La Nave dei veleni di Alberto Maritati è un libro da leggere, perché fa capire l’Italia raccontando una storia avvincente, che richiamò l’attenzione di un maestro del sensazionalismo naturalistico: il comandante Jacques Cousteau. Maritati, nella seconda metà degli anni Settanta, era pretore (una figura che non esiste più) di Otranto, un paesino dell’estremo sud est della penisola italiana, di fronte all’Albania.

Non succedeva niente, a Otranto; i tempi degli attacchi dei turchi, con centinaia di teste mozzate (ancora in mostra nella Cattedrale), erano passati e la vita scorreva tranquilla. Per il canale d’Otranto, però, passa tutto il traffico navale dell’Adriatico e, una notte, due navi entrarono in collisione. Una affondò: la Cavtat. Era carica di centinaia di fusti di piombo tetraetile, una sostanza pericolosissima per gli umani e per l’ambiente. Finì a cento metri di profondità. Maritati si rivestì del potere conferitogli dallo Stato e prese in mano la situazione, scontrandosi con le avversità del mare e con quelle del potere politico.

Maritati racconta del recupero del primo bidone, con un gruppo di pescatori di corallo e l’ausilio del comandante del peschereccio Garibaldi, e di un’immersione con un piccolo batiscafo pilotato dal comandante Albert Falco, dell’equipaggio di Cousteau, per ispezionare la Cavtat a 100 metri. Racconta anche di un incontro con un gruppo di funzionari ministeriali, guidati da Franco Evangelisti, fido scudiero di Andreotti, che cercarono di intimidirlo e di farlo desistere da quel che stava facendo in piena legalità, proponendo soluzioni costosissime per un’operazione che stava risolvendo brillantemente con costi inferiori, grazie al coinvolgimento di una ditta italiana, la Saipem, sotto il controllo dello Stato. Oltre ai veleni della Cavtat ebbe a che fare anche con i veleni sparsi sulla sua reputazione, per delegittimarlo e togliergli il caso.

Come mai i politici volevano prendere il controllo delle operazioni? Come mai gli fu suggerita diverse volte una ditta statunitense, con costi altissimi, per fare un lavoro che si poteva fare con efficacia per costi molto più contenuti? Questo Maritati non lo spiega. La sua carriera in Magistratura ha subito una modifica quando si è dato alla politica, diventando Senatore della Repubblica, ricoprendo importanti ruoli istituzionali a livello parlamentare e governativo. Gli rimane il riserbo del magistrato che, senza prove, non propone alcuna interpretazione.

A me, lettore, sorge il dubbio che quei soldi in più sarebbero andati nelle casse di politici e faccendieri. Evangelisti era quello che telefonava ai costruttori e quelli gli chiedevano cosa gli “servisse”. Lo scandalo dei petroli, con i “Pretori d’assalto di Genova”, e poi “Mani Pulite”, con i Magistrati della Procura di Milano, hanno scoperchiato un sistema di perenne ladrocinio che ha dissanguato le casse dello Stato. Se oggi siamo in deficit, lo dobbiamo a quel costume. Operazioni che costavano due venivano finanziate con dieci. Tanto paga lo Stato.

Il libro di Maritati, anche lui definito “Pretore d’assalto”, racconta l’esito felice di una vicenda di inquinamento ambientale, ma, in filigrana, ci mostra un inquinamento istituzionale non ancora risolto. Nella mia personale esperienza ho visto imprese per centinaia di milioni (di euro) di soldi pubblici che hanno dato esiti fallimentari e che sono state riproposte con altro nome, ottenendo altrettanti finanziamenti. Anche io, come Maritati, non riesco a spiegarmelo e non ho alcuna prova che si tratti di imprese dal costo gonfiato. Per quali motivi avvengono queste cose? Mah! Basti pensare alle concessioni per la rete autostradale. Il concessionario guadagna miliardi, non fa manutenzione, crolla un ponte, muoiono 48 persone e il contratto prevede che, in caso di revoca da parte dello Stato, si debba pagare una penale spropositata al responsabile del disastro che ha portato alla morte di decine di persone e a una rete autostradale abbandonata all’incuria. Come mai i contratti sono stati redatti in quel modo da parte dei “servitori dello Stato”? Come mai il Governo voleva recuperare la Cavtat affidando le opere a una ditta che avrebbe preso una cifra spropositata rispetto al costo effettivo delle operazioni?

Il raccontato di Maritati è attualissimo e ci mostra come la cronaca di oggi sia il frutto di cronache del passato che, ripetendosi, diventano storia. Non è mia intenzione rivelare ulteriori dettagli, perché la scrittura di Maritati non è quella dei verbali della Magistratura e il suo libro si legge d’un fiato. Oramai ci siamo abituati a racconti televisivi di funzionari di provincia che risolvono enigmi e situazioni difficili. Li trovo un po’ stucchevoli e forzati. Ma questa è una storia vera, di quelle che ne capita una nella vita. Maritati potrebbe diventare il protagonista di una fiction, ma dubito che lo sceneggiatore arriverebbe a inserire in una sola storia gente come Cousteau, Andreotti, Evangelisti e tanti altri che riconoscerete. Sembrerebbe un’esagerazione, una forzatura: son cose che nella vita vera non avvengono. E invece…

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