In vetta alla gastronomia mondiale torna con prepotenza il «new nordic», mentre dopo il trionfo di Massimo Bottura l’Italia deve accontentarsi di tanti ottimi piazzamenti ma lontani dal podio. Archiviato l’anno di stop causa pandemia, è tornato il The World’s 50 Best Restaurants 2021, il premio internazionale dedicato ai migliori ristoranti del mondo assegnato ieri ad Anversa. E chi aveva scommesso sulla zampata trionfale del Noma di Copenaghen, ci ha visto giusto: la cucina guidata dallo chef René Redzepi si è infatti portata a casa il titolo di miglior ristorante del mondo, cosa già accaduta nel 2010, 2011, 2012 e 2014. Ma com’è possibile visto che il nuovo regolamento dei 50 Best prevede che chi ha già vinto in passato non possa tornare a gareggiare? La nuova location, il concept totalmente rinnovato e la diversa proprietà hanno reso di fatto il Noma un nuovo ristorante e questo gli ha permesso di arrivare in cima al podio per la quinta volta. Un noma sì, ma Noma 2.0.
«Il riconoscimento ottenuto dal Noma testimonia l’infallibile attenzione di chef Redzepi e del suo team per gli ingredienti di stagione insoliti e per un menu rigorosamente stagionale, diviso in tre periodi: frutti di mare in inverno, verdure in estate, e selvaggina e sapori della foresta in autunno, con materie prime procurate localmente ed esaltate nel piatto in modi creativi e complessi», si legge nella nota finale. La supremazia nordica è conferma anche dal secondo posto, dove si è piazzato il Geranium, confermando così Copenaghen capitale mondiale del food. Al terzo posto c’è invece l’Asador Etxebarri di Atxondo (Spagna), che conferma il bronzo già conquistato nel 2019. Chi sperava in un piazzamento migliore per l’Italia dopo la vittoria dell’Osteria Francescana di Bottura due anni fa è rimasto deluso ma nel complesso l’Italia può festeggiare. Per trovare il primo italiano in classifica bisogna scendere al 15esimo posto, dove è approdato il Lido 84 di Gardone Riviera (Brescia), guidato dallo chef Riccardo Camanini: il balzo è di quelli clamorosi e il passaggio dalla settantottesima posizione al numero quindici è valso al cuoco star il premio «Highest New Entry Award». Ottima risalita per Enrico Crippa e il Piazza Duomo di Alba, al numero 18 (con una scalata di undici posizioni); Massimiliano Alajmo sale di cinque posti, dal 31esimo al 26esimo, con Le Calandre di Rubano (Padova); Niko Romito balza invece al 29esimo posto con il Reale di Castel di Sangro (L’Aquila) dopo il tonfo del 2019 che lo vide scendere al 51esimo.
A questi vanno aggiunti altri tre orgogli tricolore: Mauro Uliassi, re della cucina di mare, che con il suo tre stelle Michelin ha guadagnato quasi dieci posizioni passando dalla 61esima conquistata nel 2019 alla 52esima, mentre appena dietro c’è Norbert Niederkofler con il suo tristellato St. Hubertus di San Cassiano, in provincia di Bolzano, salito dal 116esimo posto (la lista era stata allungata a 120 ristoranti) al 54esimo. Un altro grande colpo lo ha messo a segno la chef Viviana Varese grazie al suo impegno a favore della comunità LGBTQ+ e per l’inclusione sociale nei suoi ristoranti, il Viva di Milano e il nuovo W Villadorata Country Restaurant, in Sicilia: i 50 Best le hanno assegnato uno dei tre «Champions of Change», il premio ai tre chef internazionali che hanno guidato un cambiamento positivo all’interno del mondo della ristorazione (e non solo) negli ultimi diciotto mesi. Il premio arriva in un momento speciale per chef Varese che sta per aprire proprio in queste settimane a Milano, in zona piazzale Bacone a Milano, una micro-gelateria che darà lavoro a quattro donne vittime di violenza domestica.