Quando la trasmissione un anno e mezzo fa ha iniziato a porsi delle domande sulle origini del virus c’erano poche certezze. La più solida era legata all'origine naturale del virus: se ci fosse stata una qualche manipolazione genetica o un passaggio in laboratorio del virus, si diceva, si sarebbe visto. Una versione che nel corso dei mesi è stata messa in dubbio da molteplici scienziati di livello mondiale
PresaDiretta torna a Wuhan un anno dopo e, in seguito alla richiesta di 17 scienziati pubblicata dalla rivista Science di chiarire fino in fondo ogni dubbio sull’origine del virus, continua a provare a far luce sugli interrogativi che restano attorno a Sars-Cov-2 con uno speciale intitolato Le ombre della pandemia, in onda sabato 23 ottobre alle 21.40 su Rai3. Quando la trasmissione un anno e mezzo fa ha iniziato a porsi delle domande sulle origini del virus c’erano poche certezze. La più solida era legata all’origine naturale del virus: se ci fosse stata una qualche manipolazione genetica o un passaggio in laboratorio del virus, si diceva, si sarebbe visto. Ci sarebbero state delle “cicatrici”. A settembre 2020, Presadiretta aveva ospitato il microbiologo Ralph Baric, del North Carolina, il maggior studioso al mondo di coronavirus, tra i più grandi esperti nella costruzione di virus sintetici, autore della famosa chimera del 2015: “Si può ingegnerizzare un virus senza lasciare nessuna traccia. Le risposte che cercate però potete trovarle solo dentro gli archivi del laboratorio di Wuhan”, aveva risposto a Lisa Iotti nella puntata SARS-Cov-2 Identikit di un killer.
La tecnica molto sofisticata di cui parla Baric si chiama seamless, letteralmente “senza cuciture” grazie alla quale è possibile combinare materiale genetico di diversi tipi di virus senza lasciare cicatrici nelle giunzioni tra un pezzo e l’altro. In sostanza, una volta si vedeva la mano dell’uomo in queste manipolazioni, oggi no. Le parole del professor Baric, che ha lavorato con i ricercatori di Wuhan, avevano fatto il giro della Rete perché avevano aperto una crepa nella narrazione non escludendo la possibilità di una fuga dal laboratorio, anche se non probabile. Non solo: il professore aveva dichiarato a PresaDiretta che l’Istituto di Virologia di Wuhan ha la più grande raccolta al mondo di virus dei pipistrelli e che non tutte le sequenze dei virus su cui lavorano i ricercatori sono pubblicate. Era possibile, quindi, che tra quei campioni ci fosse SARS-Cov-2? Perché era stata esclusa con tanta forza la pista del laboratorio, se l’animale intermedio non si è mai trovato?
Una serie di articoli pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche avevano definitivamente tolto ogni dubbio: SARS-Cov-2 proveniva sicuro da un pipistrello, attraverso un qualche animale sconosciuto che aveva fatto da trampolino, come lo zibetto per la prima Sars o il dromedario per la Mers. Come ci fosse arrivato un virus dei pipistrelli, che si trovano nelle grotte a Sud della Cina, a più di 1.500 chilometri da Wuhan, era un mistero. Di certo non con un pangolino, visto che al mercato di Wuhan, contrariamente a quello che si è detto per mesi, non c’erano questi animali. Così come non c’erano pipistrelli in quel mercato. A marzo 2021 sulla rivista Science, fino quel momento molto cauta, è uscito un articolo a firma di 17 tra i più importanti studiosi al mondo che hanno chiesto di indagare l’ipotesi dell’uscita del virus dal laboratorio con lo stesso rigore dell’ipotesi naturale, perché altrettanto plausibile.
Nelle scorse settimane sono trapelate ulteriori novità. Il gruppo DRASTIC, il collettivo della rete che da un anno e mezzo indaga sulle origini del virus, riceve da una fonte anonima dei documenti indirizzati alla DARPA, un’agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare. Svariate pagine risalenti alla primavera del 2018, quando la EcoHealth Alliance – l’associazione non governativa con sede a New York che da anni fa ricerche in tutto il mondo per prevenire il rischio di pandemie – fa domanda all’agenzia per ottenere un finanziamento per un nuovo progetto chiamato DEFUSE, “disinnescare”: 14 milioni di dollari per tre anni e mezzo di ricerche finalizzati a identificare nuovi coronavirus simili alla Sars in Asia e prevenire il rischio del salto di specie. Un progetto in supporto dei militari americani che, chiamati a operare ovunque nel mondo, si trovano spesso in regioni a rischio di nuove malattie infettive virali. Tra i partner del progetto, insieme all’East China Normal University, l’Università del Nord Carolina – Chapel Hill, la Duke-National University a Singapore, il USGS National Wildlife Health Center e il centro di ricerca di Palo Alto, anche l’Istituto di Virologia di Wuhan. Un nuovo e fondamentale tassello per capire i rapporti tra l’associazione statunitense e l’Istituto cinese, partner anche in questo progetto.
