Venire in Africa ogni anno, rappresenta per noi un appuntamento importante. Intanto per continuare a seguire da vicino i nostri progetti, ma anche per guardare il mondo da una prospettiva decisamente diversa. Ci troviamo in Benin, Africa Centro-Occidentale, nel Golfo di Guinea da dove sono partiti gran parte di quei venti milioni di schiavi ammassati su navi negriere. In un territorio compreso tra il Togo, la Nigeria e il Burkina Faso, il Benin occupa il 163° posto nella lunga lista dei 189 Paesi più poveri al mondo. Siamo rimasti davvero sorpresi dei tanti lavori pubblici che l’attuale Presidente, appena riconfermato per il suo secondo mandato Patrice Talon, ha realizzato in pochi anni: molte strade asfaltate o coperte da pavé in cemento; aiuole ben curate, illuminazioni moderne alimentate da pannelli solari.
Porto Novo, capitale politica che fino a qualche anno fa sembrava rassegnata ad una lenta decadenza, oggi ha cambiato aspetto e per alcuni tratti è simile ad una città europea. Ci stupiamo ancor di più quando imbocchiamo la strada per Sakété dove ci dirigiamo per raggiungere i nostri piccoli amici dell’orfanotrofio. Niente più polvere, sali scendi, buche infinite, solo asfalto ben messo che ci consente di abbreviare notevolmente i tempi del viaggio. Lo stupore ci pervade ancor di più quando vediamo che anche gli ultimi cinquanta metri di pista che separano l’orfanotrofio dalla via principale del grande villaggio di Sakété sono stati pavimentati.
Non c’è più quell’odioso, profondo solco provocato dalle piogge che segnava il tratto costringendoci a fare di tutto per non scassare l’auto. Entriamo in orfanotrofio e dopo l’accoglienza straordinaria dei bambini che ci fanno festa veniamo presi da un profondo senso di angoscia. Il nuovo padiglione costruito grazie ad una donazione della Banca Centrale Africana invece di portare il tanto auspicato beneficio è totalmente inadatto alle esigenze dei piccoli ospiti. Suor Maria Stella, responsabile della struttura, ci fa visitare il grande padiglione.
Praticamente una camerata unica dove non ci sono gli spazi necessari che consentono di separare i neonati, che necessitano di particolari attenzioni. Una situazione di promiscuità davvero molto seria che ci costringe a stravolgere i nostri piani. L’intervento, che avevamo pensato di realizzare, quello cioè di ristrutturare la nursery già esistente, ora va totalmente rivisto. Praticamente la dobbiamo costruire ex novo! L’Africa è una grande maestra di vita. In tanto perché ti fa comprendere che non è facile fare il bene. Anzi. A volte può addirittura capitare che volendo fare il bene si peggiora la situazione. Dunque bisogna impegnarsi con ogni mezzo a fare “bene” il bene. Intanto conoscendo i luoghi e le esigenze reali delle persone, stando accanto a loro, guardando i loro volti, sapendo ascoltare ciò che non chiedono e non attendono. Per sperimentare la bellezza della gratuità che ha sempre il sapore della condivisione e della tenerezza.
Un caro confratello sacerdote beninese, che è stato 11 anni in Italia, dove ha concluso i suoi studi specialistici, mi aiuta a leggere la situazione politica di quella che solo apparentemente è una democrazia, ma in realtà è una dittatura. Il Presidente della Repubblica Talon, eletto con percentuali bulgare pochi mesi orsono per il suo secondo mandato, non solo ha eliminato l’opposizione, alcuni costringendoli all’esilio, altri facendoli incarcerare, ma pochi giorni prima delle elezioni ha fatto modificare la costituzione con una seduta parlamentare notturna per consentirgli di essere eletto fino alla morte.
I grandi lavori pubblici o vengono fatti da imprese che risalgono a lui oppure da grandi ditte cinesi che si aggiudicano i lavori per una tal somma di Franchi CFA, ma poi dichiarano che la somma è quasi sempre almeno triplicata. Possiamo immaginare dove vada a finire la somma in più. Le due grandi e sole aziende petrolifere del Bènin, ovviamente fanno capo a lui. Le altre nel corso degli anni sono state costrette a chiudere. Politici africani, si dirà… Mi chiedo: ma sono poi così distanti dai nostri?
I miei conterranei domenica 3 ottobre saranno impegnati a scegliere chi li rappresenterà a livello regionale. Da decenni assistiamo in Calabria all’ alternanza centro-destra centro-sinistra. I grandi problemi: sanità, disoccupazione, ‘ndrangheta, turismo, rimangono sempre irrisolti. Si alternano le coalizioni al potere ma i “cerchi magici” rimangono. Poiché mi trovo in Africa non posso materialmente esprimere il mio voto, condivido con i miei compagni di viaggio un mio dubbioso pensiero: “ma sarà questa la volta buona per un radicale cambiamento?”
Dopo la sentenza di condanna a 13 anni pronunciata dal Tribunale di Locri nei confronti di Mimmo Lucano, sono andato a rileggere un articolo di Mattia Feltri su La Stampa di martedì scorso, dal titolo quanto mai evocativo “Un giorno toccherà anche a te”. Racconta la vicenda giudiziaria dell’ex Ambasciatore del Kossovo Michael Giffoni, assolto dopo ben sette anni e mezzo dall’accusa di associazione a delinquere ai fini dell’immigrazione clandestina, sospeso e radiato immediatamente dopo l’accusa e non reintegrato neanche dopo aver ricevuto ben due sentenze del Tar che ordinavano il suo reintegro. Una vita totalmente rovinata anche per le conseguenti ripercussioni a livello di salute oltre che familiare. Feltri riporta le parole dei suoi colleghi che all’epoca dei fatti lo sapevano innocente “sapevano che era innocente ma era il clima”. Dopo la sentenza sulla Trattativa e quella su Lucano, ho la vaga impressione che il clima non sia cambiato, più o meno simile a quello africano che sto respirando in questi giorni.