Sono chiamati al voto 1.192 Comuni, di cui 19 capoluoghi di provincia, per un numero di elettori pari a 12.147.040. Ma oltre la battaglia dei sindaci, le elezioni amministrative daranno le loro risposte alle tante partite politiche aperte: dai rapporti tra Pd e M5s alle tensioni tutte interne al centrodestra, dalla stabilità della leadership di Matteo Salvini nella Lega agli equilibri nella maggioranza che sostiene il governo Draghi. Gli occhi sono tutti puntati sulle 5 principali città alle urne: c’è Roma, dove l’esito è il più incerto, poi Milano, Napoli, Bologna e Torino. Il Pd sogna l’en-plein, in ogni caso è atteso a un ottimo risultato, tanto da far dire al segretario Enrico Letta che lunedì il suo partito “sarà il primo in Italia”. Dall’altro lato della barricata, sono elezioni delicate soprattutto per Salvini, che sa di andare bene in Calabria ma spera in qualche altro exploit per respingere le mire dell’ala più moderata – e nordista – del Carroccio.
Dove e quanto si vota – Le consultazioni elettorali si svolgeranno domenica 3, dalle 7 alle 23, e lunedì 4 ottobre, dalle 7 alle 15. L’eventuale turno di ballottaggio si terrà il 17 e 18 ottobre. In particolare, andranno al voto 19 capoluoghi di provincia dei quali 6 anche capoluoghi di regione: Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste. I restanti 13 capoluoghi di provincia chiamati al rinnovo sono Benevento, Caserta, Cosenza, Grosseto, Isernia, Latina, Novara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Salerno, Savona e Varese. Poi le elezioni regionali in Calabria e le elezioni suppletive della Camera a Siena e a Roma-Primavalle.
Milano, Bologna e Napoli – I giallorossi corrono insieme a Napoli, dove il candidato è l’ex ministro pentastellato Gaetano Manfredi, e a Bologna, dove invece l’uomo di punta è il dem Matteo Lepore. Se nel capoluogo emiliano-romagnolo si attende la vittoria al primo turno, la Campania sarà il vero banco di prova dell’alleanza tra M5s e Pd: la destra che ha candidato Catello Maresca arranca, ma la vera mina vagante è l’ex sindaco Antonio Bassolino. A Milano il favorito numero 1 è il sindaco uscente Beppe Sala e il dubbio è se riuscirà a vincere senza ballottaggio contro Luca Bernardo, il “pediatra” scelto e poi trascurato dal centrodestra. Il M5s si è presentato con Layla Pavone, pur sapendo di non avere vere chance di vittoria. In queste tre città, da solo o alleato col M5s, il Pd punta a una tripla vittoria.
Roma e Torino – A Roma e a Torino invece pentastellati e democratici si sfideranno direttamente uno contro l’altro e già si discute dei possibili apparentamenti al secondo turno tra 15 giorni. Soprattutto nel capoluogo piemontese, dove i sondaggi danno in vantaggio invece il candidato del centrodestra Paolo Damilano, un possibile accordo tra i giallorossi potrebbe ribaltare la situazione al ballottaggio. Nella Capitale invece il panorama è più indecifrabile: dei 4 candidati – Virginia Raggi (M5s), Enrico Michetti (centrodestra), Roberto Gualtieri (Pd) e Carlo Calenda – tutti aspirano più o meno legittimamente a un posto al ballottaggio. Enrico Letta e Giuseppe Conte sono ormai da mesi al lavoro per ridurre le distanze tra i propri rispettivi elettorati, anche nelle grandi città come Roma, dove per anni sono rimaste marcata divisioni. Le elezioni politiche sono all’orizzonte e proprio il buon esito degli eventuali accordi al secondo turno nelle città, la Capitale e Torino su tutte, potrebbe essere il miglior viatico per un futuro accordo nazionale.
I rapporti nel centrodestra – Nel centrodestra, invece, l’abbraccio tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni nella periferia romana ha provato a coprire le tensioni emerse non solo tra loro, ma anche con Silvio Berlusconi. I leader di Lega e FdI arrivano al voto scossi rispettivamente dal caso Morisi e dall’inchiesta di Fanpage sui rapporti tra Fratelli d’Italia e il mondo dell’estrema destra a Milano, con tanto di presunti finanziamenti in nero. Salvini ha già posto la sua asticella circa l’esito sopra la quale si riterrà soddisfatto: avere più sindaci del passato, calcolando però quelli delle grandi metropoli al pari dei piccoli centri. Tutto da vedere se basterà per rilanciare la sua leadership logorata dalle uscite di Giancarlo Giorgetti e dei governatori del Nord. Giorgia Meloni, invece, forte dell’onda positiva dei sondaggi, punta a sfidare proprio la Lega nelle sue roccaforti del Nord. Un sorpasso di FdI nelle valli dove un tempo dominava il Senatur avrebbe un contraccolpo molto forte all’interno del centrodestra.
Le regionali in Calabria – Forza Italia punta tutte le sue carte su Roberto Occhiuto, candidato molto forte in Calabria. Ma anche il partito azzurro, dopo le clamorose fuoriuscite di suoi dirigenti di spicco in Lombardia, teme un tracollo sempre al Nord. Nell’unica Regione al voto sarà un testa a testa tra Occhiuto e Amalia Bruni, la scienziata allieva di Rita Levi Montalcini scelta dal centrosinistra e sostenuta anche dal M5s. Un ulteriore terreno di scontro tra i due poli, dove a drenare voti all’area di centrosinistra c’è il sindaco uscente di Napoli, Luigi De Magistris, che però appare fuori dai giochi. Ma pure Mario Oliverio, ex governatore ed esponente della sinistra calabrese, ha deciso di candidarsi da solo.
Le suppletive a Siena e Roma – Sempre il 3 e il 4 ottobre si svolgono anche le elezioni suppletive della Camera dei deputati rispettivamente nella XII circoscrizione Toscana (collegio uninominale 12 – Siena) e nella circoscrizione XV Lazio 1 (collegio uninominale 11 – Roma – Quartiere Primavalle). A Siena punta al seggio lasciato libero da Pier Carlo Padoan il segretario Pd Enrico Letta. Il principale sfidante è il candidato del centrodestra, Tommaso Marrocchesi Marzi. Il terreno di scontro, come era logico, è stato il caso Mps. Letta, che si presenta con un simbolo elettorale che non ha riferimenti al Pd, all’esito delle urne ha legato il suo futuro politico, dicendo che in caso di sconfitta trarrà le conseguenze.
Al collegio della Camera di Primavalle, quartiere di Roma, vinto nel 2018 dalla pentastellata Emanuela Del Re (poi nominata rappresentate della Ue per il Sahel), sono invece tre i candidati principali: Pasquale Calzetta, per il centrodestra, Andrea Casu, per il centrosinistra, e l’outsider Luca Palamara, l’ex presidente Anm simbolo dello scandalo nomine che ha terremotato il mondo della magistratura. Mancano i referenti del M5s e di Carlo Calenda, che potrebbero appoggiare l’uno o l’altro pretendente al seggio. Difficile fare pronostici anche per l’incognita Palamara, che sta conducendo la sua campagna elettorale – mentre i grandi partiti sono in fuga – e quindi con risultati imponderabili.