Alla fine sono arrivate le scuse anche di Mark Zuckerberg per il gigantesco blackout globale. “Scusate per l’interruzione, sappiamo quante persone fanno affidamento sui nostri servizi per restare connesse”: sono le parole postate dal numero uno di Facebook dopo le sei ore di down delle sue app. Intorno alle 17,40 i server di Facebook, WhatsApp e Instagram sono infatti collassati rendendo di fatto inaccessibili le tre piattaforme per gli utenti. La notizia di migliaia di segnalazioni di malfunzionamento è pian piano rimbalzata sui giornali di tutto il mondo. In Italia, solo poco prima dell’una di notte le tre piattaforme hanno ripreso lentamente a funzionare. Le ragioni di un guasto senza precedenti nella storia dei social network gestiti da Mark Zuckerberg restano ancora non del tutto chiare. dapprima i manager di Facebook si sono trovati – tra le critiche e l’ironia – a chiedere scusa usando la piattaforma del rivale Twitter: “Ci scusiamo per gli eventuali disagi, stiamo lavorando per risolverli”, ha scritto il capo della comunicazione di Menlo Park. Poi, nella mattinata di martedì italiana, è arrivata la prima spiegazione ufficiale: il blackout mondiale che ha colpito Facebook e le sue app Instagram e WhatsApp è stato provocato da modifiche alla configurazione dei router che coordinano il traffico di rete tra i suoi centri dati. “Questa interruzione del traffico di rete ha avuto un effetto a cascata sul modo in cui comunicano i nostri centri dati, bloccando i nostri servizi“, ha dichiarato in un post il vicepresidente delle infrastrutture di Facebook, Santosh Janardhan.
Detto fuori da termini tecnici: è come se Facebook e gli altri servizi connessi si fossero “chiusi fuori” dal web. La premessa è che i computer convertono siti web come Facebook.com in indirizzi numerici (IP), attraverso un sistema che un esperto contattato dal New York Times ha paragonato alla rubrica di un telefono. “Il problema interno che si è verificato in Facebook – ha spiegato John Graham-Cumming, chief technology officer di Cloudflare – è stato l’equivalente del rimuovere i numeri di telefono degli utenti dai loro nomi in rubrica, rendendo impossibile chiamarsi”. È come se improvvisamente fossero stati cancellati i percorsi che consentivano agli utenti di accedere ai server di Facebook. In pratica, milioni di smartphone e di altri dispositivi stavano cercando insistentemente di trovare le app di Facebook su Internet, ma la strada per raggiungerlo era ormai un’altra, così questi tentativi inutili generano traffico che rallenta tutti gli altri accessi.
Vista l’impossibilità di correggere il problema da remoto, anche perché tutti i sistemi di comunicazione interna dei dipendenti sono presenti sul dominio che era diventato irraggiungibile, Facebook è stata costretta a inviare una sua squadra di tecnici nei data center di Santa Clara, in California, per provare a risolvere il problema resettando manualmente i server. Non solo: Sheera Frenkel, reporter del New York Times, ha anche spiegato su Twitter che i dipendenti “non sono stati in grado di entrare negli edifici questa mattina (lunedì) per iniziare a valutare l’entità dell’interruzione perché i loro badge non funzionavano per accedere alle porte”. I sistemi di accesso, infatti, dipendono dagli stessi server che erano in quel momento irraggiungibili.
Il blackout è arrivato proprio nel giorno in cui Facebook – il cui titolo è nel frattempo crollato a Wall Street – si è dovuta difendere dalle accuse di una ex dipendente che ha passato al Wall Street Journal documenti interni compromettenti per la società. Stando ai file consegnati dalla ex manager Frances Haugen, il gruppo non solo non ha mai realmente voluto modificare il funzionamento degli algoritmi nonostante favorissero la rabbia sociale, ma ha anche ha avuto un ruolo negli eventi culminati con l’attacco al Congresso del 6 gennaio allentando troppo presto i controlli imposti per le elezioni del 2020.