Un’avvertenza per i miei venticinque lettori: questo post, richiestomi dalla redazione in occasione del quarantesimo compleanno di Zlatan Ibrahimovic, è scritto in pieno conflitto di interessi. Come i miei lettori, sempre venticinque, sanno, sono un milanista di lungo, lunghissimo corso, per cui i tifosi della seconda squadra di Milano e di altre squadre minori collocate in Piemonte, Lazio, Campania ecc. per quello che andranno a leggere dovranno, come si suol dire, farsene una ragione.
Il mio omaggio allo splendido quarantenne è questo: come diceva Benedetto Croce, a proposito di cose più importanti, anche noi (dico tutti noi, non solo i casciavit) “non possiamo non dirci zlatanisti”. E vi spiego perché.
Zlatan non è simpatico per i suoi atteggiamenti intrisi di bullismo, non è politicamente corretto come rivelano alcune ingiurie verso avversari di diverso colore (non solo della maglia), non è certo quel tipo di calciatore bandiera oggi molto rimpianto, proprio in casa rossonera dopo i recenti chiacchierati addii. Al contrario è uno zingaro, come lo appellano i tifosi avversari a loro volta poco attenti al politically correct, un nomade capace di lasciare la sua squadra italiana retrocessa a tavolino in serie B e firmare per la squadra storicamente nemica, diversamente da ciò che fanno alcuni compagni non meno bravi e più legati ai colori sociali. Poi prosegue il suo nomadismo là dove lo portano gli ingaggi, in Spagna, di nuovo in Italia, ma tra le file dei rivali cittadini della squadra a cui era approdato dopo il primo tradimento: insomma un traditore seriale.
A seguire, Parigi, Manchester e infine gli Usa dove i campioni di solito chiudono le loro carriere malinconicamente tra molti dollari. Lì però scatta la scintilla della grandezza, del perché non possiamo…. Perché un bel giorno, anzi un brutto giorno, dopo una sconfitta umiliante, uno 0 a 5 in casa dell’Atalanta, una sua vecchia squadra, quella rossonera, lo richiama a risollevare la baracca. E lui accetta, e, pur tra un acciacco e l’altro, dà un bel contributo al risollevamento della baracca.
Certo ci sono di mezzo anche i soldi, ma non è una scommessa facile: giocare in Italia e in Europa non è come in America, il rischio di fare la figura del vecchietto presuntuoso a cui difensori di belle speranze non fanno toccare palla è un rischio serio. E poi c’è il pubblico, i tifosi amici e avversari che ti possono sostenere o distruggere.
Molti anni fa, all’inizio degli anni Ottanta, accadde un episodio analogo: il Napoli ingaggiò Ruud Krol un fortissimo difensore della mitica Olanda di Crujff già emigrato in Canada a giocarsi gli ultimi sprazzi di carriera. A un giornalista che gli chiese come mai avesse accettato una proposta assai meno remunerativa diede una risposta stupenda: disse che certo in Canada tutto era più comodo ma il fascino di giocare contro avversari competitivi, davanti a ottantamila tifosi appassionati vale più dei soldi. Credo che alla fine del 2019 Ibra abbia seguito lo stesso fascino e per questo non possiamo non dirci zlatanisti. Tanto più che la difficile scommessa Zlatan l’ha pure vinta.
Provate a guardare intorno e a fare questa osservazione: esistono altri campioni, che non siano portieri, che a quarant’anni sono stati così in partita, così importanti per il gioco di una squadra? Non un simbolo da esibire, un talento da omaggiare, ma un giocatore vero che mette in difficoltà gli avversari. Anche solo per questo gli auguri di buon compleanno sono doverosi.
Resta la storia dell’antipatia, che forse andrebbe rivista alla luce di Sanremo, del festival 2021 intendo. Perché a Sanremo lo scorso marzo Zlatan si è esibito in uno dei suoi capolavori, qualcosa di imprevedibile come i suoi colpi di tacco o rovesciate. Non è stato tanto quello che ha fatto sul palco, dove pure ha recitato la parte del duro con sorprendente ironia, ma nel suo viaggio verso Sanremo, quando bloccato in autostrada in un’interminabile coda, è riuscito a fermare un motociclista e a farsi portare a destinazione, arrivando all’Ariston quasi congelato ma in tempo utile per fare la sua parte nella serata finale.
Una storia così divertente che qualcuno ne ha messo in dubbio l’autenticità. Sbagliando di grosso, perché da Zlatan può sempre arrivare la sorpresa più incredibile e chissà che cosa si inventerebbe stasera, nel giorno dei suoi primi quarant’anni, se fosse in campo.