Il 13 marzo il piano vaccinale del commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo era stato presentato dalla stampa in pompa magna: era la ricetta per accelerare la campagna contro il Covid, a suon di 500mila somministrazioni al giorno (ritmo che sarà poi raggiunto con notevole ritardo). L’obiettivo dichiarato nero su bianco era uno solo: l’80% dell’intera popolazione immunizzato entro fine settembre. “Ma il generale vuole fare prima”, titolava Libero. Sei mesi e mezzo dopo quell’obiettivo è stato mancato: alle ore 6 del primo ottobre ha completato il ciclo vaccinale il 71,8% della popolazione italiana (calcolata sugli ultimi dati Istat). Sul sito del governo compare un altro dato: 78,74%. Peccato che sia calcolato sulla popolazione over 12, il parametro su cui già da tanto sono stati ricalibrati i numeri della campagna vaccinale, mentre l’immunità di gregge si determina basandosi sull’intera popolazione e a marzo lo specificava anche il piano di Figliuolo.

È stato lo stesso generale scelto dal premier Mario Draghi per guidare la struttura commissariale a fissare una serie di obiettivi, tutti legati sostanzialmente alla quantità di dosi somministrate: il 60% entro fine luglio, il 70% entro fine agosto e il tanto atteso 80% per fine settembre. Una percentuale di immunizzati che, ad esempio, ha permesso al Portogallo di togliere le restrizioni a partire dal primo ottobre. Quando tra fine luglio e inizio agosto il ritmo delle somministrazioni ha cominciato a calare, Figliuolo ha lanciato “un’attività mirata per i più giovani“, un modo per accelerare nuovamente con le prime dosi e far passare in secondo piano i ritardi sugli over 50, la fascia più a rischio di ricovero, anche in terapia intensiva, in caso di contagio.

Di fatto, sul fronte della rincorsa agli italiani con più di 50 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose, fu alzata bandiera bianca. Lo dimostrano i dati: a inizio agosto erano ancora 4,42 milioni, oggi ne restano ancora più di tre milioni. In due mesi sono stati vaccinati poco più di un milione di over 50. La qualità, più che la quantità, resta ad oggi la vera falla della campagna vaccinale italiana, che dovrebbe avere come primo obiettivo la protezione delle categorie più a rischio. Alla fine però, nonostante con il rientro a scuola ci sia stata un’accelerazione delle vaccinazione tra gli adolescenti, che hanno trainato la campagna vaccinale nelle ultime settimane, non è stato raggiunto nemmeno l’obiettivo numerico. La “colpa” non è certo degli under 20: ne restano appena 1,5 milioni senza una dose.

Alle ore 6 del primo ottobre il 71,6% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Il 4,5% è invece in attesa della seconda dose. Considerando solo gli over 12, come fa il governo, sono almeno parzialmente protette l’83,7% delle persone vaccinabili, mentre appunto il 78,74% è completamente vaccinato. Nel piano però si legge chiaramente ancora oggi: il “totale della popolazione vaccinabile (over 16) è pari a poco meno di 51 milioni”, “è stata considerata l’immunità di gregge con tre possibili soglie (80-70-60%), calcolata su tutta la popolazione (anche under 16)”. A marzo il riferimento erano appunto i 16enni perché nessuno vaccino contro il Covid era stato autorizzato sotto quella soglia di età. Poi è arrivato il via libera a Pfizer e Moderna sopra i 12 anni.

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