai collaborato con la giustizia, come Giuseppe Graviano, potranno chiedere di accedere alla libertà vigilata dopo aver scontato 26 anni di carcere.
Oggi in commissione sono stati auditi i vertici dell’Associazione nazionale magistrati. Il presidente Giuseppe Santalucia ha insistito sulla distinzione tra chi collabora e chi no: “Mi chiedo se non sia il caso di mantenerla”, ha detto Santalucia, che ha ricordato che quello che è “costituzionalmente inaccettabile è che ci sia una preclusione assoluta all’accesso ai benefici” per i detenuti che non collaborano “ma nulla vieta al legislatore, una volta ammesso anche il non collaborante al beneficio, di diversificare tra coloro che collaborano questo funziona da incentivo alla collaborazione con la giustizia“. Un’altra perplessità di Santalucia è legata alla valutazione relativa al cumulo delle pene per l’accesso ai benefici, prevista da una delle proposte di legge. “Con la restrizione dell’accesso ai benefici legata all’inscindibilità del cumulo delle pene in caso di più condanne la proposta si pone in contrasto con la giurisprudenza di legittimità ed entra in frizione anche con alcune indicazioni della Consulta – ha osservato – Una volta che il detenuto per un reato ostativo ha espiato interamente la pena prevista per quel reato, non si vede per quale ragione debba mantenere una refrattarietà all’accesso a benefici: significherebbe fare del detenuto un detenuto ritenuto pericoloso anche se la pena è tata espiata”.
Sul tavolo della commissione Giustizia ci sono tre proposte di legge. Quella firmata dai 5 stelle, Vittorio Ferraresi, Alfonso Bonafede e Giulia Sarti si preoccupa di escludere i mafiosi dalla modifica ordinata dalla Consulta. Occorrerà fornire “elementi concreti” che certifichino la lontananza dai clan, ben più evidenti della “mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale”per accedere alla libertà condizionale – ma pure ai permessi premio, la cui preclusione per gli ergastolani ostativo , ma anche ai permessi premio. Servirà giustificare i motivi della mancata collaborazione e dimostrare di aver risarcito le vittime del reato commesso o dimostrare di non poterlo fare per questioni economiche. In più a decidere sulla liberazione deve essere un unico ufficio, creato all’interno del Tribunale di sorveglianza di Roma: un modo per evitare la sovraesposizione dei giudici dei vari distretti. Fratelli d’Italia, nella sua proposta di legge, chiede che il magistrato di sorveglianza possa acquisire “dettagliate informazioni” per escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organuizzata. Anche il Pd, con Enza Bruno Bossio, ha depositato una proposta di legge che però esclude l’obbligo di chiedere il parere delle procure antimafia prima di concedere i benefici.
Per questo motivo il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, ha richiamato l’importanza di dare “uniformità alle valutazioni per il riconoscimento dei benefici” e ha sottolineato che “l”aspetto che determina qualche perplessità è che la modifica” introdotta da una delle proposte “lascia al giudice una discrezionalità illimitata nell’individuazione dei confini entro i quali concedere l’accesso ai benefici stessi”. Quanto agli elementi che consentono di stabilire che il detenuto non abbia più contatti con la mafia ha espresso “apprezzamento per l’intervento che mira a dare una disciplina che consenta di valutare di volta in volta he il detenuto non sia ancora mafioso ma – ha osservato – alcuni ulteriori accorgimenti andrebbero adottati”.