Il decreto di fermo da parte della procura non accolto da parte del giudice per le indagini preliminari nei confronti di due indagati – che furono quindi scarcerati – per la strage della funivia del Mottarone aveva innescato una polemica che ha portato fino al Csm. Oggi la procura di Verbania, che aveva fatto ricorso, ha nuovamente richiesto la misura cautelare. Oggi si è tenuta davanti al Tribunale del Riesame di Torino la discussione sulle posizioni del gestore dell’impianto Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio. La procuratrice Olimpia Bossi ha insistito per l’applicazione di una misura cautelare per i reati di rimozione dolosa di cautele contro gli incidenti e omicidio colposo; i fermi non furono cobvalidati dalla gip Donatella Banci Buonamici per la mancanza di gravi indizi di colpevolezza. I difensori si sono opposti. I giudici si sono riservati la decisione.

Decisione che le difese dicono di aspettare “con serenità. E non è una frase di circostanza” come ha spiegato l’avvocato Andrea Da Prato, difensore di Perocchio, direttore di esercizio della funivia Stresa-Mottarone. “È stato lo stesso materiale depositato dal pubblico ministero ad esserci di aiuto. E noi riconosciamo la lealtà della procura” ha dichiarato l’avvocato Pasquale Pantano, legale del gestore. Il riferimento è alle ultime testimonianze raccolte dagli inquirenti e, in particolare, quella di un ex dipendente che ha consegnato un file audio di una conversazione che ebbe nel 2019. Per garantire il funzionamento della funivia del Mottarone molte deleghe erano state affidate dai vertici al caposervizio Gabriele Tadini. E il personale seguiva delle regole precise imposte da lui, uno degli argomenti proposti dalle difese nel corso della discussione. Al centro dell’udienza di oggi non c’è stata la gestione complessiva della funivia ma soltanto l’incidente del 23 maggio, quando una delle cabine cadde al suolo causando la morte di 14 persone: è un capitolo dell’inchiesta che riguarda la rimozione volontaria di cautele e, in particolare, la decisione (attribuita a Tadini) di bloccare il sistema frenante con i cosiddetti “forchettoni”.

Secondo le difese anche le nuove testimonianze raccolte dagli inquirenti (compresi i file audio delle conversazioni avute nel 2019 da un ex dipendente) non permettono di cambiare lo scenario. Quanto a Perocchio non è possibile nemmeno parlare di rischio di reiterazione del reato perché lo scorso giugno il tecnico è stato (a titolo cautelativo) sospeso dall’Ustif e ha temporaneamente lasciato i suoi incarichi, tra cui quello di direttore di esercizio degli impianti di Rapallo e del Pisa Mover.

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