Le interdittive antimafia? “Mietono vittime”. Le leggi che regolano gli scioglimenti dei Comuni per infiltrazioni mafiose? “Puniscono intere comunità, che avevano espresso democraticamente la propria volontà“. Parola del senatore della Lega Gianluca Cantalamessa, 53 anni, di professione assicuratore, figlio dell’ex eurodeputato del Msi Antonio Nicola, ma soprattutto componente della Commissione parlamentare antimafia. Il leghista ha annunciato l’intenzione di depositare una “proposta legislativa” per cambiare le leggi sulle interdittive antimafia e sul commissariamento delle amministrazioni comunali contigue alla criminalità organizzata. L’uscita del parlamentare napoletano, eletto col proporzionale in Campania, risale a un incontro politico di un paio di giorni fa a Reggio Calabria. Ora, fatto salvo il concetto che le normative antimafia sono tutte migliorabili, resta insidioso parlare di interdittive che “mietono vittime” in una terra come la Calabria che, per giunta, sta per votare la nuova giunta regionale. E che detiene il record dei comuni commissariati dal 1991, quando venne introdotto l’istituto dello scioglimento per infiltrazioni mafiose.

Per sapere cos’ha detto Cantalamessa l’unica fonte è una nota che fa da resoconto del convegno, tenuto in un hotel reggino: a firmarla è Giacomo Saccomanno, commissario regionale della Lega che già a marzo aveva inviato una lettera ai militanti calabresi del Carroccio vietando di fatto ogni comunicazione con la stampa. Un “invito” che probabilmente è stato preso alla lettera dai giornali visto che, a distanza di due giorni dal convegno al quale ha partecipato tra gli altri l’imprenditore Andrea Cuzzocrea, nessun articolo è comparso sulla stampa locale.

E allora ci ha pensato Saccomanno a spiegare con un comunicato cosa si sono detti, in una conferenza stampa senza stampa. Il senatore ha sottolineato che quella su interdittive e scioglimento dei Comuni è “una normativa obsoleta che non è adeguata ai territori e che sta mietendo illustri vittime, con perdita di posti di lavoro, economia e aziende”. Secondo il capo del Carroccio in Calabria “per le interdittive si parla di oltre 100 aziende che sono finite nel mirino della Prefettura e spesso per lontane parentele e non collegate alla realtà delle condotte”. I due leghisti si spingono anche oltre sottolineando le “molte criticità nella normativa che oramai non è più adeguata ai tempi e che deve necessariamente essere rivisitata, al fine di evitare il conseguimento di effetti negativi, piuttosto che essere il punto di riferimento di una legislazione all’avanguardia e di anticipazione delle possibili condotte illecite. Concorde pensiero dei relatori – continua la nota – che hanno evidenziato la indispensabile necessità che vi sia preliminarmente un momento di concreto contraddittorio, al fine di non esporre i soggetti ad un primo atto che potrebbe distruggere l’azienda e che poi potrebbe essere ritenuto non adeguato”. Resta da capire cosa intendano i due con “momento di concreto contraddittorio“: una discussione tra inquirenti e titolari di aziende considerate contigue alla criminalità organizzata?

Eppure, all’incontro ci sarebbe stato (il condizionale è d’obbligo visto il silenzio che avrebbe caratterizzato la conferenza stampa) anche l’imprenditore Andrea Cuzzocrea. La sua presenza era stata annunciata dal commissario della Lega, ma poi non è chiaro se effettivamente Cuzzocrea abbia partecipato al convegno. Di sicuro, però, l’imprenditore è uno di quelli che può spiegare come la legge sulle interdittive antimafia funziona. La sua azienda edile, l’Aet srl, nel 2017 è stata interdetta dalla prefettura di Reggio Calabria e sottoposta a controllo giudiziario dal 2018 al 2020. Al termine delle indagini della guardia di finanza, infatti, la procura di Reggio Calabria sosteneva di avere “sufficienti indizi in ordine alla ‘permeabilità’ dell’azienda rispetto alle infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché in ordine alla agevolazione effettuata dalla società proposta in favore di soggetti legati alle cosche di ndrangheta, tali da determinare l’adozione dell’odierno provvedimento”. Dopo sei mesi e dopo aver eseguito tutte le verifiche del caso, però, a settembre la stessa Procura che aveva chiesto l’amministrazione giudiziaria dell’Aet srl ne ha disposto la revoca. Incassando il plauso di Cuzzocrea, che ha ringraziato la Dda, il Tribunale e l’amministratore giudiziario: “Sono stati rigorosissimi e conseguenziali”, erano state la parole dell’imprenditore.

Insomma, quello di Cuzzocrea è un caso che può servire ai leghisti per capire che la normativa sulle interdittive antimafia e sull’istituto delle amministrazioni giudiziarie consente allo Stato di procedere alle verifiche e, se è il caso, di restituire le imprese ai legittimi proprietari. E invece no: a pochi giorni dalle elezioni regionali, un parlamentare e il commissario regionale della Lega annunciano la necessità di modificare quelle norme. Ma non solo. Cantalamessa e Saccomanno, infatti, chiedono pure di cambiare pure le leggi sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Per i due leghisti bisogna “individuare le singole colpe e non punire intere comunità, che avevano espresso democraticamente la propria volontà”. E pazienza se quelle volontà equivalgono a consegnare la macchina amministrativa comunale ai clan. Da sottolineare che solo nei primi sei mesi del 2021 in Calabria sono state sciolte per mafia ben 15 amministrazioni comunali.

Ora arrivano i leghisti e propongono, praticamente, di alleggerire le norme che disciplinano lo scioglimento dei comuni. Una proposta che raccoglie la replica Franco Mirabelli, vicecapogruppo del Pd al Senato e capogruppo in Antimafia. “Credo sia preoccupante e inquietante la scelta della Lega di dare questo messaggio a pochi giorni dalle elezioni in Calabria e mentre molti osservatori stanno denunciando una offensiva delle mafie e in particolare la ‘ndrangheta per acquisire aziende e appropriarsi dei finanziamenti del Pnrr”, dice l’esponente dem. Che poi ricorda ai leghisti che quelle norme sono state aggiornate di recente: “Va ricordato che questa legislazione (sulle interdittive antimafia, ndr) è stata modificata di recente dando la possibilità alle aziende di proseguire la loro attività, salvaguardando l’occupazione e mettendo al posto dei vertici compromessi commissari di garanzia e dando più strumenti alle prefetture per fare più velocemente le verifiche”.

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