Rassicurazioni e nuove accuse: l’ultimo capitolo della lotta tra Cingolani e i movimenti ambientalisti si combatte a colpi di veline alle agenzie e comunicati stampa. Uno prova a mettere acqua sul fuoco, gli altri rinfocolano la polemica. Il tema, neanche a dirlo, sono le trivellazioni in mare. All’indomani della scadenza del termine ultimo per l’approvazione dello strumento di pianificazione generale delle estrazioni di idrocarburi (Pitesai) e con lo spettro di un nuovo inizio delle attività di perforazione in mare da parte delle società di Oil&Gas, infatti, il ministero della Transizione ecologica ha provato a disinnescare le accuse, assicurando che nessuna nuova attività di ricerca e di trivellazione di idrocarburi sarà autorizzata prima dell’approvazione definitiva del Pitesai. A sentire la versione fornita dal ministero alle agenzie di stampa, inoltre, nessuna nuova attività partirà finché non ci sarà il piano, perché anche le società che hanno già autorizzazioni valide aspetteranno di avere il piano, per non rischiare di cercare gas dove non potranno estrarlo. Non la pensano così i movimenti ambientalisti, che ribattono punto su punto – e legge alla mano – ai rilievi provenienti dal Mite, arrivando a chiedere anche le dimissioni di Cingolani.
La versione del ministero della Transizione Ecologica – Quanto tempo ci vorrà per avere il piano? Secondo le fonti ministeriali serviranno almeno un paio di mesi per approvare definitivamente il documento in Conferenza unificata Stato-Regioni. Le stesse fonti, poi, hanno fornito una ricostruzione diversa sulla scadenza dei termini per l’approvazione del Pitesai: per i tecnici di Cingolani, il documento non doveva essere approvato definitivamente il 30 settembre, ma solo trasmesso dal Mite alla Conferenza Unificata Stato Regioni. Cosa che il Mite ha fatto regolarmente ieri. A questo punto, spetta alle Regioni fare le loro integrazioni al Piano. Dopodiché, il documento verrà approvato definitivamente in Conferenza unificata, cosa che richiederà come detto almeno due mesi. Per quanto riguarda la moratoria alle nuove autorizzazioni di ricerca ed estrazione di idrocarburi, decisa dal Ministero della Transizione ecologica in attesa dell’approvazione del Pitesai, questa rimarrà in vigore e il Ministero non autorizzerà nessuna nuova attività. A sentire il Mite, inoltre, quelle già autorizzate in precedenza non partiranno comunque, perché nessuna società (a parere del Mite) rischierà di investire in giacimenti senza la certezza che il Pitesai permetta poi il loro sfruttamento.
I No Triv: “Queste ricostruzioni suonano come una vera e propria presa in giro” – Una ricostruzione aspramente contestata sia dai Verdi che dal Coordinamento nazionale No Triv. Per quest’ultimo, la ricostruzione del ministero e le dichiarazioni del Cingolani sulla possibilità di approvare prima possibile il PiTESAI “più che apparire rassicuranti suonano come una vera e propria presa in giro”. Secondo i No Triv, “il ministro ed i componenti del suo staff conoscono benissimo il testo della legge 12/2019 e sanno perfettamente che, essendo venuta meno la moratoria, dal 1 ottobre hanno ripreso efficacia, senza necessità di alcuna autorizzazione ministeriale, le attività legate a permessi di ricerca già vigenti come pure i procedimenti amministrativi di istanze di ricerca e di prospezione già avviati alla data del 15/12/2018″. Per questo motivo, del resto, le accuse non erano riferite alle nuove eventuali attività di estrazione e ricerca, bensì a quelle già autorizzate e sospese nel 2018 con il decreto Milleproroghe. I No Triv, poi, si rivolgono direttamente al governo, con il premier Draghi in testa: a loro dire l’esecutivo e i ministri “sono consapevoli di due circostanze: Cingolani avrebbe potuto adottare con suo decreto il PiTESAI per le sole aree marine, in quanto la legge 12 non richiede per le attività in mare l’acquisizione dell’Intesa in Conferenza Unificata, ma non lo ha fatto. Il Ministro – è l’accusa – non ha inteso rispettare la legge di proposito; qualsiasi Piano verrà adottato in una data successiva a quella del 30 settembre e, quindi, in violazione di legge, sarà comunque illegittimo e, in quanto tale, impugnabile soprattutto da quelle compagnie Oil&Gas le cui attività dovessero andare a ricadere all’interno di aree classificate come non idonee dal Piano, con tutto ciò che ne consegue (contenziosi e richieste risarcitorie)”. Poi l’accusa finale: “Scelte governative volutamente incoerenti a parte, sul piano politico qualcuno dovrà pur rispondere di tutto questo oppure no? E qualcun altro, in Parlamento, soprattutto tra quelle forze che hanno fortemente voluto l’approvazione della legge su PiTESAI e moratoria, vorrà chieder conto a Draghi di quanto non è stato volutamente fatto?”. Facile notare come i destinatari di queste domande non siano solo i ministri e il governo, ma anche quelle forze che si dicono ambientaliste e che sostengono Draghi e la sua squadra.
Europa Verde: “Pitesai andava approvato entro il 30 settembre, la legge è chiara” – Non meno dura la presa di posizione di Europa Verde. “Il Ministro della Transizione Ecologica dovrebbe farsi consigliare meglio dai suoi uffici: l’art. 11ter della legge 12/2019, come modificato dal decreto Milleproroghe del febbraio 2021, prevede l’approvazione del Pitesai entro il 30 settembre 2021. Decorso tale termine, i permessi di ricerca già autorizzati riprendono efficacia e ripartono le procedure amministrative per le istanze autorizzative per la coltivazione e per nuovi permessi di ricerca – si legge in una nota dei co-portavoce nazionali di Europa Verde, Angelo Bonelli ed Eleonora Evi. “Questo è quello che contestiamo al Ministro, il quale, in evidente difficoltà, cerca di confondere i cittadini attraverso interpretazioni che non reggono dal punto di vista giuridico e legislativo”. Per Bonelli ed Evi i fatti sono semplici: “Da oggi, 1/o ottobre – proseguono – le società a cui erano state congelate le autorizzazioni per la ricerca potranno riprendere le loro attività senza la necessità di ottenere alcun atto da parte del Ministero. Troviamo veramente bizzarro che il ministro, in un comunicato, sostenga che le società non inizieranno – quindi confermando che abbiamo ragione – le attività di ricerca perché non hanno interesse a rischiare di essere poi fermate dal Pitesai. Il ministro deve sapere – concludono Bonelli ed Evi – che qualunque società potrà chiedere di dichiarare illegale, presso i Tribunali, la legittimità del Pitesai, in quanto approvato fuori dai termini previsti dalla legge. In conclusione, invitiamo il Ministro a leggere la norma: potrà verificare che prevede espressamente che il Pitesai fosse approvato entro il 30 settembre. Non ci saremmo mai aspettati così tanta superficialità da parte di un Ministro della Repubblica“.