C’è chi, come Fabrizio, lo considera un ‘sogno rubato’. Raggiungere il centro storico di Roma e i suoi palazzi, per una semplice passeggiata tra Piazza di Spagna e via del Corso, può diventare quasi una chimera se nasci e vivi nella periferia di San Basilio. Lì, nella vecchia borgata costruita tra gli anni ’40-50′ nel quadrante est della Capitale, tra la Nomentana e la Tiburtina, lungo il Grande raccordo anulare, sarebbe dovuta arrivare già da anni la metropolitana. Un progetto, quello di prolungare la linea B dal capolinea di Rebibbia fino ai quartieri di Torraccia e Casal Monastero, passando proprio per San Basilio, che è rimasto però soltanto sulla carta, nonostante annunci, progetti esecutivi ed affidamenti alle imprese. Il motivo? I lavori, che sarebbero dovuti terminare nel 2017, per un costo totale di 508 milioni di euro con il sistema del project financing non sono mai nemmeno iniziati. Con il rischio che la partita finisca pure in tribunale. Così, almeno per ora, l’intervento potrebbe non partire mai, al di là di annunci e promesse da parte dei diversi candidati sindaco in corsa per le prossime amministrative di Roma del 3 e 4 ottobre, tornati a rievocarlo: dall’uscente Virginia Raggi al dem Roberto Gualtieri, passando per Carlo Calenda (Azione) e il candidato di centrodestra, Enrico Michetti, e non solo.
Ma se la metro non è ancora arrivata, nel quartiere non sono invece mancati gli aspiranti sindaci. In cerca di consenso, non hanno dimenticato un passaggio in periferia, in quella San Basilio passata alle cronache come “terza piazza dello spaccio d’Europa”, oltre che per lo stato di abbandono e degrado cronico. Un tour elettorale condito da quelle stesse promesse di riqualificazione e sviluppo – metro compresa – per troppo tempo rimaste semplici spot elettorali, tra la disillusione e le speranze tradite dei suoi abitanti.
Eppure, quel collegamento sarebbe fondamentale per un territorio, quello di San Basilio, popolato da circa 20mila persone, oggi ancora troppo isolato. Altro che la ‘città dei 15 minuti’ (di distanza dai principali servizi, ndr) promessa da Gualtieri in campagna elettorale. “Qui per andare al lavoro in centro, magari pure per stipendi sottopagati, in nero o con contratti pirata, bisogna partire alle 4 o 5 del mattino. Un’odissea”, spiega al ilFattoquotidiano.it, Cristina, che ha da poco completato gli studi universitari. E che – come altri 92 nuclei familiari – abita nella storica occupazione di via Tiburtina, avvenuta nove anni fa ormai, con protagonisti l’Asia Usb e diversi movimenti per il diritto all’abitare. Un’occupazione tra tante nella Capitale, in un quartiere che negli anni ’70 diventò il simbolo della lotta per la casa. Quella per la quale perse la vita il 19enne Fabrizio Ceruso, militante dei Comitati Autonomi Operai, colpito in pieno petto da una pallottola della polizia. Una ferita mai rimarginata a San Basilio, dove il quadro socio-economico è intanto peggiorato, con l’emergenza abitativa, a più di 70 anni dalla nascita della borgata, che continua ad essere una delle criticità maggiori. E dove, dati alla mano, sono quasi 4mila gli edifici di edilizia pubblica, seconda zona di Roma per case popolari.
“Per noi l’occupazione non è certo la soluzione, ma le famiglie che sono qui hanno fatto tutte la richiesta di alloggio popolare, ne hanno diritto. E le graduatorie non scorrono. E finché non scorrono siamo costretti a scegliere tra l’illegalità e l’abitare per strada”, racconta ancora Cristina, militante del comitato ex Penicillina. Ovvero, un ex complesso industriale alle porte di San Basilio sulla Tiburtina, a Ponte Mammolo, lasciato da anni nel degrado e più volte devastato da incendi, l’ultimo pochi giorni fa: “Questo stabile vuoto, pieno di rifiuti e di amianto, è il biglietto da visita prima dell’ingresso nel quartiere. Andrebbe bonificato perché è una bomba ecologica. Salvini lo aveva fatto sgomberare nel 2018, facendo la guerra a tanti disperati, migranti e invisibili, che abitavano dentro e che poi sono tornati perché non sanno dove andare. Nell’asta di vendita intanto non è stato nemmeno citato l’amianto, da noi documentato con delle perizie. C’era chi voleva fare di questo stabile un centro commerciale, ora chi vuole farne un padiglione del progetto di Roma Expo 2030. Ma qui servono case e alloggi per tanta povera gente”, denunciano dal Comitato.
