“Il Codice dei contratti pubblici, che pure è stato modificato numerosissime volte, non solo non è stato in grado di contribuire a ridurre gli illeciti, ma rischia, altresì, con le sue farraginosità e complicazioni, di ostacolare il conseguimento degli ambiziosi obiettivi assegnati al nostro Paese. Per questo l’Autorità ha richiamato con forza la necessità di semplificare la normativa vigente in un settore che rappresenta l’11% del Pil nazionale”. Lo ha sottolineato il presidente dell’Autorità Antitrust, Roberto Rustichelli, illustrando al Parlamento la Relazione annuale sull’attività svolta. La bocciatura del codice degli appalti arriva in vista delle emanazione della legge sulla concorrenza, rimandata a dopo le elezioni, e che, secondo Rustichelli. costituisce un’ “occasione irripetibile” per mettere mano al codice. La legge dovrà infatti regolare il sistema di realizzazione e gestione delle infrastrutture strategiche, oltre ad una serie di interventi per la rimozione di barriere all’entrata nei mercati.
“Troppo spesso, in nome di una malintesa cultura della legalità, ci si affida alla formulazione di nuove regole come argine rispetto al rischio di comportamenti illeciti. In realtà, l’elefantiasi normativa si traduce in una moltiplicazione dei luoghi e delle occasioni di corruzione. Il mercato necessita di poche regole, chiare e proporzionate”, ha proseguito Rustichelli nella sua relazione al Parlamento aggiungendo che “La corruzione, d’altra parte, continua ad essere un fenomeno radicato che va combattuto con forza, in quanto rischia di condizionare la nuova fase” e spiegando che il 74% dei procedimenti in materia di corruzione riguarda il settore degli appalti pubblici. Rustichelli ricorda poi come “Le incognite sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono molte, a partire da un quadro normativo ipertrofico che fa da freno agli investimenti. Il rischio è che gli ingenti flussi di risorse previsti dal Pnrr non riescano a tradursi tempestivamente in opere pubbliche, quindi in investimenti e in infrastrutture”.
L’ampio divario che caratterizza le dinamiche del sistema produttivo italiano rispetto al resto dell’Unione Europea si spiega, infatti, non solo sulla base del basso livello di investimenti e innovazione, ovvero delle carenze che caratterizzano il quadro istituzionale e amministrativo, ma anche per il deficit di concorrenza che si registra in diversi settori.
Tra gli altri punti salienti della relazione il giudizio sulla tassa minima unica globale del 15% per le multinazionale approvata in sede Ocse. Un passo nella giusta direzione secondo Rustichelli ma da solo non sufficiente per contrastare il fenomeno dell’elusione fiscale. Il numero uno dell’Antitrust attinge attinge ai dati messi a disposizione dall’economista di Stanford Gabriel Zucman ricorda che sono 27 i miliardi realizzati nel 2018 in Italia dalle multinazionali e spostati nei paradisi fiscali europei; 40 miliardi quelli spostati dalla Francia; 71 i profitti sottratti alla tassazione in Germania. A beneficiarne quasi sempre sei Stati: Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro e Malta. Nel complesso l’Europa è l’area più colpita da queste pratiche.
Infine il bilancio dell’attività svolta dell’Antitrust. Sulla base dei procedimenti per i quali sono disponibili dati definitivi, l’insieme degli interventi, concernenti diversi e importanti settori economici – dai trasporti aerei e marittimi ai servizi bancari e finanziari, dai prodotti assicurativi alla fornitura di energia elettrica e gas – ha comportato il riconoscimento di ristori a beneficio di oltre 580mila consumatori, per un importo complessivo restituito superiore ai 34 milioni di euro.