PresaDiretta adesso torna a provare a far luce sulle origini del virus. Lo studio di EcoHealth Alliance era molto ambizioso: campionare pipistrelli in tre specifiche grotte nello Yunnan, la regione della Cina del Sud dove è stato trovato anche uno dei parenti più prossimi del nostro SARS-Cov2. Sono grotte di particolare importanza perché, come già verificato dai ricercatori, ospitano pipistrelli che trasportano Coronavirus simili alla Sars potenzialmente molto pericolosi per l’uomo. I ricercatori cinesi sono chiamati ad un grande lavoro di campionamento: 180 pipistrelli in ognuna delle 3 grotte ogni 3 mesi per 18 mesi, con altri prelievi specifici bisettimanali. Lo scopo era spedire i campioni nei laboratori partner e fare esperimenti per minimizzare il rischio che i coronavirus dei pipistrelli rappresentano per la popolazione umana: la proposta di EcoHealth Alliance non si era mai sentita prima e prevede di studiare in laboratorio la pericolosità dei virus campionati, inoculare su larga scala nei pipistrelli in natura degli immunomodulatori per potenziare il loro sistema immunitario e abbassare la replicazione dei virus e infine vaccinarli direttamente in natura, utilizzando una soluzione in aerosol.
Tra le varie manipolazioni che i ricercatori propongono di fare nei loro laboratori, una sembra più interessante di altre: inserire nei virus raccolti i cosiddetti “siti di taglio umano-specifici”, dei pezzetti di proteina che vengono riconosciuti dagli enzimi umani e aiutano il virus ad entrare nelle cellule. La presenza del sito di taglio specifico per l’enzima della furina è una delle caratteristiche di Sars-Cov2 sulla cui provenienza la scienza ancora non ha trovato una spiegazione soddisfacente. Un tratto che gli altri virus della famiglia di Sars-Cov2 non hanno e che lo rende particolarmente “bravo” ad infettare l’uomo. È di poche settimane fa la notizia del ritrovamento nel nord del Laos del virus ad oggi geneticamente più vicino al nostro. Simile al 96,8 per cento, ma comunque privo del sito di taglio per la furina. Rimane quindi ancora un mistero da dove Sars-Cov2 abbia ereditato questa caratteristica genetica che lo rende il “killer perfetto” che conosciamo. Nel documento di EcoHealth Alliance non sono specificati i tipi di siti di taglio che i ricercatori avevano intenzione di testare, ma può darsi che lo studio DEFUSE avesse in progetto di inserire nei virus campionati anche questo specifico pezzettino di Rna? Campionamento delle grotte dello Yunnan, invio dei campioni a vari laboratori del mondo, vaccinazione in massa dei pipistrelli nelle grotte, manipolazione di virus in laboratorio. Quanto sarebbe stata pericolosa questa ricerca?
Gli esperimenti di Gain of function, per una grande fetta del mondo scientifico sono pericolosi come giocare con il nucleare. Ma EcoHealth Alliance si era messa al riparo: fare manipolazioni in laboratorio usando coronavirus di pipistrelli simili alla Sars ma non il virus della Sars umana, non farebbe rientrare la loro ricerca nella definizione cosiddetta di Gain of function, i discussi esperimenti in virologia che aumentano le capacità di un patogeno di infettare l’uomo e sviluppare malattie. Ma molti scienziati interpellati non sono d’accordo e in tanti sottolineano l’importanza di riflettere una volta per tutte sui potenziali rischi connessi a questo tipo di ricerca, indipendentemente dal fatto che la comparsa di Sars-Cov2 vi sia legata. Il progetto alla fine viene rigettato. Per l’agenzia della Difesa la proposta manca di dati fondamentali, anche riguardo ad aspetti etici, sociali e legali. Nota però che certe parti della proposta sono di grande interesse nel caso ci fossero nuovi finanziamenti. Che ne è stato quindi di questo ambizioso studio non si sa. È andato avanti in qualche modo? Potrebbe essere stato finanziato solo in parte? La DARPA – contattata da PresaDiretta – risponde che “in conformità con i regolamenti federali statunitensi, non è autorizzata a divulgare chi può aver o non aver presentato una proposta” all’agenzia.
L’agenzia del Pentagono specifica poi che non “ha mai finanziato né direttamente né indirettamente come subappaltatore, alcuna attività o ricercatore associato ad EcoHealth Alliance o all’Istituto di virologia di Wuhan”. Ecohealth Alliance invece, come ormai fa da un anno a questa parte, al programma di Riccardo Iacona non risponde né fa dichiarazioni a riguardo.
È di pochi giorni fa la notizia che negli USA è passato con sostegno bipartisan un emendamento che vorrebbe impedire che il Dipartimento della Difesa finanzi in futuro EcoHealth Alliance. Ma l’associazione guidata da Peter Daszak negli ultimi ha ricevuto finanziamenti importanti da altre agenzie governative americane non legate alla difesa. In particolare, due cospicui grant ricevuti del NIAID, l’istituto sulle malattie infettive guidato da Anthony Fauci. Non si sapeva molto su questi progetti fino a qualche settimana fa, quando centinaia di pagine di documenti sono stati resi pubblici da The Intercept.