Il ministero della Transizione Ecologica ha trasmesso alla Conferenza unificata il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), che sarà lo strumento di pianificazione generale delle estrazioni di idrocarburi nel nostro Paese. Però c’è un problema: il provvedimento è arrivato fuori tempo massimo. Perché a mezzanotte del 30 settembre scadrà la moratoria (già prorogata) che ha sospeso, per due anni e mezzo, i nuovi permessi per la ricerca e la prospezione in mare e su terraferma. Ed è proprio per questa ragione che quel piano, presentato lo scorso luglio per avviare la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), avrebbe dovuto essere adottato ed approvato con decreto del Mite entro oggi. Per non lasciare un vuoto, una situazione di incertezza. Ora, però, si dovranno aspettare i tempi della Conferenza unificata per capire se è stata raggiunta un’intesa (tutt’altro che scontata, date le critiche arrivate da più parti), come previsto dall’articolo 11 ter della legge 12 del 2019. “Ma dal 1 ottobre, senza l’adozione ufficiale del piano, le compagnie Oil&Gas potranno anche decidere di riprendere indisturbate le loro ricerche di gas e petrolio sia in mare sia su terraferma” spiega a ilfattoquotidiano.it Enrico Gagliano, co-portavoce del Coordinamento nazionale No Triv, secondo cui “il piano è illegittimo e ci espone tutti a contenziosi. A questo punti ci aspettiamo che qualcuno in Parlamento si alzi e chieda le immediate dimissioni di Cingolani”.
L’ANNUNCIO DEL MITE – Insomma, proprio la situazione opposta rispetto a quella auspicata, dato che il piano dovrebbe individuare le aree in terraferma e in mare “dove non sarà più possibile svolgere attività di ricerca e produzione di idrocarburi e quelle residue dove sarà possibile proseguire tali attività al termine di una verifica puntuale della loro sostenibilità” spiega lo stesso ministero. Una verifica che tenga conto “di tutti i vincoli di tipo ambientale presenti sul territorio”. “È stato un lavoro condotto con grande attenzione e in tempi ristrettissimi” ha dichiarato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, ricordando che gli ultimi commenti da parte degli Enti locali e delle Regioni interessate sono arrivati intorno al 14 settembre, “scadenza della consultazione pubblica nella fase di Valutazione Ambientale Strategica”. “Il piano potrà ora essere affinato con il confronto durante i lavori della Conferenza Unificata – ha aggiunto il ministro – in modo da giungere il prima possibile all’intesa prevista per l’adozione. Nel frattempo il MiTE non autorizzerà alcuna nuova attività estrattiva e di ricerca”. Il ministero, inoltre, fa presente che, comunque, “l’utilizzo dei combustibili fossili si concluderà nel medio termine, in funzione degli obiettivi di decarbonizzazione che rappresentano il cardine della politica energetica italiana”. Ma il problema è quello che potrà accadere già dalle prossime ore.
I NO TRIV – “La legge 12 del 2019 non ammette scorciatoie: il Pitesai avrebbe dovuto essere adottato ed approvato con decreto del Mite entro oggi. Cingolani, invece, si è fermato al Decreto Vas, datato 29 settembre, per poi trasmettere il piano alla Conferenza unificata per l’acquisizione dell’intesa” commenta Enrico Gagliano. Eppure c’era anche un’altra strada: “Il ministro avrebbe potuto almeno adottare un decreto per l’approvazione del Pitesai limitato ai permessi in mare. Evidentemente hanno prevalso gli interessi delle compagnie Oil&Gas, Eni in testa”. Cosa accadrà da domani? “Potranno riprendere le attività di ricerca sospese col Milleproroghe del dicembre 2018, senza necessità di alcun provvedimento amministrativo, anche i procedimenti relativi alle istanze di ricerca e di prospezione”. Fino all’intesa.
