Il colosso italiano collabora con il re del Paese nordafricano a un progetto energetico che porterà a costruire due nuovi parchi eolici nel territorio occupato, senza il consenso del popolo saharawi. La denuncia di Western Sahara Resource Watch: "Il Marocco utilizza progetti di energia rinnovabile per ripulire le sue violazioni del diritto internazionale”
Il rischio di legittimare l’occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco. E di girarsi dall’altra parte. Perché la corsa all’eolico, normalmente auspicabile, a quelle latitudini rischia di diventare uno strumento per rendere il Marocco sempre più dipendente dai progetti energetici nei territori occupati e mantenere così la sua presenza militare, contro cui si batte il popolo saharawi. È la denuncia di Western Sahara Resource Watch, ong che indaga sullo sfruttamento delle risorse naturali di quell’area, a una settimana dalla sentenza della Corte di Giustizia europea che ha annullato – proprio perché conclusi “senza il consenso del popolo del Sahara occidentale” – gli accordi commerciali e di pesca tra l’Ue e lo Stato nordafricano.
Da quasi mezzo secolo il Sahara occidentale è al centro di un conflitto tra il Marocco (che nel 1976 occupò i terreni lasciati dalla Spagna di Franco con un’operazione non riconosciuta a livello internazionale, e ora vuole l’annessione) e il Fronte Polisario dei saharawi, che mirano all’indipendenza in attesa di un referendum promesso dall’Onu e non ancora tenuto. Western Sahara Resource Watch pubblica un report sui piani legati all’eolico e al fotovoltaico e racconta il ruolo chiave di aziende come Enel Green Energy (ma anche altre, come la spagnola Siemens Gamesa Renewable Energy) che, attraverso partnership con il Marocco, contribuiscono “a rendere politicamente più verde l’occupazione”. Enel, infatti, è proprietaria della maggior parte dei progetti di energia eolica portati avanti dal Marocco (anche nei terreni occupati), attraverso le sue partnership con Nareva, compagnia energetica interamente di proprietà della SNI, la holding del re Mohammed VI. “A novembre 2021, mentre i governi del mondo si incontreranno a Glasgow per la COP26 – scrive Western Sahara Resource Watch – il Marocco è in procinto di erigere il più grande progetto energetico che si sia mai visto su un territorio occupato”.
L’APPELLO – E se il Paese si afferma a livello internazionale come il migliore sul fronte delle rinnovabili, nel report si ricorda che gli Stati dovrebbero presentare solo gli sforzi intrapresi nel proprio territorio e non al di fuori dei propri confini. “La comunità internazionale non dovrebbe consentire al Marocco di utilizzare progetti di energia rinnovabile per ripulire le sue violazioni del diritto internazionale” spiega a ilfattoquotidiano.it Erik Hagen, membro del cda di WSRW, che chiede “l’uscita immediata di tutte le società energetiche dal territorio occupato”. E che le società di investimento internazionali traccino una linea chiara: “Investire nel settore delle rinnovabili è generalmente una buona cosa, ma tali investimenti non possono essere basati sulla violazione dei diritti umani”, aggiunge Hagen, secondo cui è “molto deludente che Enel abbia scelto di collaborare con la società del re del Marocco” in questo contesto.
LA GUERRA CON L’EOLICO – Un contesto in cui i progetti sulle rinnovabili non sono solo progetti sulle rinnovabili. Attualmente nel Sahara Occidentale sono operativi tre parchi eolici: il parco Cimar, Foum El Oued e Aftissat. Parliamo di 255 megawatt su un totale di 1427 installati dal Marocco: una percentuale del 17,9%. Ma l’importanza relativa del Sahara occidentale per la produzione di energia eolica del Marocco aumenterà in seguito dell’attuazione del Programma integrato di energia eolica da 850 MW. Sommando tutti i parchi in costruzione o in progettazione, tale quota potrebbe aumentare al 47,20% della capacità eolica totale del Marocco entro il 2030, calcola Western Sahara Resource Watch. Nello stesso anno la quota di energia solare generata nel territorio occupato, sarà compresa tra il 9,70% e il 32,64% di quella totale.
