“Grazie per avermi salvato la vita”. Lo ha detto tra le lacrime Nicola Pisu a sua mamma, Patrizia Mirigliani, durante l’ultima puntata del “Grande Fratello Vip”. Una frase forte, come forte è la loro storia. Era l’inizio del 2020 quando mamma Patrizia ha denunciato suo figlio per salvarlo dalla tossicodipendenza. Oggi lui è all’interno della Casa del reality di Canale 5. “Non vedevo emozioni in Nicola da tempo. Il nostro incontro, e più in generale la sua presenza all’interno del programma, è servizio pubblico: queste storie, così potenti, possono aiutare tante persone”, racconta a FqMagazine la patron di “Miss Italia”.
Lei, quella sua e di Nicola, l’ha definita una battaglia che sembrava impossibile.
“È durata tantissimi anni, da quando lui aveva 18 anni, con alti e bassi. In alcuni momenti si pensava che potesse esserne uscito. Quando ci ricadeva, era un dolore in più per lui e per me. Queste battaglie le combatti sempre insieme. Con Nicola abbiamo tentato varie strade, senza mai la convinzione che gli ho visto recentemente. Andare a esporsi in un programma pubblico è stato coraggioso”.
Quando ha capito per la prima volta che suo figlio era entrato nel vortice della dipendenza?
“Quando ha compiuto 18 anni io ho capito che era cambiato qualcosa in lui. Non era più spensierato. Era diventato strano. Gli erano cambiate le espressioni, gli atteggiamenti. Lui, che è un ragazzo di una sincerità e di una tenerezza incredibile, aveva cambiato il suo modo d’essere. Come se avesse un segreto da nascondere. Come se si fosse chiuso in se stesso. Lui ha vissuto degli anni bui, era sempre triste e io mi chiedevo il perché”.
Perché Nicola veniva bullizzato?
“Il bullismo che lui ha subito negli anni è stato tremendo, e io l’ho saputo solo recentemente. Nicola si vergognava di dirmelo. Vergognarsi di essere umiliati è brutto, ti senti in colpa anche se non lo sei. Il suo problema, non so se chiamarlo balbuzie, è legato a un aspetto ansioso. Lo rendeva vulnerabile davanti ai compagni di scuola, che si sono dimostrati spietati nei suoi confronti. Dai 18 anni in poi, tutto questo è sfociato nelle dipendenze. Nicola ha cercato di gestire la sua emotività, poi ha preferito non pensare. Oggi i ragazzi, di fronte ai problemi, preferiscono sballarsi. Anche Nicola in quel momento ha preferito non confrontarsi con se stesso, forse perché impaurito, e ha preferito una strada diversa che gli faceva male”.
Prima della denuncia, quanti tentativi di aiuto sono stati fatti?
“Sono stati fatti vari tentativi in comunità, poi in alcune case di cura che trattavano il problema, e ancora in comunità. Non riuscivo a capacitarmi di non poter riuscire a salvare questo ragazzo. È una sensazione di impotenza quella di vedere un figlio che si sta autodistruggendo e tu non sai come salvarlo. All’inizio del 2020 ho capito che non c’erano altre strade, se non quella della legge. Una cosa ci tengo a precisarla: io non ho mai subito violenza fisica da parte di mio figlio, ma un tipo di violenza legata alla continua richiesta di denaro. Quando hai un figlio in casa, pensi di avere una persona di cui fidarti. Quando questo figlio, per i problemi che ci siamo detti, comincia a rubare e portare via degli oggetti con un valore anche affettivo, entri in uno stato di prostrazione tremenda perché ti senti tradita da chi non pensavi lo potesse fare mai”.
Senza la denuncia, pensa che le avrebbe salvato la vita?
“No, lo devo dire francamente. Era una sfida continua. ‘Tanto tu non mi denuncerai mai’, ‘Tanto non ne avrei mai la forza’. Non era più lui, io parlavo con un’altra persona. Credo che quella denuncia abbia fatto capire a Nicola che c’erano dei limiti oltre i quali non sarebbe più potuto andare. La denuncia è stata importante, ha messo un freno e l’ha aiutato”.
Pensa che suo figlio l’abbia odiata?
“Mi ha assolutamente odiata. Pensi che ha fatto uscire sui giornali la notizia della denuncia, che lui trovava ingiusta, come una sorta di vendetta. Si sentiva una persona che non meritava questo comportamento”.
Quando è finito l’odio ed è arrivata la consapevolezza? Quando l’ha “perdonata”?
“Per un anno, un anno e mezzo, lui non mi ha più vista. Non ci potevamo vedere (lui aveva il braccialetto elettronico, non poteva avvicinarsi alla mamma, ndr) e ci siamo distaccati completamente, tranne un paio di telefonate di tipo pratico. Io ho fatto il Natale senza di lui, la Pasqua senza di lui, le vacanze senza di lui. Lui ha fatto il lockdown da solo. Mettere questo freno al nostro rapporto è stato molto difficile, mi creda. Un po’ alla volta lui ha capito”.
Lei quanto ha sofferto?
