Secondo i pm, il legale e gli altri due indagati "si associavano allo scopo di ricevere utilità da soggetti privati sfruttando le relazioni di ciascuno di loro con soggetti incardinati ai vertici di istituzioni pubbliche e strutture appaltanti"
“Gli è cambiata la vita! Quelli si sono trovati dal giorno alla notte quell’altro sfigato a fare il fenomeno, no? E stanno a sfruttare la situazione… Perché hanno la gente che gli va a chiedere le cose!… Lui dice che è lui, è il suo nome invece che dà valore alle cose… È meglio giocarcelo quando devi calare un asso, non per le stronzate!”. L’intercettazione, riportata dal Corriere della Sera e da Repubblica, è citata nel decreto della Procura di Roma che ha ordinato la perquisizione – eseguita martedì – negli studi professionali di Luca Di Donna e degli altri due avvocati Giancarlo Esposito e Valerio De Luca, indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite: secondo l’accusa, “si associavano allo scopo di ricevere utilità da soggetti privati sfruttando e mettendo a disposizione reciproca le relazioni di ciascuno di loro con soggetti incardinati ai vertici di istituzioni pubbliche e strutture appaltanti”. A parlare al telefono, ascoltati dai Carabinieri del Comando provinciale di Roma, sono un collega di Di Donna e un manager, che si riferiscono a lui chiamandolo “il prof.”. Di Donna, infatti, è anche ordinario di Diritto privato alla Sapienza. L’inchiesta è guidata dai sostituti Gennaro Varone e Fabrizio Tucci e coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal capo, Michele Prestipino.
Quel colloquio per gli inquirenti è “significativo” perché in sintesi vuol dire che, secondo chi parla, “Di Donna ha acquisito potere e ha potuto condurre gli interventi che hanno portato un arricchimento economico per tutti i sodali, dopo che una terza persona si è affermata (s’intende verosimilmente sotto il profilo politico ndr); da quel momento le porte della Pubblica amministrazione si sono aperte per loro, e le hanno sfruttate a pieno”. Secondo i vari giornali che hanno anticipato l’esistenza del fascicolo, quella terza persona è l’ex premier Giuseppe Conte, che in passato ha condiviso con Di Donna lo studio legale. Ma il presidente del Movimento 5 stelle, che non è coinvolto in alcun modo nell’indagine, ha ribadito da subito la propria estraneità alla vicenda: “Da quando sono diventato presidente del Consiglio non ho più frequentato Di Donna, né so nulla della sua attività professionale”. E ha smentito in modo netto la circostanza, riportata anch’essa dalla stampa, che l’avvocato fosse stato incaricato da lui di stendere il nuovo statuto del Movimento.
In pratica per gli inquirenti Di Donna ed Esposito si facevano pagare per “sfruttare le loro relazioni personali con pubblici ufficiali“. Per i pm dunque i due trafficavano spendendo il nome di alti dirigenti: secondo Repubblica pure quello dell’allora premier. Ma la convinzione della procura è che lo facevano a loro insaputa. Oltre all’associazione a delinquere, al centro delle indagini ci sono tre episodi di traffico di influenze, legati anche a segnalazioni di operazioni sospette della Banca d’Italia. Uno dei questi vede coinvolta la struttura commissariale per l’emergenza Covid, ai tempi in cui era guidata da Domenico Arcuri (non indagato). L’indagine (inizialmente nata per corruzione, poi derubricata) è partita da un imprenditore, “a cui era stata revocata“, si legge negli atti riportati dai giornali, “dalla struttura commissariale una commessa per la fornitura di mascherine chirurgiche“. All’imprenditore vengono indicati Esposito e Di Donna. Li incontra il 30 aprile 2020 “quali intermediari – scrivono i pm nel decreto di perquisizione – in grado di garantire affidamenti diretti da parte della struttura. In quell’occasione, i due avevano fatto sottoscrivere una accordo per il riconoscimento in loro favore di somme di denaro. I due non avevano mancato di rimarcare la vicinanza di Di Donna – scrivono ancora i pm – con ambienti istituzionali governativi”. C’era stato anche un secondo incontro, durante il quale – si legge ancora negli atti – “Di Donna si era fatto trovare presso lo studio Alpa in compagnia di un generale della Finanza”. Arcuri, però, confermerà la revoca l’appalto all’imprenditore. Va segnalato che siamo in un periodo – la primavera del 2020 – in cui l’Italia era a caccia di mascherine, respiratori e test molecolari.
Le indagini – riporta invece il Corriere – hanno accertato che, a seguito di un contratto ottenuto dalla società Adaltis per la fornitura di test molecolari, Di Donna, Esposito e De Luca hanno guadagnato almeno 381.800 euro (ma un altro calcolo porta la cifra a circa 800mila). Che però sarebbero stati versati e spartiti con regolari bonifici, sebbene per la Procura si tratti di “remunerazione indebita della mediazione illecita, in quanto occulta e fondata su relazioni personali con pubblici ufficiali della struttura commissariale”. La prima offerta di Adaltis per la fornitura è stata presentata e accettata a metà maggio 2020. A dicembre 2020, ancora Adaltis ha ricevuto nuovi appalti di test molecolari per quasi 2 milioni e mezzo di euro, dopo i quali “Di Donna, Esposito e De Luca hanno ricevuto bonifici che non trovano, allo stato, lecita spiegazione”.