“L’organismo delle Nazioni Unite che esamina i risultati degli Stati parti dell’Accordo di Parigi (l’Unfccc) afferma di non essere in grado di valutare il contenuto delle osservazioni” rispetto ai luoghi esatti dove la capacità eolica viene generata, denuncia l’organizzazione, che definisce questa situazione uno “scandalo, aggravato dal fatto che i progetti energetici del Marocco possono essere realizzati solo sotto l’occupazione militare che gli organi centrali delle Nazioni Unite hanno dichiarato illegale”. Secondo Western Sahara Resource Watch il rischio è che si dia una maggiore apparenza di legittimità all’occupazione del territorio “ostacolando ulteriormente gli sforzi delle Nazioni Unite per trovare una soluzione al conflitto che sia in linea con il diritto all’autodeterminazione dei Saharawi” spiega Hagen. E la situazione è destinata a peggiorare. Nel medio-lungo termine, infatti, il Marocco spera di esportare sempre più elettricità da energie rinnovabili in Europa e in Africa.
IL PARCO EOLICO DI BOUJDOUR – Enel collabora al più grande progetto energetico della storia del Sahara occidentale, che fa parte del Programma integrato di energia eolica. Cuore del piano, infatti, è la costruzione di cinque parchi eolici con una capacità cumulativa di 850 MW, due dei quali nel Sahara occidentale occupato, a Boujdour (da 300 MW, 87 pale) e a Tiskrad (100 MW), vicino a El Aaiun, che i Saharawi considerano la loro capitale. Una gara per tutti e cinque è stata lanciata da ONEE (The National Office of Electricity and Drinking Water) nel 2012 e, nel 2016, Siemens Wind Power con Enel Green Energy e Nareva si è aggiudicata il contratto da 1,2 miliardi di euro. L’intero progetto è realizzato nell’ambito di una partnership pubblica e privata con l’ONEE, l’Energy Investments Company (SIE) e il Fondo King Hassan II, tutti di proprietà statale. ONEE acquisterà l’elettricità generata attraverso un contratto di 20 anni. Nell’ambito dell’accordo, Siemens ha aperto una fabbrica di turbine eoliche a Tangeri, nel nord del Marocco. Il contratto per l’avvio della costruzione è stato firmato da Enel Green Energy, ONEE e Masen (Moroccan Agency for Solar Power) nel 2019, indicando un costo di 375 milioni di euro e a settembre 2021 Enel ha confermato a WSRW che i lavori sono effettivamente iniziati.
IL RUOLO DELLE AZIENDE – Nessuna delle aziende che hanno interessi alle energie rinnovabili nel Sahara Occidentale – denuncia la ong – “comprese le più implicate (l’italiana Enel e la spagnola Siemens Gamesa), ha chiarito se abbia anche tentato di ottenere il consenso delle popolazioni del territorio”, facendo riferimento a una “consultazione” di “stakeholder locali” o della “popolazione locale”. Un approccio adottato anche dalla Commissione Ue nei suoi accordi commerciali con il Marocco, per i quali sono stati incontrati “solo gruppi e individui che difendono la posizione marocchina nel conflitto”, come parlamentari marocchini, ong, gruppi imprenditoriali e istituzioni governative. La Corte di giustizia, però, ha stabilito che quell’approccio “è illegale e che il movimento di liberazione Polisario è il rappresentante del popolo Saharawi”. Ergo: una “consultazione” con la “popolazione” non può sostituire il requisito legale del consenso Saharawi.
LE REPLICHE – L’organizzazione ha più volte scritto alle aziende. Enel Green Power ha risposto nel 2016, nel 2020 e a settembre 2021. “Il progetto eolico di Boujdour andrà a beneficio della popolazione del Sahara occidentale e contribuirà allo sviluppo socio-economico di questo territorio” la replica. “Ma la Corte di Giustizia Ue ha stabilito specificamente che la questione dei benefici non ha rilevanza – spiega l’organizzazione – ciò che importa è se il popolo del Sahara occidentale ha concesso il proprio consenso”. Siemens Gamesa, Enel, ACWA (gestore di un portafoglio di impianti di produzione di energia elettrica e dissalati attualmente presenti in 10 paesi) e la francese ENGIE dichiarano tutte di possedere valutazioni di impatto sociale che dimostrano questi presunti benefici. “Nessuno di questi documenti è pubblico né lo sono i loro termini di riferimento, né si possono ottenere chiarimenti dalle agenzie di consulenza terze contrattate, di cui non si conosce nemmeno le identità” spiega l’organizzazione, a cui Enel ha risposto: “Non siamo in grado di fornire risposte direttamente legate a qualsiasi situazione politica locale e/o internazionale, poiché è e rimane politica del Gruppo Enel non prendere alcuna posizione su questioni politiche”.
(Foto in evidenza: credit APSO)