Lo rendono noto, dopo un'indagine a campione svolta su tutto il territorio nazionale, i carabinieri forestali e Crea nell'Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, il "termometro verde" per misurare la vitalità degli alberi e il loro contributo per mitigare la "febbre planetaria", ossia l'innalzamento globale delle temperature
Quasi 587mila ettari di nuove boschi in 10 anni. La superficie boschiva in Italia è aumentata in Italia e quindi anche la capacità di assorbire anidride carbonica: fino 290 milioni di tonnellate di Co2 in più. A renderlo noto è l’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, il “termometro verde” per misurare la vitalità degli alberi e il loro contributo per mitigare la “febbre planetaria“, ossia l’innalzamento globale delle temperature: si tratta di un monitoraggio periodico a campione, condotto dai carabinieri, con il supporto scientifico del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). La buona notizia arriva dopo un’estate durissima, in cui gli incendi hanno distrutto circa 110mila ettari di territorio.
“Le foreste svolgono un ruolo essenziale nel garantire gli equilibri naturali e ambientali globali – affermano gli esperti – affinché le contino nelle scelte e nelle strategie politiche ed economiche del Paese, bisogna prima di tutto contarle”. L’indagine, avviata nel 2013, si è conclusa all’inizio del 2020. Seguendo i criteri di ricerca internazionali, si è misurato il volume del fusto degli alberi – da 4,5 centimetri in poi -, dei rami grossi e della cima, fino a un diametro di 5 centimetri. Secondo i dati, l’attuale superficie boschiva italiana occupa 11 milioni di ettari – circa il 37% di tutto il suolo nazionale – con una crescita della sua consistenza di più del 18%, cioè da 144,9 a 165,4 metri cubi di biomassa. Questo si traduce in una maggiore quantità di inquinamento sottratto all’atmosfera: la Co2 assorbita è passata – secondo le stime – da poco meno di 1.800 milioni a quasi 201 mila milioni. Questa cifra corrisponde a ben 569 milioni di tonnellate di carbonio organico immagazzinato da alberi vivi, ma anche anche nel legno morto. Un aumento notevole rispetto agli esami del 2005 – la capacità di stockaggio era di 490 milioni – che fa ben sperare per il futuro. Solo un metro cubo di legno riesce infatti a trattenere 260 chilogrammi di carbonio anche per molto tempo.
L’Inventario racconta la situazione anche nelle diverse regioni: quelle con più alberi sono la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, che ne possiedono rispettivamente il 10.4%, il 9.8% e l’8.7% del totale. In coda alla classifica ci sono invece Puglia, Valle d’Aosta e Molise – le ultime due per la loro dimensione ridotta -, con contributi che variano tra l’1.0% e l’1.3% del totale, a seconda della diversa composizione di foreste e della presenza di coltivazioni. Le regioni del nord superano il quasi tutte – tranne Piemonte e Liguria – il volume medio di foreste contenute in un ettaro. Al sud lo fa invece solo la Calabria. La più virtuosa in questo senso è l’Alto Adige, che ne ha 343,2 metri cubi per ettaro, mentre in provincia di Trento ci sono 302,1 metri cubi per ettaro.
Le foreste – nota l’Inventario – non si trovano solo in montagna o in collina: il 37% della superficie forestale si trova a un’altezza di meno 500 metri sul livello del mare, soprattutto in Sardegna, Puglia, Toscana. Tra i 500 e 1.000 ce ne è un altro 35,7%. La restante parte è invece ad altitudini superiori, con una quota del 1.4% a più di 2mila metri, soprattutto nelle regioni alpine. Le specie sono in tutto 180, ma le più diffuse – che da sole rappresentano circa il 50% del totale – sono: il faggio, l’abete rosso, il castagno e il cerro. Un buon 25% è invece costituito da larice, roverella, carpino nero, leccio, abete bianco, pino nero e pino silvestre. Il monitoraggio di questi ecosistemi è una delle attività incentivate dal Green Deal Europeo, per il raggiungimento della neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050.