Secondo Roberto Scarpinato a partire dal maggio prossimo circa un centinaio i boss mafiosi potrebbero uscire dal carcere anche se non hanno collaborato con la magistratura. Una condizione che si potrà verificare se il Parlamento non scriverà una nuova norma sull’ergastolo ostativo. Nell’aprile scorso, infatti, la Corte costituzionale ha decretato l’incostituzionalità della legge che vieta la libertà vigilata a boss mafiosi e terroristi che non collaborano, concedento al Parlamento un anno di tempo per riscriverla. Se il legislatore non interverrà, modificando l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, pure i mafiosi stragisti che non hanno mai collaborato con la giustizia, come Giuseppe Graviano, potranno chiedere di accedere alla libertà vigilata dopo aver scontato 26 anni di carcere. “Ci sono segnali significativi dell’attesa spasmodica da parte di capi mafia detenuti per l’emanazione da parte del parlamento della nuova normativa. Ho fatto un censimento mentale dei capi mafia che si troveranno ai nastri di partenza nell’attesa dell’entrata in vigore della nuova normativa, a maggio prossimo, che consentirà loro di uscire dal carcere senza dovere collaborare, a braccio ne ho contati circa un centinaio“, ha detto il sostituto procuratore generale di Palermo, nel corso dell’audizione davanti alla commissione Giustizia della Camera sulle proposte di legge in materia benefici penitenziari per detenuti per reati ostativi.

“Bisogna chiedersi se la barriera delle norme sarà sufficiente a reggere l’onda d’urto che dovrà sostenere dal fronte degli irriducibili, quelli che sono in possesso di informazioni utili ma non vogliono collaborare con la giustizia”, ha aggiunto Scarpinato, invitando a verificare che la normativa “sia in grado di evitare che importanti capi mafia che non sono per nulla ravveduti escano dal carcere”. E’ stato audito in Parlamento anche Gian Carlo Caselli. “Per usufruire di benefici penitenziari i mafiosi devono dimostrare prove certe di rinuncia al proprio status. L’unica cosa che lo dimostra è il pentimento, tutte le altre sono ambigue. Senza il pentimento ogni decisione sulla sorte dell’ergastolano diventa un azzardo, un pericoloso salto nel buio”, ha detto l’ex procuratore capo di Palermo e di Torino. “Il ‘pacchetto antimafia‘ formato da legge sui pentiti, 41 bis e 4 bis ha funzionato e funziona, ma sta subendo scossoni che rischiano di sbriciolarlo – spiega – Sbriciolare il pentitismo o depotenziarlo e considerarlo non più indispensabile per i benefici è pericoloso e può avere effetti negativi. Chi dice che l’emergenza mafiosa è finita sembra Alice nel paese delle meraviglie, soprattutto in tempo pandemia in cui le mafie sono pronte ad approfittarne come avvoltoi”. Caselli ha sottolineato che “lo status di mafioso è per sempre, un mafioso irriducibile non pentito è convinto di appartenere a una razza speciale, quella degli uomini d’onore, gli altri non sono uomini individui da assoggettare”. Per questo “il doppio binario per i mafiosi non pentiti, ergastolo ostativo compreso risponde a criteri di ragionevolezza basati sulla concreta specificità della mafia”. La Consulta “chiede la quadratura de cerchio e il Parlamento ha in mano un cerino acceso. Il primo obiettivo è cercare sulla legge la massima convergenza perché se dividersi in democrazia è fisiologico non lo si può fare sulla mafia”.

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