“Si tratta di una vicenda personale, ma non mi unisco al coro ipocrita di queste ore. Morisi è stato un uomo di potere, un cardine della Lega di Salvini, dal Viminale ha guidato una macchina responsabile del linguaggio di odio che si è riversato sul Paese. E del dolore inflitto a chiunque finisse sotto la sua Bestia“. A dirlo, in un’intervista a Repubblica, è il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano, 39 anni, ex ministro del Sud nel secondo governo di Giuseppe Conte. Non c’entra il garantismo, dice Provenzano, ma si parla “della spudorata doppia morale di Salvini: basti ricordare le parole usate nei confronti di Stefano Cucchi“. In queste ore di difficoltà i vertici del Pd avevano mantenuto un profilo basso.
Ma ora che Salvini grida al complotto Provenzano risponde che “sarà un auto-complotto: quel partito è in una crisi irreversibile, credo che la frattura sia reale e molto profonda. Giorgetti ha scaricato Salvini su tutto alla vigilia di un voto decisivo”. E tutto questo può avere conseguenze sul governo: “Se c’è un rischio – dice l’ex ministro – deriva dalle contraddizioni del centrodestra. Non sono ‘i partiti’, è il suo partito, la Lega“. Viceversa “la competenza di Draghi non può diventare un alibi per tutti gli altri”. Nel senso che “chi ha responsabilità la eserciti: il Pd se l’è assunta fino in fondo. La generalizzazione sui partiti è antipolitica, anche quando viene dal pulpito di Confindustria“.
Nell’intervista gli fanno notare che anche nel Pd c’è chi ha espresso il desiderio di mantenere Draghi a Palazzo Chigi anche dopo il 2023 – Quirinale permettendo – e Provenzano risponde: “Noi ora siamo impegnati a battere la destra alle amministrative e a sostenere questa esperienza di governo rispetto alla mina rappresentata da Salvini. Questa maggioranza non è replicabile, ma il mandato di Draghi non si è ancora esaurito. Il prossimo anno sarà decisivo per negoziare le nuove regole europee, consolidando la svolta per cui ci siamo battuti”. Quindi il vicesegretario del Pd non vedrebbe bene l’attuale premier al posto di Sergio Mattarella? “Non c’è niente di più istituzionalmente scorretto che aprire oggi la campagna sul Colle – risponde Provenzano E niente di più sbagliato che utilizzare il Quirinale per dichiarare esaurita nei fatti questa esperienza di governo, mentre si apre finalmente la discussione sul patto per la crescita e il lavoro”.
Poi l’ex ministro prova ancora a inserire il salario minimo nell’agenda di governo: “In Italia ci sono oltre due milioni e mezzo di lavoratori poveri, uno scandalo. Noi parliamo di retribuzioni giuste. La nostra idea di salario minimo non si contrappone alla contrattazione”. Sulla decisione di interrompere lo smart working per gli statali con un dpcm, replica: “Lo smart working può avere enormi vantaggi se è davvero lavoro agile. Liquidarlo significa mettersi contro la storia. Compito della politica è regolarlo, renderlo intelligente, anche nella Pa”.