Esattamente 10 anni fa veniva a mancare Steve Jobs, co-fondatore della Apple e padre della rivoluzione tecnologica che ha portato al mondo strumenti come il Mac, l’iPhone e l’iPad – oggetti che hanno cambiato il modo in cui le persone interagiscono tra loro e svolgono il proprio lavoro.

Di Steve Jobs, oggi, è rimasto il ricordo di un genio visionario, capace di combinare in modo fluido creatività e tecnologia, arte e business, bellezza e praticità. Un leader carismatico che è stato in grado di correre verso il futuro e convincere le persone a seguirlo nel viaggio.

Eppure, prima di sposare la narrazione costruita negli anni intorno a Jobs, è necessario fermarsi a ragionare sul modello di leadership di cui è stato fautore – un modello dispotico, egoriferito e culturalmente tossico che oggi non troverebbe spazio nei piani alti della scena tech.

Il paradosso di coloro che attualmente operano nel campo dell’innovazione e celebrano il mito di Steve Jobs è che non avrebbero mai voluto avere l’ex CEO della Apple come capo. Li avrebbe aspettati un regime filodittatoriale basato sulla paura e sul culto della personalità. S’intenda, non si sta qui suggerendo di mettere in discussione i risultati ottenuti dalla leadership di Steve Jobs: se non fosse stato per lui, la Apple non sarebbe diventata uno dei principali colossi del tech per fatturato, numero di dipendenti e impatto sul mercato del tech.

Il punto, qui, è mettere in discussione la possibilità di implementare il suo modello di leadership nell’imprenditoria moderna, ricordando che a 10 anni dalla sua scomparsa il mondo non sarebbe in grado di accettare la tirannia tanto accettata ai tempi della sua gestione come CEO.

Incapace di delegare responsabilità ad altri, Jobs non era in grado di fidarsi dei propri collaboratori – o stimarli abbastanza da metterli in prima fila su decisioni importanti. Inabile nell’esprimere empatia, era anzi solito umiliare pubblicamente i membri del proprio team.

Il celebre co-fondatore del colosso di Cupertino, Steve Wozniak, ha più volte dichiarato come Jobs, grande uomo d’affari, avesse la tendenza a prendersi i meriti per il lavoro svolto da altri – oscurando l’operato dei propri collaboratori e incolpando gli altri per errori propri.

La quantità di ex dipendenti Apple che hanno pubblicato libri o rilasciato interviste per denunciare la leadership tossica di Steve Jobs è la fotografia dell’insoddisfazione di chi, appena evaso dalla prigionia, ha voluto condividere col mondo il male visto in azienda. Eric Canton, ex Engineering Project Manager di Apple, ha rivelato su Medium che Jobs sia diventato un “idiota gigante” solo dopo che l’azienda era diventata abbastanza grande da potersi permettersi “un turnover enorme” mentre per chi restava Jobs rappresentava un “marito violento”.

Michael Dhuey, ex Electrical & Computer Engineer di Cupertino, ha raccontato su VentureBeat che i dipendenti Apple avevano il terrore di incontrare Jobs in ascensore. Annoiare l’ex CEO della Apple nel viaggio dal quarto al primo piano poteva significare perdere il lavoro.

Bene ricordare che il disinteresse di Jobs verso l’umanità sul posto di lavoro si estendeva ben oltre la California, arrivando fino in Cina. A Wuhan, città oggi nota come origine della pandemia da Covid-19, gli operai della Foxconn che producevano gli iPhone lavoravano in condizioni inumane. Nel 2010 alcuni lavoratori si tolsero la vita per via dello stress. Due anni dopo, 150 lavoratori minacciarono l’azienda di commettere un suicidio di massa se non avessero ricevuto l’incremento di salario promesso. Ancora oggi, nella Foxconn, sono installate reti antisuicidio.

Altro aspetto negativo della leadership di Steve Jobs era la curiosa ipocrisia di fondo con cui sfiduciò i suoi stessi prodotti. Fun fact: ai suoi figli negò la possibilità di utilizzare gli iPad in casa perché li riteneva troppo pericolosi in quanto creavano molta dipendenza. Adam Alter, professore di marketing alla New York University, spiega che mentre in pubblico Jobs descriveva gli iPad come “strumenti fantastici in grado di fornire strumenti educativi”, in casa propria ne negava l’accesso alla prole perché “difficili da resistere”.

Descritto da sua figlia Lisa Brennan-Jobs come un “uomo sadico e un padre orribile”, l’ex CEO della Apple ha finito per condizionare l’immaginario dell’ecosistema startup nella Silicon Valley per molti anni – illudendo molti wannabe Steve Jobs che comportarsi male fosse la cosa giusta.

Gary Vaynerchuk, imprenditore americano, ha più volte ammesso che Jobs abbia “fondato il suo impero sulla cattiveria” e che troppi giovani startupper, tentando di imitarlo, abbiano accettato la narrazione per cui trattare in modo spietato i collaboratori fosse sinonimo di efficienza.

La leadership moderna, per fortuna, ha fatto il suo corso, e comportamenti che una volta permeavano la cultura aziendale della Apple ai tempi di Jobs oggi sarebbero semplicemente inaccettabili da qualunque punto di vista – umano, legale e anche strategico. Il mondo, 10 anni dopo la sua scomparsa, celebra il genio di un uomo che ha lasciato in eredità un’azienda di successo e prodotti unici. Ma la memoria, severa, ricorda anche il modello di leadership di Steve Jobs – un modello che la storia ha semplicemente scartato.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Alitalia, il flashmob delle dipendenti: “No alle discriminazioni nelle assunzioni in Ita” – Video

next