Le fiamme che hanno ucciso Omar e devastato l’accampamento dei braccianti agricoli stranieri tra Campobello di Mazara e Castelvetrano – in provincia di Trapani, in Sicilia – hanno svelato qualcosa di scomodo. In quell’ex cementificio vivevano circa 300 persone senza servizi igienici, senza acqua potabile e senza energia elettrica. Pieni di cumuli di rifiuti e senza un contratto di lavoro. Molti di loro non hanno neanche i documenti. È il mondo degli invisibili che però permette di avere ottime olive e un olio extra vergine di qualità eccelsa. Dopo l’incendio dei giorni scorsi, i braccianti si sono ritrovati uniti e compatti nella lotta per i propri diritti. Già qualche anno fa l’acqua arrivò al “ghetto” – come viene chiamato l’ex cementificio – grazie alla campagna degli attivisti e volontari “Portiamo l’acqua al ghetto”. Adesso arrivano cisterne: ma sempre meno del necessario. “Domenica scorsa c’è stato Magal, la festa religiosa Murid che ogni anno si svolge al ghetto con qualsiasi mezzo” – racconta Martina Lo Cascio, un’attivista di Contadinazioni, nodo locale di Fuori Mercato. Da anni sostiene i braccianti della baraccopoli. “Hanno invitato il sindaco e mosso diverse istanze. Chiedevano più acqua e la rimozione dei rifiuti. Sono questi i due elementi più rischiosi per la sicurezza, infatti: Le fiamme sono divampate grazie ai rifiuti e non c’era acqua a sufficienza per spegnerle”.
La mattina dopo l’incendio i braccianti sono scesi in strada e hanno bloccato una strada statale. In corteo sono arrivati a Fontane D’Oro, un ex oleificio confiscato alla mafia che già in passato aveva accolto una tendopoli e che oggi sta ospitando una buona parte dei braccianti del ghetto. L’unica soluzione dopo sei lunghe ore di riunione tra i sindaci di Campobello di Mazara e Castelvetrano con il prefetto è stata proporre a tutti il trasferimento in una palestra di Castelvetrano e di affidare Fontane D’oro alla Croce rossa. I braccianti vogliono essere ascoltati e “non smonteranno le loro sistemazioni frutto della solidarietà e della raccolta lanciata subito dopo l’incendio”, continua Martina, “Chiedono rispetto, case, lavoro degno e documenti per tutti. Vogliono che una cassetta di olive gli venga pagata cinque euro e non più 3.50, come succede ora”. “L’ipotesi è che abbia preso fuoco un generatore a benzina”, racconta Liliana Catanzaro, consigliera comunale di Campobello di Mazara con Cento Passi. “Adesso la situazione è totalmente disastrata e la zona non è più agibile, anche se molti di loro hanno preferito rimanere lì per paura di perdere il lavoro”.
“Nella finanziaria regionale del 2020 abbiamo fatto inserire delle somme da destinare a interventi di messa in sicurezza, di sanificazione e sicurezza sanitaria, rivolte proprio alle tendopoli di Campobello di Mazara e Cassibile”, dice il deputato regionale Claudio Fava. “Ma fino a qualche mese fa questi soldi non erano ancora arrivati ai comuni. Secondo gli uffici si stanno sono in corso alcune procedure, solo che procedono a rilento. I finanziamenti che avrebbero potuto arginare l’emergenza stagnano a causa della burocrazia farraginosa, e intanto a pagarne lo scotto più alto sono sempre i più indifesi”, prosegue. “L’ammontare della cifra era di 1milione e 500mila euro. Non avrebbero risolto il problema ma sarebbero stati utili per rendere più vivibili questi luoghi”.