IL RISCHIO DEI CONTENZIOSI – “Non sappiamo la data di convocazione della Conferenza unificata, ma possono accadere due cose – spiega Gagliano – ossia che non si raggiunga l’intesa e quindi senza piano si tornerebbe al far west, oppure che si acquisisca l’intesa in prima o seconda seduta e si vada al decreto con l’adozione del Pitesai. Ma cosa faranno le compagnie che, nel frattempo, avranno ricominciato attività di ricerca o avranno ridato nuova linfa ai provvedimenti amministrativi, magari per aree ritenuto inidonee nel Pitesai?”. Insomma, il rischio è quello dei contenzioni. “Questo perché il piano non approvato entro il 30 settembre è un piano illegittimo che verrebbe immediatamente impugnato dalle compagnie dell’Oil&Gas. Dopo circa tre anni – aggiunge Gagliano – tutto torna come prima, anzi peggio. Come già accaduto in occasione del Referendum del 2016, toccherà ai territori, alle Regioni ed amministrazioni locali, ricomporre un quadro di alleanze in grado di riportare i cittadini alle urne”.
I PERMESSI IN ATTESA E LE CRITICHE AL PIANO – Al momento ripartono, in base alla legge, tutti i procedimenti sospesi relativi alle istanze di prospezione (5, tra cui quelle della Spectrum Geo che interessano 30mila chilometri quadrati in Adriatico), le istanze di ricerca di idrocarburi in mare e su terraferma (in tutto 79) e riprendono efficacia 63 titoli di ricerca. Ma non è l’unico problema, dato che il piano presentato lo scorso luglio ha suscitato diverse reazioni negative. A metà settembre Greenpeace Italia, Legambiente e WWF chiedevano di prorogare il termine per l’adozione: “I tempi per il perfezionamento della procedura di Valutazione Ambientale Strategica – scrivevano le ong – e i contenuti del piano sono poco credibili e censurabili, e rendono sempre più certa l’ipotesi che, in assenza dell’adozione entro il 30 settembre, si rimettano in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi (compresi quelli di Valutazione di Impatto Ambientale) per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, sospesi sino a fine mese”. Ma a non piacere sono anche i contenuti del Pitesai. Secondo Greenpeace “la documentazione presentata dalla Direzione proponente del MITE non fornisce un’analisi dettagliata della situazione attuale o degli scenari futuri, non chiarisce dove sia consentito o meno svolgere le operazioni legate all’attività estrattiva, non presenta un piano dettagliato delle aree e tralascia di considerare attività fondamentali come la pesca o il turismo”, mentre “mancano indicazioni certe sui tempi e i modi di dismissione delle piattaforme non più attive e sulla messa in ripristino dei luoghi in cui operavano”.
Ambiente & Veleni
Trivelle, il piano di Cingolani è fuori tempo massimo. No Triv: “Da ottobre le compagnie Oil&Gas possono riprendere a perforare”
Lo strumento di pianificazione generale delle estrazioni di idrocarburi (Pitesai) doveva essere approvato entro il 30 settembre, ma ad oggi è stato solo trasmesso alla Conferenza unificata Stato-Regioni, la cui intesa è vincolante per il via libera definitivo. Gli effetti del ritardo: le società sono titolate a ricominciare le ricerche sospese con la moratoria del 2018 e già si annunciano una serie di guerre legali con il ministero. Il comitato: "A questo punti ci aspettiamo che qualcuno in Parlamento si alzi e chieda le immediate dimissioni di Cingolani"
Il ministero della Transizione Ecologica ha trasmesso alla Conferenza unificata il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), che sarà lo strumento di pianificazione generale delle estrazioni di idrocarburi nel nostro Paese. Però c’è un problema: il provvedimento è arrivato fuori tempo massimo. Perché a mezzanotte del 30 settembre scadrà la moratoria (già prorogata) che ha sospeso, per due anni e mezzo, i nuovi permessi per la ricerca e la prospezione in mare e su terraferma. Ed è proprio per questa ragione che quel piano, presentato lo scorso luglio per avviare la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), avrebbe dovuto essere adottato ed approvato con decreto del Mite entro oggi. Per non lasciare un vuoto, una situazione di incertezza. Ora, però, si dovranno aspettare i tempi della Conferenza unificata per capire se è stata raggiunta un’intesa (tutt’altro che scontata, date le critiche arrivate da più parti), come previsto dall’articolo 11 ter della legge 12 del 2019. “Ma dal 1 ottobre, senza l’adozione ufficiale del piano, le compagnie Oil&Gas potranno anche decidere di riprendere indisturbate le loro ricerche di gas e petrolio sia in mare sia su terraferma” spiega a ilfattoquotidiano.it Enrico Gagliano, co-portavoce del Coordinamento nazionale No Triv, secondo cui “il piano è illegittimo e ci espone tutti a contenziosi. A questo punti ci aspettiamo che qualcuno in Parlamento si alzi e chieda le immediate dimissioni di Cingolani”.
