Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento dell’aria è attualmente responsabile di 7 milioni di morti premature nel mondo ogni anno. In Italia sarebbero circa 50mila, stando all’ultimo rapporto sulla qualità dell’aria dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.

L’analisi di oltre 500 articoli scientifici condotta dalla stessa Oms – i cui risultati sono stati confrontati e valutati attraverso un accurato processo di peer-review effettuato anche da esperti esterni all’organizzazione – ha messo in evidenza che l’esposizione prolungata anche a bassi livelli di questi inquinanti costituisce un pericolo per la salute umana e che, di fatto, non esiste una soglia al di sotto della quale il rischio non aumenta.

Sulla base di questi e di altri, altrettanto stringenti, elementi, il 22 settembre scorso l’Oms ha reso pubbliche le nuove linee guida sulla qualità dell’aria, riducendo notevolmente i limiti per l’esposizione a lungo termine agli inquinanti più dannosi per la salute, in particolare il particolato fine e il biossido di azoto.

L’Oms ha indicato come concentrazione media annuale di riferimento per le particelle di diametro inferiore a 2,5 micrometri (PM 2.5) il valore di 5 microgrammi per metro cubo, la metà rispetto al 2005. Per il biossido di azoto il taglio è stato ancora più netto, passando da 40 a 10 microgrammi al metro cubo in media all’anno. La concentrazione media annuale delle particelle con diametro inferiore a 10 micrometri (PM 10), invece, non dovrebbe superare i 15 microgrammi al metro cubo (nel 2005 erano 20).

La decisione dell’Oms è di grande rilievo: sia perché il precedente aggiornamento risaliva al 2005, come accennato; sia soprattutto perché i valori indicati dall’Oms non sono legalmente vincolanti ma servono (o almeno dovrebbero servire) a ispirare le legislazioni nazionali e comunitarie in questo campo. Anche per queste ragioni questo passo dell’organizzazione più importante del pianeta in materia di salute pubblica merita qualche nota a margine.

1) Lo ha scritto nero su bianco la peer-review dell’Oms: l’esposizione prolungata anche a bassi livelli di questi inquinanti costituisce un pericolo per la salute umana; di fatto non esiste una soglia al di sotto della quale il rischio non aumenta. Se ne ricava che la pretesa efficacia protettiva dei valori–soglia (o valori–limite) è una delle tante leggende (o fake news) metropolitane che contaminano il dibattito, più o meno scientifico, in questa materia nevralgica. Ma soprattutto inquinano le scelte e le politiche sanitarie dei decisori politici; ed è una delle forme di inquinamento più perniciose per l’ambiente e la salute pubblica.

Le soglie restano un dato frutto della combinazione di una serie di fattori che vanno dallo stato – più o meno avanzato e più o meno correttamente accertato – delle evidenze scientifiche alla necessità di bilanciare interessi economico-produttivi (di solito prioritari) e istanze di tutela dell’ambiente e della salute pubblica (altrettanto regolarmente recessive); fino ai rapporti di forza esistenti in un dato momento storico in una certa realtà socio-politica. Insomma, tutti elementi che non costituiscono necessariamente un trionfo del principio di precauzione, se non proprio di prevenzione.

2) Qualsiasi discussione, specie in ambito politico-istituzionale, su Green deal, Recovery fund e affini dovrebbe partire da questi dati e da questa decisione dell’Oms. E possibilmente lì tornare per concludersi.

3) Lo si dice senza alcuna supponenza o velleità didattica nei confronti dei ragazzi e delle ragazze del Fridays for future, cui invece va la gratitudine di chi scrive: quella climatica non è la sola emergenza in senso lato ambientale. Ce ne sono di ulteriori come si vede e, se possibile, ancora più drammaticamente immediate e lesive per la salute umana. E la chiave di lettura, ma soprattutto il modo per contrastarle più adeguato, forse, non è la guerra tra generazioni; ma la resistenza degli inquinati agli inquinatori, che sono categorie assolutamente trasversali sotto il profilo anagrafico.

4) In materia di tutela dell’ambiente e della salute pubblica, dove si puote ciò che si vuole, le parole scritte e parlate sono ancora in quantità insopportabilmente superiore alle buone pratiche, ai provvedimenti concreti, alle norme cogenti: in una parola, ai fatti. E questo minaccia di far degradare al rango di mere parole anche l’ultima decisione dell’Oms.

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