Non sono gli unici a pensarlo a San Basilio. “Cosa chiedere al prossimo sindaco? Bisogna intervenire sulle abitazioni e sulla riqualificazione urbana, qui nei lotti ci piove in testa tutti i giorni. Nessuno viene a pulire, l’erbaccia sta superando le nostre teste”, si lamenta pure un anziano signore, tra i pochi presenti nel quasi deserto mercato coperto del quartiere, nonostante l’ora centrale della mattinata. Tutto a pochi passi da quel parco della Balena che l’amministrazione di Virginia Raggi ha voluto riqualificare: un intervento sbandierato nel giorno dell’inizio della campagna elettorale, accanto al presidente M5s Giuseppe Conte. Una campagna partita proprio da San Basilio e da quella piazza. “Mi chiamano sindaca delle periferie, qui ci siamo occupati di quella manutenzione mai fatta prima, delle fognature di via Giolitti, della palestra della legalità in un locale strappato allo spaccio, del restauro della fontana e della riqualificazione del mercato rionale. E abbiamo combattuto le mafie. I nostri avversari invece qui non si sono mai visti, Gualtieri non ha mai dato un soldo alla Capitale da ministro”, attaccò Raggi. Polemica soprattutto contro il candidato del centrosinistra, tra gli imbarazzi dell’ex premier Conte, che ci lavorò fianco a fianco a Palazzo Chigi.
Proprio Gualtieri nella vecchia borgata chiuderà invece la sua campagna elettorale. Si era già fatto vedere a metà settembre, fianco a fianco a don Antonio Coluccia, prete anti-spaccio noto nell’area, ora “conteso” dalla politica. “Non sapevo ci fosse questo ‘happening’ a San Basilio, sono molto contrario a fare quel tipo di cose. È stato il primo posto dove sono andato, ma si va senza telecamere“, si lamentò Calenda, vedendo la guerra a colpi di tweet e foto tra l’esponente Pd e la sindaca, che aveva raggiunto il prete e lo sfidante durante la visita di Gualtieri nel quartiere.
“Armato” di megafono e recitando il Vangelo, da anni sotto scorta, don Coluccia a San Basilio invece si presenta quasi ogni sera, girando alcune note vie del quartiere, in prima linea per cercare di allontanare spacciatori e vedette. E combattere la malavita. Sarà lui che seguirà insieme al gruppo sportivo delle Fiamme oro anche il progetto dell’apertura di una palestra, ribattezzata “della legalità”, che sorgerà in un immobile confiscato alle mafie. Perché lì, in quel territorio così complesso, si era trapiantato il clan ‘ndranghetista dei Marando di Platì, narcotrafficanti finiti a processo lo scorso aprile e ai quali sono state comminate condanne totali per oltre un secolo e mezzo. Una presenza, quella delle mafie nella Capitale, ormai capillare. Basta leggere i numeri della Direzione Investigativa Antimafia per comprendere il giro d’affari, soltanto limitandosi allo spaccio: il guadagno complessivo nelle principali piazze romane si aggira, ogni fine settimana, dai 200 a 250mila euro.
“Non avviene soltanto da noi, San Basilio non è soltanto questo, è anche tanto altro“, si lamentano allo stesso tempo diversi cittadini, stanchi di essere raccontati dai media soltanto come una “piazza di spaccio”. Così emergono tante realtà e tanti cittadini che si rimboccano le maniche e provano “a creare bellezza”, in quel territorio per troppo tempo dimenticato dalle istituzioni. Come Fabrizio, che ha preso spunto da un murales tra i lotti, per impegnarsi da volontario nella pulizia del quartiere: “Qui una volta c’era fermata metro immaginaria, Stazione Sanba, costruita con un’impalcatura in legno, che rappresentava il desiderio di collegamento alla città. Una speranza tradita“, ci mostra, indicando lo spazio transennato dove sorgerà adesso un’area pattinaggio, al posto di una vecchia bocciofila abusiva. Altro cantiere rivendicato dalla Giunta uscente.