L’ANNUNCIO DEL MITE – Insomma, proprio la situazione opposta rispetto a quella auspicata, dato che il piano dovrebbe individuare le aree in terraferma e in mare “dove non sarà più possibile svolgere attività di ricerca e produzione di idrocarburi e quelle residue dove sarà possibile proseguire tali attività al termine di una verifica puntuale della loro sostenibilità” spiega lo stesso ministero. Una verifica che tenga conto “di tutti i vincoli di tipo ambientale presenti sul territorio”. “È stato un lavoro condotto con grande attenzione e in tempi ristrettissimi” ha dichiarato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, ricordando che gli ultimi commenti da parte degli Enti locali e delle Regioni interessate sono arrivati intorno al 14 settembre, “scadenza della consultazione pubblica nella fase di Valutazione Ambientale Strategica”. “Il piano potrà ora essere affinato con il confronto durante i lavori della Conferenza Unificata – ha aggiunto il ministro – in modo da giungere il prima possibile all’intesa prevista per l’adozione. Nel frattempo il MiTE non autorizzerà alcuna nuova attività estrattiva e di ricerca”. Il ministero, inoltre, fa presente che, comunque, “l’utilizzo dei combustibili fossili si concluderà nel medio termine, in funzione degli obiettivi di decarbonizzazione che rappresentano il cardine della politica energetica italiana”. Ma il problema è quello che potrà accadere già dalle prossime ore.
I NO TRIV – “La legge 12 del 2019 non ammette scorciatoie: il Pitesai avrebbe dovuto essere adottato ed approvato con decreto del Mite entro oggi. Cingolani, invece, si è fermato al Decreto Vas, datato 29 settembre, per poi trasmettere il piano alla Conferenza unificata per l’acquisizione dell’intesa” commenta Enrico Gagliano. Eppure c’era anche un’altra strada: “Il ministro avrebbe potuto almeno adottare un decreto per l’approvazione del Pitesai limitato ai permessi in mare. Evidentemente hanno prevalso gli interessi delle compagnie Oil&Gas, Eni in testa”. Cosa accadrà da domani? “Potranno riprendere le attività di ricerca sospese col Milleproroghe del dicembre 2018, senza necessità di alcun provvedimento amministrativo, anche i procedimenti relativi alle istanze di ricerca e di prospezione”. Fino all’intesa.
IL RISCHIO DEI CONTENZIOSI – “Non sappiamo la data di convocazione della Conferenza unificata, ma possono accadere due cose – spiega Gagliano – ossia che non si raggiunga l’intesa e quindi senza piano si tornerebbe al far west, oppure che si acquisisca l’intesa in prima o seconda seduta e si vada al decreto con l’adozione del Pitesai. Ma cosa faranno le compagnie che, nel frattempo, avranno ricominciato attività di ricerca o avranno ridato nuova linfa ai provvedimenti amministrativi, magari per aree ritenuto inidonee nel Pitesai?”. Insomma, il rischio è quello dei contenzioni. “Questo perché il piano non approvato entro il 30 settembre è un piano illegittimo che verrebbe immediatamente impugnato dalle compagnie dell’Oil&Gas. Dopo circa tre anni – aggiunge Gagliano – tutto torna come prima, anzi peggio. Come già accaduto in occasione del Referendum del 2016, toccherà ai territori, alle Regioni ed amministrazioni locali, ricomporre un quadro di alleanze in grado di riportare i cittadini alle urne”.
