Gli avevano mentito. Sylla ha scelto di tornare a casa perché non se la sentiva di continuare a vivere con la paura addosso. Una vita da topi ad Algeri, la capitale. Manovale in un cantiere edile col fondato timore di essere preso a sassate sulla strada e insultato col nome di ‘Black’, negro. Per una parte dei cittadini, l’Algeria non fa parte dell’Africa perché di altro colore e cultura, si trova al Nord. Sylla è studente universitario a Conakry e cercava i fondi necessari per completare gli studi in scienze sociali. Torna per ora dalla madre nella capitale del Mali, Bamako, per poi vedere il da farsi. Nato nel 1999 ha ancora tutta una vita davanti come primogenito di una famiglia che si è divisa da anni. Ha due fratelli e una sorella da accudire, oltre la madre che forse, nel frattempo, si è risposata. Dice che non tornerà mai più in Algeria.
Lunedi 4 ottobre ricomincia l’anno scolastico nel Niger per alunni e studenti delle superiori. Gli insegnanti stanno preparando il ritorno accademico da alcuni giorni. Quasi certamente si annunceranno i primi scioperi, dichiarati da uno dei numerosi sindacati del settore che giustificano la loro esistenza solo in questi frangenti. Quanto agli universitari sono in sessione di esami per poi riprendere i corsi a tempo debito, molto più tardi. Quanto al Liceo francese di Niamey, il ‘La Fontaine’, è regolato secondo i tempi e i ritmi della capitale francese e accoglie i figli delle elites locali e straniere. Dimmi dove vai e ti dirò chi sei, in termini sociali e dunque finanziari. Anche questa è una menzogna accettata dal sistema. Si formano alunni, studenti e universitari per un presente dal quale è stato mutilato il passato e confiscato il futuro.
Nel nostro Sahel, contradditorio e dunque affascinante, la prima e fontale menzogna è quella che presume di accaparare Dio e metterlo al servizio di un gruppo di potere. Sarebbe difficile giustificare le guerre, i commerci, le esazioni e gli abusi operati sui poveri, senza il supporto manipolato di un Dio che avrebbe bisogno di essere difeso e poi imposto. Da questa distorsione originaria, facilitata da decenni di connivenze, sfruttamenti dei poveri e arricchimenti indebiti, ne conseguono altre che sono come drammatici anelli di una catena senza fine.
Anche la politica, dunque, in queste zone, si avvale con frequenza dell’apporto ‘normalizzante’ delle religioni per perpetuarsi come strumento di dominazione sui popoli. Nessuno crede più alle parole dei politici e sempre meno alla parole dei ‘religiosi’ che predicano bene e razzolano male all’ombra del potere. In Costa d’Avorio un proverbio diceva che “la bocca piena non può parlare!”.
Ne consegue che l’economia, la figlia primogenita della politica, si fonda sulle menzogne delle istituzioni finanziarie internazionali, degli interessi di chi si trova al governo e delle reti mafiose che ne assecondano le scelte. La corruzione economica non è altro che l’espressione più evidente di un sistema che deruba i poveri, mente per farlo e compra le coscienze degli intellettuali che dovrebbero smascherarla. Per completare il quadro, rimane in posizione privilegiata la menzogna creduta e propagandata del “mondo umanitario” che si regge sulla riproduzione dei poveri e delle emergenze legate all’insicurezza. Quanto ai mezzi di comunicazione, in buona parte sostenuti e finanziati dal Potere, non sono spesso che un pallido riflesso del ruolo di ‘sentinelle’ che dovrebbero allertare sull’arrivo dei ‘barbari’. La vicenda ‘Covid’ insegna.
All’inizio e alla fine di ogni menzogna si trovano le parole. Su di esse e il loro tradimento si fondano le menzogne quotidiane, cicliche e soprattutto quelle che dovrebbero evidenziare il destino ultimo delle persone e della storia. La scuola, l’economia, la politica e l’invenzione del mondo umanitario non sembrano nient’altro, al momento, che le forme riproduttive della menzogna. Le conseguenze di tutto ciò sono devastanti e il ritorno di Sylla, migrante tradito, alla casella di partenza, ne sono una parabola eloquente. Sappiamo però che dove abbonda il dramma abbonda pure il mistero della risurrezione. Dalle parole arriva la sconfitta e dalla parola comincia la liberazione. Come affermava Rosa Luxemburg: “Dire la verità significa chiamare le cose con il loro nome. Dare il nome giusto alle cose è un atto rivoluzionario”.