Proprio mentre Draghi incontra Greta Thunberg e gli altri attivisti di Friday For Future al Youth4Climate per la Pre Cop 26 in corso a Milano, e ammette pubblicamente che bisogna fare di più contro la crisi climatica, l’ultimo report di Legambiente ci ricorda che l’Italia investe circa 35 miliardi di euro annui in sussidi ambientalmente dannosi, ovvero soldi con cui lo Stato italiano sostiene settori produttivi inquinanti, a dispetto delle dichiarazioni d’intenti di senso opposto fatte da anni nei vari summit internazionali sul clima.
Cosa c’è in questi 35 miliardi di euro? A quali settori sono destinati nello specifico? La fetta più grande va ai settori energia, con 24 diversi sussidi per complessivi 12,86 miliardi di euro l’anno. Seguono poi, il settore trasporti con 15 voci e 16,6 miliardi di euro di sussidi tra diretti e indiretti; il settore agricolo con cinque voci e 3,1 miliardi di euro; quello edile con 1,1 miliardi di euro l’anno distribuiti in tre voci e quello legato alle concessioni ambientali con 812,59 milioni di euro l’anno e quattro diverse voci di sussidi indiretti.
Ma l’elemento più interessante del report dell’associazione ambientalista è un altro, ed è proprio quello che ci indica la strada, la possibilità concreta di agire: di questi 35 miliardi, oltre la metà – 18,3 per la precisione – sono eliminabili entro il 2025 cancellando i sussidi destinati alle trivellazioni, fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio; ma anche le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina, gasolio, gpl e metano. A tutto questo va aggiunto, tra le altre cose, il Capacity Market per le centrali a gas, che finanzia gli impianti in base alla potenza installata e non al reale fabbisogno energetico, innescando così un meccanismo perverso che droga il mercato, va ad incidere anche sui costi dell’energia in bolletta e crea un duplice danno agli utenti e all’ambiente.
Questo dato apre un vero e proprio spartiacque tra il dire e il fare, tra quel bla bla bla, per citare Greta, fatto solo di promesse da parte dei leader mondiali e le azioni concrete dei governi messe finora in campo. Draghi oggi ha detto anche che “dobbiamo agire adesso” e che ormai “la transizione ecologica non è una scelta ma una necessità”. È un’ottima notizia: inizi allora ad agire davvero adesso, a porre fine all’éra del bla bla bla, avviando anche solo progressivamente il taglio dei sussidi fossili. Altrimenti Greta e gli altri ragazzi hanno ragione ad accusarci di distruggere i loro sogni in vuote promesse.
Un impegno a cui le Istituzioni e i decisori politici sono chiamati in causa a tutti i livelli. Ad esempio noi come Regione Lazio, stiamo già dando una spinta al processo di decarbonizzazione con alcune misure concrete a firma dell’Assessorato alla Transizione Ecologica, quali ad esempio: l’introduzione dello stop sul nostro territorio di impianti basati su fonti energetiche fossili; il progetto del primo Distretto di Energie rinnovabili collegato al porto di Civitavecchia, con la dismissione dell’attuale centrale a carbone; circa 2 milioni di euro per finanziare le Comunità Energetiche basate su fonti rinnovabili; la mappatura on line delle aree idonee e non idonee ad ospitare gli impianti da Fonti Energetiche Rinnovabili per dare alle imprese la certezza su dove poter investire sul territorio e ai cittadini ed enti locali la massima trasparenza.
Una serie di azioni che possono incidere ancora di più se si inseriscono in un contesto nazionale, e globale, con una pianificazione che incentivi un nuovo modello di sviluppo sostenibile, così come previsto dall’Agenda Onu 2030 su cui pure abbiamo tanto terreno da recuperare. Dopotutto lo dice anche Draghi: dobbiamo agire ora.