I PERMESSI IN ATTESA E LE CRITICHE AL PIANO – Al momento ripartono, in base alla legge, tutti i procedimenti sospesi relativi alle istanze di prospezione (5, tra cui quelle della Spectrum Geo che interessano 30mila chilometri quadrati in Adriatico), le istanze di ricerca di idrocarburi in mare e su terraferma (in tutto 79) e riprendono efficacia 63 titoli di ricerca. Ma non è l’unico problema, dato che il piano presentato lo scorso luglio ha suscitato diverse reazioni negative. A metà settembre Greenpeace Italia, Legambiente e WWF chiedevano di prorogare il termine per l’adozione: “I tempi per il perfezionamento della procedura di Valutazione Ambientale Strategica – scrivevano le ong – e i contenuti del piano sono poco credibili e censurabili, e rendono sempre più certa l’ipotesi che, in assenza dell’adozione entro il 30 settembre, si rimettano in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi (compresi quelli di Valutazione di Impatto Ambientale) per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, sospesi sino a fine mese”. Ma a non piacere sono anche i contenuti del Pitesai. Secondo Greenpeace “la documentazione presentata dalla Direzione proponente del MITE non fornisce un’analisi dettagliata della situazione attuale o degli scenari futuri, non chiarisce dove sia consentito o meno svolgere le operazioni legate all’attività estrattiva, non presenta un piano dettagliato delle aree e tralascia di considerare attività fondamentali come la pesca o il turismo”, mentre “mancano indicazioni certe sui tempi e i modi di dismissione delle piattaforme non più attive e sulla messa in ripristino dei luoghi in cui operavano”.
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Anche in Lapponia Meloni pensa all’Albania: “Domani vertice, la Cassazione ci dà ragione”. Paesi sicuri, cosa hanno scritto i giudici
Tel Aviv, 22 dic. (Adnkronos/Afp) - Israele prenderà provvedimenti contro gli Houthi. Lo ha annunciato il primo ministro Benjamin Netanyahu, dopo che venerdì sera un missile proveniente dallo Yemen si è schiantato nel centro di Israele. "Gli Stati Uniti, così come altri paesi, vedono gli Houthi come una minaccia non solo per la navigazione, ma anche per l'ordine internazionale", ha affermato in una dichiarazione. Netanyahu ha aggiunto che "anche se una rappresaglia israeliana richiedesse tempo, il risultato sarebbe lo stesso" di quello ottenuto in passato contro altre reti terroristiche.
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "Visto che domani Giorgia Meloni ha convocato un vertice di governo sull’Albania, le consiglio di fare a se stessa e a tutti gli italiani un bel regalo di Natale: dichiari fallita l’esperienza dei centri di detenzione per migranti in terra straniera, chieda scusa per aver buttato all’aria quasi un miliardo di euro, rimpatri il personale italiano in servizio nel centro e metta fine a questa vergogna nazionale”. Lo scrive su X il segretario di +Europa, Riccardo Magi.
“La Cassazione è stata chiara nel dire che sta ai giudici il dovere/potere di verificare se un Paese è sicuro: se dunque Meloni sta pensando di rilanciare i centri in Albania, o magari a un cambio di destinazione d’uso, si aspetti un 2025 di lotta in tutte le sedi democratiche, dal parlamento alle piazze fino alle azioni giudiziarie, contro questo obbrobrio giuridico e umanitario, insostenibile legalmente e finanziariamente. La smetta di insistere con politiche antitaliane!”, conclude Magi.
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "Dopo Magdeburgo e in vista del grande appuntamento del Giubileo, abbiamo alzato in maniera importante la soglia del livello di attenzione soprattutto nelle grandi città, ma anche nel resto del Paese: c'è una situazione di allerta, ma non di allarme né di allarmismo". Lo ha detto Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, intervenendo ai microfoni di TgCom24.