“La sofferenza è stata grande. Quando sono entrata nel commissariato per raccontare quello che stava accadendo, mi sono sentita male. Sono entrata piangendo, sono uscita piangendo. Sono stata male per mesi. Le mie giornate erano quelle di una donna disperata. Con tutte le preoccupazioni che avevo per il lavoro, questo problema era diventato il problema della mia vita. Io volevo salvare Nicola, e solo quando una mamma tocca il fondo le viene la forza di affrontare i problemi. Il fondo lo abbiamo toccato entrambi, sia io che Nicola”.
Il suo nome è sempre stato legato alle vicende di Miss Italia. Mai uno scandalo, niente di niente. Quanto le è costato mettere in piazza questa storia?
“Prima, al solo pensiero che tutto questo potesse essere pubblico, mi sentivo male. Ho sempre mantenuto una vita corretta e riservata. ‘Adesso cosa succederà?, pensavo. Quando Nicola ha fatto uscire la notizia, ed è esplosa in una maniera pazzesca in quei giorni, ero destabilizzata. Non capivo. Dopodiché è stato liberatorio. È stato, alla fine, terapeutico per entrambi. È diventata anche una condivisione con tante mamme che condividono questo problema, e giuro che sono tantissime. Non mi sono sentita sola. Queste storie vanno raccontate affinché siano d’esempio per chi non ce la fa”.
Cosa le dicono le altre mamme?
“Questo tipo di problema, che è esteso a tante famiglie, non è da sottovalutare. Ci sono tante mamme che mi scrivono, che mi parlano. Ci confrontiamo. Nessuno di noi, e parlo al plurale, ha in mano la soluzione a queste problematiche però possiamo far capire ai nostri figli quali sono i limiti invalicabili oltre i quali non possono andare perché poi subentra, e deve subentrare, la legge. In quel commissariato io ho capito che stavo facendo qualcosa contronatura, perché i genitori tendono a proteggere i loro figli, ma dovevo farlo”.
Oggi la denuncia è stata ritirata?
“La denuncia è stata ritirata, Nicola non ha più il braccialetto elettronico. Si è potuto riavvicinare a me dopo tanto tempo, e la prima cosa è stata venire a casa a trovarmi. Questa denuncia è un piccolo neo che si porterà addosso per tutta la vita, come un tatuaggio che devi ricordare. Adesso deve dare le prove – a me, alle persone che gli sono state vicine, e anche alla stessa legge – che lui è veramente cambiato”.
Il “Grande Fratello Vip” può essere davvero un aiuto al suo percorso?
“Lo scorso anno, per pura casualità, ho cominciato a seguire questo programma con più attenzione. Mi ha incuriosita perché era come se fosse un’enorme seduta psicologica, in cui il più grande psicologo dei tempi era Signorini. Arrivavano questi personaggi che si raccontavano in un modo, ma in sostanza erano in un altro e alla fine raccontavano di sé le cose più vere. Non ricordo altre trasmissioni che raccontano la società e le sue sfumature con questa sincerità. Il fatto che nella casa più spiata d’Italia entri un ragazzo che porti il suo mondo, le sue difficoltà, come la paura del giudizio e l’integrazione nei gruppi, è terapeutico. Per lui è un confronto continuo. Se non ce l’ha con i suoi compagni di casa, ce l’ha con il pubblico o con Alfonso. Nicola non basa la sua partecipazione al GF sulla strategia o sul conflitto, che troppo ha subito negli anni della scuola, ma rappresenta semplicemente se stesso con pregi e difetti”.
Come lo vede all’interno della Casa?
“Fino al giorno prima della prima puntata temevo che fuggisse e non entrasse più, come spesso è successo nella sua vita. Entrando ha superato se stesso, perché è riuscito a rompere degli schemi che gli hanno sempre fatto male. Forse ha capito di voler essere accettato per quello che è, con le sue paure, le sue difficoltà e le sue angosce. È un modo di rimettersi in gioco nella vita, sentendosi parte di un mondo ‘normale’, senza un atteggiamento punitivo”.
Lo vede cambiato?
“L’ho visto fare ginnastica, e non sa che bella notizia sia. Per anni aveva vergogna. Talmente lo avevano attaccato che lui voleva sparire, voleva essere trasparente. Il mondo dei giovani è spietato, anche negli stessi asili o nelle scuole elementari ci vorrebbe più controllo per la protezione di questi ragazzi. I bambini, si sa, dicono la verità. Se un adulto vede un ragazzo che zoppica, non gli chiede ”perché lo fai?’. Il bambino te lo chiede. Nelle scuole nasce la prima forma di violenza, purtroppo. Sul bullismo nelle scuole ci vuole più attenzione nel proteggere questi ragazzi, la scuola non si pone più come un punto di riferimento”.
Lei ha detto che ora vede un leggero filo di speranza nella vita di Nicola. Perché è soltanto un filo?
“Voglio essere realista. Queste battaglie, prima di dire di averle vinte, ce ne vuole molto. Non è così facile. Sono più ottimista, ora. Questo pianto che ha fatto Nicola quando mi ha vista è il pianto di una persona che ha riacquistato la sensibilità che aveva perso. Non vedevo da tempo emozioni in lui. Questo ragazzo non ha vissuto per 12 anni. Gli ruotava attorno anche un mondo interessante, il mio mondo, ma lui era assente da tutto. Ora sta tornando a vivere”.