Il caro-energia – che in questi è stato al centro del dibattitto politico per gli aumenti previsti in bolletta – sta cominciando a presentare il conto nell’industria emiliano-romagnola: da metà ottobre, infatti, la multinazionale norvegese Yara che produce ammoniaca nel polo chimico ferrarese, chiuderà i propri impianti per 4/6 settimane.
L’intenzione dell’azienda è stata comunicata nei giorni scorsi ai sindacati che rappresentano i circa 140 lavoratori dell’azienda. I vertici di Yara hanno spiegato che, sempre a causa del costo del metano, le principali aziende di fertilizzanti stanno rallentando la produzione e la marginalità sulla produzione di ammoniaca si è praticamente annullata. Quindi l’azienda preferisce fermarsi. Nonostante lo stop produttivo gli operai non saranno messi in cassa integrazione, ma impegnati in lavori di manutenzione, nel presidio per la sicurezza e in percorsi di formazione. Una decisione accolta positivamente dai sindacati, che però sono molto preoccupati per una decisione forte come lo stop produttivo. Nei prossimi giorni le categorie dei chimici di Cgil, Cisl e Uil convocheranno un’assemblea per fare il punto della situazione e decidere il da farsi.
“Il problema – ha detto il presidente regionale di Confindustria Pietro Ferrari in un’intervista al Resto del Carlino – non è né regionale, né nazionale, né europeo: è un problema mondiale di dinamiche complessive. Penso che ci siano aziende che vista la domanda cercano di produrre a ritmo più veloce possibile. Probabilmente c’è bisogno di alcuni mesi perché tutte le macchine produttive, comprese le estrazioni minerarie, si rimettano a lavorare appieno”.
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