"Confidiamo sulla capacità della nostra intelligence e dei servizi di prevenzione, sulla professionalità delle nostre Forze dell’Ordine. È stato immediatamente riunito il Comitato di analisi strategica antiterrorismo e diramata una circolare alle Prefetture, alle Questure, proprio per articolare in maniera puntuale il controllo del territorio, soprattutto nei luoghi particolarmente critici e delicati, dove c’è maggiore aggregazione come le stazioni, le metropolitane, gli aeroporti", ha aggiunto.
"La nostra intelligence non ha mai sottovalutato alcun segnale, solo quest’anno sono stati 80 i soggetti pericolosi legati al fondamentalismo islamico allontanati dal Paese. Poniamo grande attenzione ai cosiddetti “lupi solitari”, al rischio di atti emulativi, consapevoli però che il sistema di intelligence e di coordinamento tra le nostre Forze di Polizia funziona. C'è grande competenza e una consolidata capacità di saper intercettare i fenomeni di allarme, anche fondamentalista, che deve continuare ad essere sviluppata”, ha concluso Molteni.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - Siparietto nell'Aula del Senato al termine del tradizionale concerto di Natale diretto quest'anno da Riccardo Muti. Mentre il maestro sta rivolgendo un saluto ai presenti, tra i quali il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, suona un telefono e non può fare a meno di rimproverare bonariamente la persona che non ha avuto l'accortezza di disattivare l'apparecchio. “Stutatelo ‘sto telefono", spegnetelo questo telefono, dice utilizzando un'espressione del dialetto napoletano.
Poi, ricorrendo all'ironia, Muti, tra gli applausi divertiti, sottolinea che si tratta di un comportamento recidivo. "Ad un certo punto, mentre stavo dirigendo l'ho sentito e ho guardato bene nella partitura, credendo che ci fosse qualche cosa che mi era sfuggito".
Brasilia, 22 dic. (Adnkronos/Afp) - Il bilancio delle vittime del terribile incidente d'autobus avvenuto ieri nello stato brasiliano di Mina Gerais (sud-est) è salito a 41 morti. Lo ha riferito la polizia in una conferenza stampa, precisando che "41 corpi sono stati trasportati all'istituto forense".
L'autobus viaggiava sull'autostrada che collega San Paolo (sud-est) a Vitória da Conquista, nello stato di Bahia (nord-est). La polizia federale ha precisato che, secondo "le prime informazioni e le tracce rinvenute sul posto", un grosso blocco di granito "probabilmente" è caduto da un camion che viaggiava in senso contrario e ha colpito l'autobus, che ha subito preso fuoco.
L'autista del camion è fuggito, ha dichiarato la polizia, aggiungendo che la sua patente di guida era stata sospesa per due anni. Si tratta della peggiore tragedia avvenuta su una strada federale in Brasile dal 2007.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - “Il ministro Nordio, puntando il dito contro i giudici e sentenziando che chi sbaglia debba pagare, non ha specificato se questa valga anche per l’attuale categoria di sua appartenenza. Perché in tal caso un ministro che non ne azzecca una, all’indomani delle dimissioni del capo del Dap, Giovanni Russo, presumibilmente causate da dissidi con un sottosegretario, con una situazione disastrosa dei penitenziari italiani, di fronte ad un numero impressionante di suicidi tra i detenuti e finanche tra gli agenti della penitenziaria: ebbene, un ministro dovrebbe pagare per tutto questo?”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
“All’indomani della sentenza di Palermo -aggiunge- la destra torna all’attacco contro una magistratura di cui non sopporta l’indipendenza”.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - "Le sostanze stupefacenti sono il pericolo numero uno per il nostro Paese". Lo afferma il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Alfredo Antoniozzi. "Abbiamo una crescita esponenziale dell'uso delle sostanze -denuncia- iniziando dalla cannabis che ancora oggi viene considerata innocua da settori della sinistra. Apprezzo l'impegno del sottosegretario Mantovano e del viceministro Bellucci in materia e insieme a questo serve una sensibilizzazione generale. I danni causati dalle droghe sono notevoli -conclude Antoniozzi- e c'è bisogno di una prevenzione che coinvolga le scuole e gli Enti locali e che punti ad intercettare il linguaggio del giovani".