“Qui manca la continuità, non bastano interventi una tantum e calati dall’alto. Servono subito spazi, strutture, servizi educativi. E chi vive qui deve essere coinvolto nei progetti. I candidati? Vengono a fare il tour della malavita come lo chiamano loro, ma poi puntualmente non cambia nulla. E spariscono”, attacca Laura. Un’altra volontaria che da attrice teatrale, insieme alla collega Vania, si occupa a San Basilio proprio di teatro e scuola, per bambini e adolescenti, all’interno del Centro popolare, in uno spazio occupato, che, racconta, “è aperto a tutti e offre un servizio pubblico al territorio, qui dove non c’è più nulla“. Il Comune ci ha provato con l’iniziativa “Spaccio Arte”, ma, hanno replicato dal Centro popolare, “senza saper coinvolgere la cittadinanza”: “Hanno transennato la strada, c’era la banda che suonava, il bus con gli stornelli romani, ma a seguirlo erano in pochissimi. E nessuno ci ha coinvolti. Così come Raggi non ci ha mai risposto, dopo il nostro incontro un anno fa, sulla nostra idea di creare degli orti urbani”.
Non sono gli unici però a reclamare come a San Basilio sia necessario ripartire dalla cultura. E dai servizi, soprattutto educativi. Lo spiega pure Alessandro Scatolini, che si occupa soprattutto di dopo-scuola per ragazzi, con l’onlus “Amici di Roberto”: “Siamo volontari e cerchiamo di aiutare tanti giovani, ma qui mancano le strutture. Siamo ospitati nella biblioteca comunale, ma con una sede sarebbe diverso. Qui è aperto soltanto un pomeriggio alla settimana”, allarga le braccia.
E certamente, oltre a servizi e strutture, a mancare è soprattutto il lavoro, in una San Basilio che, confermano i numeri, ha visto un boom di domande accolte per il reddito di cittadinanza, durante l’emergenza Covid. Così il quartiere condivide con altre periferie romane – da Tor Bella Monaca a Ponte di Nona, passando per Pietralata, Trullo, Corviale e Primavalle e tante altre – uno dei dati più alti della Capitale: quasi tre domande ogni 100 abitanti accolte. “Oggi il reddito mi permette di vivere e fare la spesa, chi come i due Matteo, Renzi e Salvini, lo vuole cancellare è vergognoso. Vogliono fare la guerra ai poveri. Certo, se avessi una proposta di lavoro dignitosa ne farei a meno, ma quelle che arrivano sono da schiavitù”, ci racconta al mercato uno dei tanti percettori.
In vista delle elezioni, però, è soprattutto la disillusione a emergere: “Se andrò a votare? Non so, il punto è che qui non cambia mai nulla”, sottolinea sconsolata una delle commercianti ai banchi del mercato. “No, non andrò. Raggi ha provato a fare qualcosa, almeno si fa vedere. Ma i problemi sono rimasti tutti. Se recuperi il parco, ma in casa hai ovunque la muffa e quasi ti crolla a pezzi, cambia poco”, denunciano altri. Tradotto, a San Basilio il rischio astensione è alto. Eppure, Raggi su quest’area punta forte, nel tentativo di recuperare quel gap mostrato dai sondaggi e agguantare il ballottaggio. Anche perché proprio San Basilio, come tante altre periferie romane, cinque anni fa le permise di arrivare al Campidoglio vittoriosa. “A noi non servono queste passerelle, né le sue, né quelle di Gualtieri o Michetti. Servono risposte urgenti sulle case e sui servizi assenti”, resta però la richiesta ribadita da tanti cittadini. L’ultimo appello da una periferia stanca di degrado e abbandono.